Riceviamo e pubblichiamo:
Daniele Luttazzi Rai per una Notte Ansa Daniele Luttazzi Rai per Una Notte AfpA parte la maleducazione giornalistica di farmi passare sempre per uno che fa le cose senza accorgersi di cosa sta facendo (Piccolo sull'Unità è in buona compagnia con Sofri e Serra, che su Repubblica usarono lo stesso argomento all'epoca della chiusura forzata di Decameron, e con Scalfari, che lo usò nel 2001 per commentare il caso Satyricon); e lasciando perdere i ceffi matricolati alla Aldo Grasso; colpisce lo svarione sul maschilismo e sulla volgarità, che accomuna di nuovo Repubblica (e Unità) al Giornale (c'è chi ha notato anche l'eloquente silenzio del manifesto): parlano del dito (la tecnica) per non parlare della luna (la mia satira sugli italiani, su questo Paese, su Berlusconi, sull'opposizione, sul giornalismo, e le risate roboanti che sono seguite a ogni battuta, dentro il Paladozza e in tutte le piazze collegate).
Mi tocca ricordare allora che la tecnica satirica esibisce il corpo alle prese con la propria fisiologia. Sempre. In questo modo azzera le gerarchie di valori e di potere: qui sta la sua forza liberatoria.
La satira è un genere piccante, non esiste satira gentile, e per questo può urtare certe sensibilità non avvezze al suo linguaggio. Nè deve per forza piacere a tutti. D'altra parte, se avessero letto qualche mio libro, si sarebbero accorti che, come la tradizione insegna, metto in scena corpi sia maschili che femminili, e la figura più ridicola è proprio quella del mio personaggio.
FRANCESCO PICCOLOluttazzi gambeHo notato che sono le donne (alcune) a sentirsi più colpite dall'esplorazione satirica di umori e pratiche sessuali; ma reagire con una difesa ideologica di genere ("la sua satira degrada le donne") quando si tratta di normale tecnica satirica (la satira, con la sua volgarità giocosa, degrada l'essere umano per generare una visione rinnovata sul mondo) costituisce un abbaglio tanto frequente quanto indiziale. Se si viene urtati da una scena satirica, è utile interrogarsi sul perchè, senza proiettare sull'artista il proprio turbamento. Lì c'è un nodo (psicologico e/o culturale) che andrebbe sciolto. Chi lo ha già fatto, ride.
Adriano SofriPiù in dettaglio: la mia satira immerge il pubblico nella cosa trattata, in modo che il pubblico faccia l'esperienza degli effetti (ad esempio, il maschilismo berlusconiano). Il cortocircuito è attribuire a me l'ideologia della scena che descrivo (maschilista). Così mi si sottovaluta parecchio, però.
ALDO GRASSODivertente, comunque, vedere in quanti, adesso, si affannano a distorcere il monologo di quella serata, e per i motivi più diversi. Purtroppo per loro, quel monologo è in rete. E sfolgora.
In conclusione: siamo un Paese in cui il capo del governo va a prostitute e i preti violentano bambini, ma il vero problema è la volgarità della satira.
Daniele Luttazzi