GLI ULTIMI GIORNI DI DENNIS HOPPER: \"MARIJUANA CONTRO IL DOLORE E PISTOLA PRONTA\" - \"EASY RIDER\" È STATO L’\"INNO\" DEI NOSTRI ANNI SESSANTA (FINITI COL ’68) PERCHÉ QUEL \"FILM DI MOTOCICLETTE\" HA INCARNATO IL RIBELLISMO TRASGRESSIVO ROCK AMERICANO, LONTANISSIMO DALL’IDEOLOGISMO SENZA LIMITISMO EUROPEO E SOPRATTUTTO ITALIANO...

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1 - GLI ULTIMI GIORNI DI DENNIS HOPPER: \"MARIJUANA CONTRO IL DOLORE E PISTOLA PRONTA\"
La Repubblica

DenisDenis Hopper DennisDennis Hopper

Gli amici attori lo rimpiangono mentre arrivano rivelazioni choc sugli ultimi tormentati giorni di vita di Dennis Hopper. Richard Stayton, passò dieci anni accanto a Hopper nel tentativo di scrivere una sua biografia, mai pubblicata. Ora lo scrittore sulle pagine del Los Angeles Times ripercorre gli ultimi giorni dell´attore nella bella casa affacciata sull´oceano a Venice. «Diciotto anni insieme alla quinta moglie, Victoria Duffy, e poi un improvviso e acrimonioso divorzio, quando ormai si avvicinava il momento della morte. Cosa stava succedendo dietro le mura di casa di Dennis Hopper?» si chiede Stayton, che svela i retroscena del rapporto.

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«La battaglia riguardava la spartizione della fortuna in opere d´arte posseduta da Hopper e anche le lamentele di Victoria, prima della separazione, circa certe abitudini dell´attore, come quella di avere sempre a portata di mano marijuana per combattere il dolore e di nascondere in vari luoghi della casa pistole cariche, in caso di necessità, per una risoluzione veloce del suo dramma».

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Peter Fonda ricorda Hopper innamorato della pittura. «Dennis mi ha fatto conoscere la pop art e i film \"perduti\". Abbiamo percorso le strade d´America e cambiato il modo con cui i film venivano prodotti a Hollywood. Sono stato benedetto dalla sua amicizia». «Come attore sono sempre colpito da chi è differente» rivela Gene Hackman, suo partner in Colpo vincente «Dennis era un iconoclasta, un artista: ci mancherà».

Isabella Rossellini, che aveva lavorato con lui in Velluto blu, confessa di averlo temuto: «Quando ho incontrato Dennis la prima volta sul set di Velluto blu era appena uscito da una clinica per la disintossicazione. Avevo paura di lui, ma si rivelò un uomo pieno di gentilezza, compassione e comprensione per gli altri. Aveva appena visitato l´inferno e aveva fatto ritorno con un bagaglio di grande saggezza».

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2 - L\'EREDITA\' DI HOPPER
Paolo Mereghetti per Corriere della Sera

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Quando Easy Rider uscì, nel 1969, il critico americano Charles Chaplin seppe sintetizzare il principale valore del film in una formula perfetta: «an instant piece of history». «Un pezzo di storia in diretta» si potrebbe tradurre, senza sapere che oltre al film la definizione si adattava perfettamente anche al suo regista. Lo capiamo meglio oggi, che Hopper se ne è andato per sempre, lasciando dietro di sé un\'eredità (e un ricordo) che non si può limitare a questa o quella regia o a questa o quella interpretazione, ma piuttosto a un modo di essere dentro le cose che lo faceva parte inscindibile del suo tempo, testimone e discepolo insieme di un mondo che non poteva limitarsi al cinema.

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E infatti, l\'elenco delle mostre che hanno visto Hopper protagonista- come fotografo, come artista visuale e come collezionista- è quasi più lungo della sua filmografia. Grande conoscitore di arte contemporanea (a cui era stato introdotto dal suo maestro di recitazione Vincent Price, che possedeva vari Kleine, Pollock e Diebenkorn), pittore in prima persona, fotografo non professionista ma quasi, Hopper ha cercato per prima cosa di cogliere lo spirito dei suoi tempi, che passasse attraverso una «Campbell Soup» di Warhol (di cui fu uno dei primi acquirenti, nel 1961) o un servizio su Martin Luther King in Alabama (nel 1965) o una mostra collettiva alla Robert Fraser Gallery di Londra (dove espone sculture in caucciù) o un reportage sui graffiti di Venice (dove ha comprato casa) per finire a posare come «modello» per Julian Schnabel.

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Vivere il più intensamente possibile la propria contemporaneità, arrivando anche agli eccessi che lo costringeranno a lunghi periodi di assenza per disintossicarsi dalla droga, è l\'imperativo a cui Hopper ha ubbidito per tutta la vita, intrecciando curiosità e lavoro, cinema e arte, collezionismo e dissipazione, alla ricerca di un\'autenticità che forse non ha mai conquistato nella sua pienezza ma che fa sempre capolino in ogni sua opera, anche in quelle non del tutto riuscite.

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3 - DENNIS HOPPER HA INCARNATO IL RIBELLISMO TRASGRESSIVO ROCK CHE IN AMERICA, RISPETTO ALL´EUROPA, AVEVA CARATTERISTICHE TANTO DIVERSE: SOPRATTUTTO COMPORTAMENTALI E GENERAZIONALI, POCO IDEOLOGICHE
Paolo D\'Agostini per la Repubblica

Aveva 18-19 anni quando affiancò James Dean in \"Gioventù bruciata\" prima e nel \"Gigante\" poi, cioè due dei tre film interpretati dal mito per eccellenza. Questa partecipazione ha fatto di lui il più giovane affiliato a quella generazione che sconvolse Hollywood nel primo decennio di dopoguerra. Quella di Dean, di Brando, di Newman, di Perkins, di McQueen, ma anche di Eastwood. Ai quali seguiranno via via Warren Beatty, Nicholson, Dustin Hoffman, Jane Fonda. Hopper costituisce un ponte, diciamo, tra il più vecchio (Brando, classe 1924) e quelli di dieci o quindici anni più giovani.

fondafonda peter

Infatti diventerà un vessillo della nuova stagione ribelle, quella che si annuncia sul finale degli anni 60 proprio con \"Easy Rider\". L´impatto assolutamente unico di quello che è destinato a diventare il manifesto di una stagione, anzi di un´epoca, lascia un po´ sullo sfondo la consapevolezza che Dennis Hopper, oltre ad esserne indimenticabile interprete accanto a Peter Fonda compagno di motocicletta e di spinelli (e accanto a Nicholson avvocato), del film firma anche la regia.

Una regia, certamente, che matura nell´ambito di una speciale atmosfera di scambio e condivisione. Come è sempre avvenuto per le opere che annunciano la discesa in campo di movimenti artistici giovanili con grandi ambizioni di rottura. Anche i primi film della Nouvelle Vague francese o del Free Cinema britannico erano opere collettive.

genegene hackman

Tanto è vero, nel caso di Hopper, che non vengono tanto ricordate le sue successive regie quanto alcune sue fondamentali (tra le tantissime) apparizioni da attore. In \"L´amico americano\" di Wim Wenders, per esempio, ma su tutte quella in \"Apocalypse Now\" di Coppola, la monumentale, soffertissima variazione sullo spunto conradiano di \"Cuore di tenebra\" trasferita nell´inferno vietnamita («Il mio film non è sul Vietnam, il mio film è il Vietnam», celebre frase del regista) dove Hopper è il fotoreporter adrenalinico e allucinato che si aggira per il macabro accampamento di Kurtz. Tra l´altro Hopper è stato davvero fotografo e pittore.

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Nel suo percorso artistico e umano Dennis Hopper ha anche abbondantemente incarnato il ribellismo trasgressivo che in America (anticipatamente sull´Europa, e con caratteristiche tanto diverse: soprattutto comportamentali e generazionali, poco ideologiche) ha celebrato i suoi fasti tra gli anni 50 e i primi 70. Ha incarnato il modello della \"vita spericolata\" e vissuta all´eccesso, radicalmente ed esibizionisticamente anti-establishment. E anche le speculari contraddizioni. Quelle che negli anni più recenti (ma prima dell´arrivo di Obama, per il quale si è speso) hanno fatto pendere la sua scelta verso la destra politica.

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