Maurizio Bono per La Repubblica
SAVIANOLa crisi di coscienza sulla Mondadori esentasse sollevata dal teologo Vito Mancuso trova una prima risposta da un prete di strada e scrittore, Don Andrea Gallo: «Non pubblicherò più con la casa di Segrate. Lì ho incontrato professionalità eccellenti, però non posso far finta di niente davanti a una legge \"ad aziendam\" che sistema un debito enorme col fisco».
Sabato, spiega, ha pagato 92 euro di bolletta per un pensionato genovese cui avevano tagliato la luce perché non riusciva a saldarla. «Non posso stare zitto davanti a un evasione di 350 milioni. Sono un autore piccolissimo, ma qualcuno a un certo punto deve pur dire no». \"Piccolissimo\" non è esatto: per Mondadori Don Gallo ha pubblicato ‘Angelicamente anarchico\' nel 2004 e ‘Così in terra come in cielo\' lo scorso febbraio, che sono stati per settimane in zona alta della classifica.
Intanto il dibattito aperto da Mancuso dilaga sui blog. Firmato da Gad Lerner (autore Feltrinelli) sul suo sito, l´invito a «seguire l´esempio di Giorgio Bocca che se ne è già andato, e naturalmente vale anche per Roberto Saviano». Anonimi o con nickname, messaggi come «Bravo Mancuso, non è facile, nel paese del \"Franza o Spagna, purchè se magna\", scrivere ciò che ha scritto lei», o lo scettico «che Berlusconi sia Berlusconi e possieda case editrici e tv si sapeva prima».
BerlusconiRabbiaokFino alla proposta di un blog letterario alternativo, Via Rigattieri: «Cari autori Mondadori... approfittate dei vostri scrupoli per adottare una piccola casa editrice... Schieratevi non contro Mondadori, ma contro un andazzo di politica culturale in Italia. Chi, se non voi?».
Con il pizzico di ingenuità ultrademocratica tipico della rete, il coro di voci fa da sfondo alle riflessioni più meditate e individuali. Alberto Asor Rosa: «Ci sono case editrici che per tradizione e libertà delle persone hanno resistito bene alla proprietà nelle mani di un presidente che sappiamo non arretrare di fronte a nulla per il proprio interesse personale, a partire dall´acquisizione truffaldina dell´azienda. Resistere con loro significa aiutarli anziché complicare le cose, naturalmente senza deflettere di un millimetro dalle proprie posizioni avverse al berlusconismo».
«Un campo di battaglia» è anche la definizione dell´autore Einaudi e Mondadori Carlo Lucarelli: «Premesso che la legge ad aziendam è un fatto gravissimo, è uno dei tanti contro cui stiamo combattendo dall´interno. Penso che a tutti noi sembri una porcata e ci sto anche, a sentirmi un po´ male a lavorare lì, ma dovrebbe sentirsi male tutta l´Italia per aver votato quell´uomo e il conflitto di interessi che si porta dietro...».
EUGENIO SCALFARII \"noi\" di cui parla Lucarelli sono i 40 autori einaudiani che a luglio hanno firmato un documento collettivo contro la legge bavaglio, dopo che le sigle mondadoriane avevano rifiutato di farlo con gli altri editori. «Da allora siamo rimasti sempre in contatto e pensiamo che sia giusto intervenire caso per caso».
Anche in questo? La discussione è in corso, ma Michela Murgia, altra voce impegnata nel gruppo, obietta: «In quel caso la dialettica era nel merito, con interlocutori interni all´Einaudi. I casi di coscienza invece me li risolvo da sola». E distingue Piergiorgio Odifreddi: «Sul presidente del Consiglio in sintesi la penso come Saramago, che gli dava del delinquente. E come lui sarei pronto ad andarmene se non mi fosse possibile scriverlo. Ma sono un matematico e uno scienziato, e sto in Mondadori dove posso far meglio ciò che voglio con le mie idee».
2 - Cristina Taglietti per il Corriere della Sera
VITO MANCUSOLe parole della Mondadori non sono bastate a Vito Mancuso per dissipare il «caso di coscienza» che lo arrovella da quando ha saputo i dettagli di quella che è stata ormai definita la «legge ad aziendam», la norma (di cui tutte le aziende nelle stesse condizioni possono beneficiare) che ha permesso al colosso di Segrate di sanare una controversia con il fisco lunga vent\'anni pagando non i 350 milioni di euro reclamati, ma soltanto 8,6.
Ieri, la casa editrice ha risposto con una lettera in cui viene contestata la ricostruzione fatta dal vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini, all\'origine del «manifesto» di Mancuso pubblicato sabato.
«Una risposta che non mi convince affatto - dice Mancuso al Corriere -. Lasciamo perdere la questione formale per cui si rivolge a me con \"Caro Mancuso\" e poi la firma è genericamente Arnoldo Mondadori Editore. Nel merito la lettera ribadisce che la Mondadori ha vinto due gradi di giudizio ma poi in sostanza si dice che la strada maestra è stata quella di ricercare il male minore e quindi chiudere il contenzioso.
Pietro CitatiA me sembra che la strada maestra, per tutelare l\'onorabilità dell\'azienda ed essere al di sopra di ogni sospetto, cosa fondamentale per chi ha una missione civica e culturale come quella editoriale, fosse aspettare che quelle sentenze di assoluzione venissero confermate in Cassazione. Insomma: 8,6 milioni di euro sono molto meno di 350, ma comunque sono troppi per un innocente».
Mancuso sembrerebbe a un passo dal lasciare la Mondadori, avendo, tra l\'altro, già un incarico come direttore di collana per Fazi. «Quello non ha niente a che vedere con la questione. Come consulente il mio rapporto con la Mondadori era già chiuso da tempo. Ciò che mi preme ora è il mio rapporto con loro come autore. È su questo che sto decidendo».
Gustavo Zagrebelsky foto La PresseAnche perché il nuovo libro è pronto: «Ne ho parlato davanti al pubblico di Anteprima, il festival di Pietrasanta organizzato dal gruppo, l\'ho presentato ai venditori, c\'è la copertina. Però a questo punto non so che cosa farò. C\'è un contratto, è vero. So anche cosa c\'è in gioco: da un parte un rapporto professionale con persone competenti a cui voglio bene, la più importante casa editrice italiana, in cui sono entrato con fatica e che mi onora mettendomi nel suo catalogo. Dall\'altro però c\'è un problema etico, civile che non posso ignorare».
Odifreddi - Copyright PizziMancuso spera che lo aiuti il confronto con gli altri autori che ha direttamente chiamato in causa nel suo manifesto, firme come Augias, Prosperi, Saviano, Zagrebelski, Citati, Fusini, «autori che hanno questa doppia appartenenza, da una parte il rapporto con Repubblica, dall\'altra quello con Mondadori che, a questo punto, a me pare difficile da conciliare. Per ora l\'unica che ha ribadito in modo netto di non voler mettere in discussione il suo rapporto con Mondadori è stata Michela Marzano. Mi interessa molto anche sapere che cosa scriverà Eugenio Scalfari. Io non prevedo nè auspico nulla. Non mi aspetto un esodo, faccio soltanto un discorso pubblico e aspetto le reazioni».
Corrado Augias, che del suo rapporto con Mondadori vuole parlare con il pubblico di Mantova, dove presenterà il suo nuovo libro I segreti del Vaticano, ha dei dubbi anche sull\'efficacia di una fuga di massa da Mondadori: «Certo, l\'uscita di dieci autori porterebbe un danno economico all\'azienda, ma credo che non sposterebbe molto dal punto di vista della democrazia. Il vero problema è il conflitto di interessi, anche perché ancora oggi molte persone non sanno esattamente di che cosa stiamo parlando».
E sulla legge ad personam come «clamorosa epifania del conflitto di interessi» sono intervenuti ieri il senatore del Pd Vincenzo Vita, Giuseppe Giulietti del Gruppo misto, il portavoce dell\'Italia dei Valori Leoluca Orlando.