Michele Anselmi per \"il Secolo XIX\"
Checco ZaloneD\'accordo, il pubblico ha sempre ragione. Quasi sempre. E naturalmente siamo tutti felici che i film italiani abbiano ricominciato a incassare tanto, contendendo il primato ai blockbuster americani, spesso superandoli. Sull\'onda del risultato pazzesco di \"Che bella giornata\", ormai sopra i 41 milioni di euro, la quota di mercato relativa al cinema tricolore ha raggiunto, a gennaio, il 60 per cento. Mai successo prima.
Nei prossimi mesi scenderà, attestandosi sul 35-40, che è sempre un risultato straordinario. Le cifre fanno impressione: di Zalone s\'è detto, ma ci sono i 30 milioni di \"Benvenuti al Sud\", i 22 di \"La banda dei Babbi Natale\", i 14 di \"Maschi contro femmine\", gli 11 e passa di \"Qualunquemente\", i 9 di \"Immaturi\".
Flette di brutto il cinepanettone tradizionale, effettivamente stantio e inacidito, non per colpa di Belén, e con esso una certa comicità guascona e scurrile che fino a ieri davamo tutti per immarcescibile. Ma è già successo in passato. D\'improvviso, anni fa, Celentano, Pozzetto, Montesano finirono in cantina, sostituiti dai nuovi comici-registi, all\'epoca detti \"malincomici\". Zalone aggiorna la lezione, facendo sembrare di colpo invecchiati Boldi, De Sica, Ghini, Panariello. Capita.
Natale in SudafricaPerò è stucchevole anche la retorica sulla \"commedia gentile e garbata\", opposta a quella \"volgare e parolacciara\", che si respira in queste settimane. Da Marzullo in tv o sui giornali. Fateci caso. È tutto un fiorire di elogi alla cosiddetta Generazione Q, cioè quel gruppo di registi quarantenni in vetta alle classifiche. I loro nomi? Luca Miniero, Paolo Genovese, Gennaro Nunziante, Giulio Manfredonia, Fausto Brizzi, Luca Lucini.
Travolti da insolito successo, in pochi mesi sono diventati i nuovi golden-boy del cinema di svelto consumo: furbi e svelti, macinano un film dietro l\'altro, i produttori li coccolano e li strapagano, incarnano la rivincita del cinema pop su quello impegnato, disdegnano con cura ogni riferimento all\'attualità, alla politica, ai guasti della società.
Vogliono far divertire e basta. Brizzi l\'ha pure teorizzato su \"L\'Espresso\", sciorinando una sorta di decalogo per sbancare i botteghini. Il punto 1 recita: \"Si comincia dal titolo. Prima di scrivere una sceneggiatura, prima di pensare agli attori, prima di tutto, insomma\". Il risultato, dopo gli interessanti \"Notte prima degli esami\" e \"Ex\", è il dittico \"Maschi contro femmine\"-\"Femmine contro maschi\": stanco, puerile, schematico, un riciclaggio di battute e personaggi già consumati, con l\'aria di fare \"Notting Hill\" all\'italiana.
la banda babbi nataleQuanto durerà? Difficile dirlo. Dal suo punto di vista di amministratore delegato di Medusa, la società che ha fatto il pieno con \"Che bella giornata\", \"Benvenuti al Sud\", \"La banda dei Babbi Natale\" e \"Immaturi\", non sbaglia Giampaolo Letta quando dice al \"Mattino\": \"Gli autori hanno cominciato ad aprirsi al pubblico e il pubblico ha capito al volo. La semplicità non è un disvalore, tanto meno un indice di superficialità\". Tuttavia ci si chiede se l\'appeal commerciale di queste commedie, alcune riuscite, altre loffie e pigre, non rischi di uniformare il gusto degli spettatori, di instaurare la \"dittatura\" di un mono-genere.
FAUSTO BRIZZI\"La verità? Occorre con tutte le forze evitare che il cinema italiano diventi solo un commedificio o, peggio, la succursale della fiction. Senza tax-credit stabile e fondi pubblici per i film d\'autore questo rischio purtroppo esiste\". A dirlo è Riccardo Tozzi, presidente dei produttori Anica nonché coproduttore di \"Benvenuti al Sud\". Il messaggio è chiaro: una cinematografia sana, rispettata nel mondo, non può vivere solo di commedie e risate. Cinema d\'autore - l\'Inghilterra e la Francia l\'insegnano - non significa per forza film astratti, pallosi, autoreferenziali.
MASCHI CONTRO FEMMINEVero: \"La prima cosa bella\" ha superato i 7 milioni di euro, \"Mine vaganti\" gli 8, \"Gomorra\" e \"Baaria\" addirittura i 10. Ma sono casi rari. Oggi il \"core business\" del cinema nazionale è altrove. Infatti Amelio ha dovuto girare in Francia \"Il primo uomo\" ispirato a Camus, Bellocchio fatica a trovare ascolto per un suo film sul potere politico, Martone non ha avuto vita facile con \"Noi credevamo\", Sorrentino è volato in America solo grazie a Sean Penn, Placido è stato ingaggiato da un produttore parigino per un noir.
BellocchioMagari ha ragione il critico Claudio Carabba quando riflette amaramente: \"Se mi guardo in giro vedo che il nostro cinema vive solo su spiritosi viaggi al Sud, le \"tamarrate\" di Zalone, i duelli fra maschi e femmine sempre più innamorati e immaturi. I nostri maggiori autori lottano per girare e mostrare i loro film, mentre i commedianti più o meno bravi impazzano\".
In effetti lo sguardo si è fatto timido, la comicità evasiva e indolore vince sul racconto della società, lo stile si appiattisce paurosamente, adeguandosi agli standard tv o rinunciando a ogni forma di ricerca estetica, i personaggi delle storie appartengono solo a una indifferenziata classe medio-alta. Sostiene Paolo Mereghetti sul \"Corriere della Sera\": \"Al pubblico basta la riconoscibilità del protagonista, abbiamo imparato ad accontentarci (critici compresi)\". Difficile dargli torto.