IL CAVALLO DI ARCORE – PER LA RAI I 50 MLN € ALL’ANNO DI SKY NON BASTANO MA RISCHIA DI NON INCASSARE NULLA – AGCOM: “SERVIZIO PUBBLICO PER TUTTI” - GRASSO: “SE LA RAI SI INCHINA AL(L’EX) RIVALE MEDIASET” - “PERCHÉ IL DDT SE IL SATELLITE È PIÙ AVANZATO?”...

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1 - QUEL CONTRATTO CHE LEGA VIALE MAZZINI A MURDOCH
Mario Mele per "Il Sole 24 Ore"

«La Rai s'impegna a realizzare la cessione gratuita, e senza costi aggiuntivi per gli utenti, della propria programmazione di servizio pubblico sulle diverse piattaforma distributive. Fatti salvi, i diritti di terzi e gli specifici accordi commerciali». Su quest' articolo, il numero 26 del contratto di servizio triennale Rai-Ministero delle Comunicazioni, è aperta da tempo una battaglia interpretativa.

Sky, in base a quest'articolo, ha chiesto che Rai4 e gli altri canali gratuiti del servizio pubblico vengano diffusi anche sulla piattaforma satellitare. La commissione paritetica Rai-Ministero ha dato un suo parere, coincidente con quello espresso dal viceministro delle comunicazioni, Paolo Romani: «La Rai deve trasmettere da almeno una piattaforma distributiva terrestre, satellitare e via cavo». Come dire, insomma, che in presenza di un'alternativa a Sky, l'offerta dei canali generalisti della Rai può prescindere dalla piattaforma di Rupert Murdoch.

La Relazione annuale dell'Agcom, però, interpreta in senso molto più rigido l'articolo 26 del contratto di servizio. «Tale articolo - si scrive a pagina 197 - che impegna la concessionaria pubblica al must offer, richiede un attento esame alla luce dei diritti d'autore e degli accordi commerciali tra le parti».

In ogni caso, la «missione del servizio pubblico è anche quella di essere motore della circolazione dei contenuti in chiaro di qualità», per «continuare a garantire un servizio universale a tutti gli utenti». In una recente audizione davanti alla commissione bicamerale di Vigilanza, il presidente dell'Agcom, Corrado Calabrò, ha sottolineato come dev'essere l'Autorità, e non certo la commissione paritetica Rai-Ministero, a dover interpretare il contratto di servizio.

La Rai rischia, a questo punto, il danno e la beffa. L'interpretazione del contratto di servizio da parte dell'Agcom (must offer significa " tutto a tutti") e la scelta di Mediaset di limitarsi a criptare selettivamente i programmi sui canali generalisti che continueranno a essere trasmessi da Sky, la mettono in una rischiosa posizione contrattuale.

Il servizio pubblico rischia di perdere, da una parte, i 50 milioni annui offerti da Sky per i canali di RaiSat (più i 75 in tre anni di diritti cinematografici), tra l'altro ritenuti, all'unanimità, insufficienti dal Cda, senza che però sinora Viale Mazzini abbia avanzato la sua controfferta.

Dall'altra la Rai non potrà certo abbandonare Sky con i propria canali generalisti se Mediaset non la farà. Sky, del resto, chiede in cambio dei 50 milioni la garanzia sulla trasmissione dell'offerta gratuita Rai sulla propria piattaforma. Cosa penserà Rcs, socio di minoranza di RaiSat con il 5% del capitale, se al 31 luglio non si arriverà all'accordo?

I canali RaiSat potrebbero sbarcare sul digitale terrestre, sperando di avere maggiore pubblicità rispetto al satellite. I loro costi, però, non sarebbero più coperti da Sky ( con tanto di utile di 20 milioni annui per la capogruppo).

Per la Rai, poi, è arduo effettuare un "oscuramento selettivo" dei programmi, giustificato per eventi sui quali non si hanno diritti per l'estero ma non certo per programmi di servizio, come i telegiornali. Cosa succederà, adesso?

Il contratto di servizio scade a dicembre: quello nuovo avrà una diversa formulazione e certamente non potrà essere interpretato nel senso del "must offer" (ma dovrà avere il parere dell'Agcom). Salvo sorprese (accordo con Sky), però, il pasticciaccio è stato già fatto - o fatto fare - a Viale Mazzini.

2 - SE VIALE MAZZINI SI INCHINA AL RIVALE...
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"

«Il lancio della piattaforma TivùSat è un atto dovuto, è un dovere verso tutti gli utenti italiani, è uno strumento assolutamente gratuito». Così Luca Balestrieri, presidente della società partecipata da Rai, Mediaset e da Telecom Italia Media: il che è vero. Talmente vero che non riusciamo a spiegarci tutto l'ambaradan messo su per il passaggio al Digitale terrestre (Ddt).

La tecnologia digitale satellitare è più avanzata di quella terrestre e per un paese dalla orografia complicata come l'Italia sarebbe stata la soluzione ottimale, fin dall'inizio. Certo ci voleva un po' di quel coraggio che la modernizzazione ogni tanto richiede (facilitare l'acquisto dei decoder, eliminare dai tetti delle case tutta la selva oscena delle antenne e imporre una sola antenna parabolica condominiale); in compenso si potevano rimuovere i circa duemila trasmettitori terrestri o utilizzarli per la banda larga. Da paese che guarda al futuro.

In questo modo, però, Rai, Mediaset e La7 avrebbero dovuto alienare una parte del proprio patrimonio (la rete di trasmissione), dove sono padroni di casa: così è stata alimentata tutta l'enfasi delle magnifiche sorti progressive del Ddt, che è una tecnologia che va bene in Olanda (dove non ci sono montagne) o in funzione complementare al cavo, come nelle grandi praterie americane.

In Italia, si è preso atto che il Ddt non può «illuminare» molte località; e allora ecco il ricorso al satellite come atto dovuto. Non sfugge tuttavia una questione più delicata: Mediaset ha il sacrosanto diritto di fare concorrenza a Sky, è la sua missione. Non così il Servizio Pubblico, che dovrebbe essere presente su tutte le piattaforme.

L'impressione, auguriamoci smentita dai fatti, è che la Rai si sia messa al servizio di quello che un tempo era il suo principale competitor. Già nel 1964 Indro Montanelli lamentava che Viale Mazzini era oggetto di «interferenze »; figuriamoci oggi.

 

 

 

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