D’AVANZO è SERVITO - VI RICORDATE QUEL PEZZO DEL 2008 DEL COMMISSARIO DAVANZONI CHE ATTACCAVA AL MURO TRAVAGLIO SUL CASO SCHIFANI SCRIVENDO: \"AVERE INCROCIATO UN MAFIOSO - MEGLIO UN TIPO CHE SOLTANTO DOPO È STATO INDAGATO E CONDANNATO PER MAFIA - VUOL DIRE DAVVERO ESSERE, SEMPRE E IN OGNI CASO, NECESSARIAMENTE, COMPLICE DELLA MAFIA?\" - AVEVA COSì AZZECCATO LE PREVISIONI CHE DOPO DUE ANNI, IL SUO AMICO BOLZONI HA FATTO UN PEZZONE SULLE \"AMICIZIE MAFIOSE\" DI SCHIFANI...

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1- ALCUNI PASSAGGI DELL\'ARTICO,LO DI D\'AVANZO CONTRO TRAVAGLIO
Giuseppe D\'Avanzo per \"la Repubblica\" 11 settembre 2008

MarcoMarco Travaglio alla prima di Annozero edizione Emblema

.... Dunque, Marco Travaglio in maggio è ospite a Che tempo che fa. Questo è l\' esordio (il video è su YouTube). Travaglio: «L\' elemento di originalità <della situazione italiana& è che noi non siamo stati sempre così~ Uno si rende conto che una volta avevamo De Gasperi, Einaudi, De Nicola, Merzagora, Parri, Pertini, Nenni, Fanfani. Possiamo fare una lunga lista, poi uno arriva e vede Schifani.

È la seconda carica dello Stato~ Schifani~ Mi domando chi sarà quello dopo. In questa parabola a precipizio c\' è soltanto la muffa; probabilmente, il lombrico (applausi scroscianti)~ dalla muffa si ricava la penicillina: era dunque un esempio sbagliato (nuovi applausi con rumorose risate, ride anche Travaglio)». Sarà dunque un lombrico, il successore di Schifani.

Il lombrico è il nome comune dei vermi della famiglia dei Lombricidi. Le parole di Travaglio significano dunque questo: dopo Schifani, soltanto un verme potrà fare il presidente del Senato. Temo che quest\' affermazione non possa essere considerata \"un fatto\" da nessuno - sia che faccia giornalismo o che con il giornalismo non abbia nulla a che fare. Non è neanche un\' opinione sostenuta da un argomento, più o meno condivisibile. Il prossimo presidente del Senato non sarà un uomo magari più screditato e opaco di Schifani.

No, Schifani è già ai bordi dell\' umanità. Già annuncia l\' arrivo dell\' inumano, la «parabola a precipizio» nel regno animale. Una logica di valore e disvalore (pensavo) dispiega qui tutta la sua distruttiva consequenzialità. Crea una definitiva svalutazione nel non-umano: è il disvalore assoluto.

Io non so se Travaglio se ne renda conto (non credo), ma forse si potrà convenire che in questa logica di guerra «per una justa causa» che non riconosce «un justus hostis» si odono echi - questi, sì - inquietanti. Era Grigorj Pjatakov a gioire della condanna di Zinov\' ev e Kamenev dalle pagine della Pravda (21 agosto 1936) con queste parole: «Questa gente ha perduto l\' ultima sembianza di umanità. Essi devono essere distrutti come carogne».

Bollare la parte avversa come disumana, anzi come prossima alla non-umanità, consente sempre di scatenare una guerra assoluta, di coltivare un\' inimicizia assoluta contro un nemico assoluto. In questo contesto «emozionale» (e chi lo sa perché in studio si rideva e sghignazzava: anche questo meriterebbe un\' analisi a sé), Travaglio affronta le «amicizie mafiose» di Schifani.

Le spiegazioni infatti, a Che tempo che fa, verranno soltanto dopo qualche domanda, quando Travaglio dirà: «È chiaro che se il clima politico induce a un rapporto di distensione tra l\' opposizione e la nuova maggioranza~ Schifani ha avuto delle amicizie con dei mafiosi. Io devo fare il giornalista. Io devo raccontarlo. Lo ha raccontato Lirio Abbate, nel libro che ha scritto con Gomez e viene celebrato, giustamente, come un giornalista eroico minacciato dalla mafia.

Ora o si ha il coraggio di dire che Lirio Abbate è un mascalzone e un mentitore o hanno il coraggio di prendere nota di quello che scrive e chiedere semplicemente alla seconda carica dello Stato di spiegare i rapporti con quei signori che sono poi stati condannati per mafia».

GiuseppeGiuseppe D\'avanzo

Non solo Schifani è poco più che un verme, è anche uno vicino alla mafia. Questa è la «verità» di Schifani che Travaglio ha voluto raccontare. Si vedono qui gli abissi sopra i quali si svolgono le accorte e sapientissime requisitorie del processo politico: già Schifani era un \"quasi verme\", volete che non sia anche un criminale, un mafioso? Evocare «la mafia» dopo la non-umanità di quell\' uomo non è «pescare nel medium sublogico» (come forse direbbe Franco Cordero): non solo Schifani è poco più che un verme, come vi ho già detto, è anche uno vicino alla mafia. E ora giudicatelo voi!

Questa è la «verità» di Schifani che Travaglio ha voluto raccontare dagli schermi del servizio pubblico. Ma un decente giornalismo può davvero considerare quelle parole accettabili come «la verità» (di «verità» Travaglio parla in lettere, interviste, conferenze stampa)? Di che cosa è fatta quella «verità»? Avere incrociato un mafioso - meglio un tipo che soltanto dopo è stato indagato e condannato per mafia - vuol dire davvero essere, sempre e in ogni caso, necessariamente, complice della mafia? ....

2 - ECCO IL PEZZO DELL\'AMICO DI D\'AVANZO, ATTILIO BOLZONI, PUBBLICATO DA \"REPUBBLICA\" IERI: \"DAI PIZZINI AL BLOG DI COSA NOSTRA I MESSAGGI CHE PREOCCUPANO SCHIFANI\"
Attilio Bolzoni per \"la Repubblica\"

Più dei memoriali che riesumano suoi antichi legami, più delle accuse dei pentiti, il presidente del Senato - raccontano a Palermo - sembra tormentato da un blog. È il diario di un uomo che chiamano «l\'avvocato», uno che dice di essere stato amico e anche socio di Renato Schifani, uno che è finito dentro per mafia.

Il segno dei tempi: dai pizzini alla piazza virtuale, ecco divulgati in rete gli avvisi in codice di un capo presunto di Cosa Nostra.

Trascinato in un\'indagine molto scivolosa, il presidente dei senatori della Repubblica, come capita sempre nelle più fosche vicende siciliane, deve fare i conti con il passato e le sue vecchie conoscenze di quando era un anonimo civilista, noto a Palermo solo come \"spicciafaccende\" dell\'onorevole Enrico La Loggia. E il passato per Renato Schifani si riaffaccia con Nino Mandalà, condannato in primo grado a 8 anni per 416 bis e in attesa di appello, «reggente» del mandamento di Villabate con il dente avvelenato.

RENATORENATO SCHIFANI

Si sente abbandonato e «quasi rinnegato» (parole sue, in udienza, riferite al presidente del Senato), la sua vendetta contro la politica che a suo dire l\'ha usato e poi scaricato, adesso la sta consumando su ninomandala.blogspot.com, pensieri e messaggi al mondo intero. Soprattutto a quello che ha frequentato lui dal 1994 in poi, quando Mandalà ha fondato in Sicilia uno dei primi club di Forza Italia. È lui il personaggio chiave di tutta l\'indagine di mafia che coinvolge Renato Schifani.

L\'inchiesta giudiziaria è appesa a rivelazioni di pentiti ancora non riscontrate, ma più che i collaboratori di giustizia - Francesco Campanella uno, il famoso Gaspare Spatuzza l\'altro - è Nino Mandalà che custodisce i segreti di un avvocato siciliano che allora - siamo fra i primi anni \'80 e i primi anni \'90 - era di casa a Villabate.

Al momento il sospetto capomafia è a piede libero ma i pubblici ministeri di Palermo sostengono che sia sempre lui a comandare ai confini orientali di Palermo, in quel paese - Villabate, per l\'appunto - da sempre visto come un laboratorio di Cosa Nostra per l\'impasto con la politica.

Lì hanno protetto a lungo l\'indisturbata latitanza di Bernardo Provenzano (uno dei più fidati servitori del padrino di Corleone è stato il figlio di Mandalà, Nicola), lì i boss si sono inventati per la prima volta le manifestazioni «contro la mafia», lì il futuro presidente del Senatoè stato consulente (per volere di Mandalà, accusa un collaboratore di giustizia) per il piano regolatore dopo avere fatto società - nella Sicula Brokers - proprio con lo stesso Mandalà, già padrone del Comune di Villabate ma ancora non finito nelle investigazioni dei carabinieri.

Questo signore sulla sessantina, che non ha mai nascosto il suo risentimento per Schifani, è davvero un imputato di mafia molto speciale. Intanto è colto, legge di storia e filosofia. Intanto è particolarmente loquace, parla e chiacchiera come non usa in quell\'ambiente. E da quando è uscito dal carcere, «l\'avvocato» ha pure quel suo blog dove si manifesta intervenendo su ogni questione. Dalla legge sulle intercettazioni al federalismo, dalla pena di morte ai festeggiamenti per l\'Unità d\'Italia.

A volte, naturalmente lancia anche i suoi «dispacci». Come quello del 25 settembre scorso, dal titolo Le anime belle. Scrive Mandalà: «...Posso immaginare (chi meglio di me potrebbe capirlo!) lo stato d\'animo di chi è stato travolto da drammatiche vicende giudiziarie ed è costretto a pagare il danno di una vita stravolta e in più la beffa dell\'ingratitudine incassata dalle anime belle con le quali ha condiviso fino a poco tempo fa la stagione delle vacche grasse e dalle quali adesso si vede ripudiato come se fosse un lebbroso..».

Con chi ce l\'aveva il 25 settembre Nino Mandalà, chi erano le «anime belle» di cui si lamentava? Se le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza sul presidente del Senato che nel 1991 avrebbe incontrato certi suoi clienti in un capannone frequentato anche dai terribili fratelli Graviano sono all\'esame dei pm, se un nuovo memoriale del pentito Francesco Campanella, che è stato presidente del consiglio comunale di Villabate - già querelato da Schifani, con i giudici che hanno dato ragione a lui e torto al pentito perché «in alcuni casi le sue dichiarazioni erano palesemente infondate» - è rifinito in procura per un «approfondimento», le dichiarazioni di Nino Mandalà non sono state mai smentite. Come questa, fatta in pubblica udienza qualche anno fa.

NinoNino Mandalà

Mandalà risponde a domanda del pm e dei difensori di altri imputati: «Io con il senatore La Loggia e successivamente anche con il senatore Schifani ho avuto un rapporto che risale agli anni 70..poi abbiamo avuto rapporti di amicizia che prescindono dalla militanza politica che risale al 1994 quando nasce Forza Italia. È un rapporto d\'amicizia, un rapporto anche di interessi comuni, assieme siamo stati soci in una società (la Sicula Brokers ndr) io come consigliere delegato e lui come presidente.

Sono stati al mio matrimonio sia La Loggia che Schifani..». E ancora: «Questi erano i rapporti quando è stato arrestato mio figlio Nicola per duplice omicidio, ho vissuto un momento drammatico, mi sarei aspettato solidarietà da parte sia di La Loggia che da Schifani. Invece ho ottenuto che entrambi si siano defilati, non mi hanno dato la solidarietà che mi aspettavo, anzi oserei dire che mi hanno quasi rinnegato».

Chissà cosa scriverà ancora Nino Mandalà sul suo blog. E chissà quale decisione prenderanno i magistrati di Palermo nell\'inchiesta che lambisce il presidente del Senato. Da un paio di settimane in procura serpeggia però qualche malumore perché, fanno sapere i soliti beni informati, sembra che lì dentro - e ai vertici - qualcuno abbia una certa intimità con il presidente Schifani. Vero? Falso? Vedremo come si farà vivo prossimamente, sul web, il capo mafia presunto di Villabate.

 

 

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