LA CANNES DEI GIUSTI - SUBLIME… ANCHE CAOTICO, DIVERTENTE, MORTIFERO QUANTO BASTA PER UN GODARD OTTANTENNE. E COME POTEVA ESSERE UN FILM CHE CITA UNA MASSA INCREDIBILE DI AUTORI, DI FILM, PER DIRCI CHE NON ESISTE PIÙ IL LINGUAGGIO DEL ‘900?

Dove sono i libri? Sulle bancarelle, fra Pound e Levinas. E l’amore? Di fronte a uno schermo che mostra vecchi film che abbiamo tutti amato, mentre una ragazza si mostra un’altra volta nuda. E si parla di tutto, anche del significato del pensatore di Rodin mentre si sta in bagno a mollare capite cosa modello Bombolo….

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Marco Giusti per Dagospia

Adieu Au Langage GODARDAdieu Au Langage GODARD

Cannes ottavo giorno.

TRAILER GODARD - http://www.youtube.com/watch?v=dk2x3ZEsnh0

Oh, Godard! AH-DIEUX au langage o anche Adieu au langage. Sublime... anche caotico, divertente, mortifero quanto basta per un ottantenne. Ma come poteva essere un film che inizia con un pezzo del 1969 del Canzoniere Pisano: "Oggi ho visto nel corteo tante facce sorridenti, le compagne quindicenni, gli operai con gli studenti. Il potere agli operai! No alla scuola del padrone! Sempre uniti vinceremo! Viva la rivoluzione"?

Che malinconia. Erano i tempi di "Lotte in Italia" per Godard, per noi magari anche un po' di vita vissuta fuori dal cinema. E come poteva essere un film che cita una massa incredibile di autori, di film, boh... ho riconosciuto un Henry King, un Howard Hawks..., per dirci, insomma, che non esiste più il linguaggio del 900.

Adieu Au Langage GODARDAdieu Au Langage GODARD

Ma giocando sulle immagini, sul 3D come nessun altro ("il più grande evento in 3d da Avatar", scrive Total Film), inventandosi delle situazioni assurde solo per riflettere ancora sul potere delle immagini sulle parole e delle parole sulle immagini, sfottendoci, presentandosi al Grand Theatre Lumiere con una folla paurosa di talebani godardiani (esistono, altro che i terroristi...) come fosse l'ultima Godzilla in 3D.

GODARDGODARD

Ma sotto gli occhi del potente Vincent Marivel, patron della Wild Bunch, che l'anno scorso lanciò in tutto il mondo "La vie d'Adéle" e quest'anno ha scardinato le coordinate di Cannes con "Welcome to New York" presentato al mercato e lanciato senza schermi on demand. Dove sono i libri? Sulle bancarelle, fra Pound e Levinas. E l'amore? Di fronte a uno schermo che mostra vecchi film che abbiamo tutti amato, mentre una ragazza si mostra un'altra volta nuda.

Adieu Au Langage GODARDAdieu Au Langage GODARD

E si parla di tutto, anche del significato del pensatore di Rodin mentre si sta in bagno a mollare capite cosa modello Bombolo. Tanto lo ha fatto anche Cronenberg, siamo in buona compagnia. E tutto il nostro enciclopedismo è finito nella geografia di Google, anche le citazioni godardiane. Il russo Zworkyn, l'inventore della tv nel 1933, lo stesso anno di Hitler al potere, ci sarà un rapporto no? O Jacques Illul, l'inventore della pubblicità e del terrorismo, la seconda vittoria di Hitler.

Adieu Au Langage GODARDAdieu Au Langage GODARD

"E' possibile produrre un concetto sull'Africa". "La tribù dei Chikawahs chiamava il mondo la foresta". E Godard ci mostra, come un Nando Cicero, la foresta di una donna. Lo sapevamo. E Claude Monet, e Marcel Duchamp. Per fortuna c'è Roxy, il cane di Godard, che ci ama più di quanto ami se stesso. L'ultima inquadratura è per lui. C'è una storia, pure, ovvio. Una donna sposata che si vede con un uomo che non è suo marito. Con il 3D che insegue i loro dialoghi, si sdoppia in maniera assurda e si torna indietro, come in un cartoon di Tex Avery.

Adieu Au Langage GODARDAdieu Au Langage GODARD

Ecco, alla fine non ci resta, come sempre, che il cinema, la possibilità di scrivere, di inventarsi un linguaggio montando e rimontando le stesse immagine e le stesse citazioni di sempre. Magari addio anche a quello. Nessuno oserebbe montare come Godard, interrompere brutalmente un suono e ripartire, nessuno però compone come lui. Tutto girato a casa sua. Ovviamente.

Intanto, un consiglio, sempre in tema di linguaggio. Chiamate Santoro, Formigli e la Gabbanelli e fategli vedere questo bellissimo "Maidan" del regista ucraino Sergej Loznitsa, già rivelazione a Cannes con i suoi complessi film precedenti, perche' si inventa un linguaggio (ah! la langage..) totalmente nuovo per raccontarci i recentissimi fatti di Piazza Indipendenza a Kiev che hanno portato alla caduta di Vitaly Yanukovich.

Adieu Au Langage GODARDAdieu Au Langage GODARD

"Oh presidente, vattene a casa - Vitya, ciao! Vitya, ciao, ciao, ciao!" e' la canzone di battaglia, sulla celebre musica di Zafurov che ha dato vita anche alla nostra "Bella Ciao!". Ma sulla piazza c'e' di tutto, poeti che cantano la gloria dell'Ucraina in maniera antica, "Gloria Ucraina! Gloria agli eroi'", migliaia di sostenitori della rivolta coi cellulari accesi (sarà questo il nuovo linguaggio?), comizianti, giornalisti.

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Loznitsa riprende l'euforia dei giorni di novembre e dicembre e la repressione di gennaio, filma tutto, ma proprio tutto, a macchina fissa, con brevi piani sequenza, non commentati, con il suono originale della piazza, che raccontano quello che stiamo vivendo. Solo quando sta per arrivare la prima carica di polizia, la macchina da presa si gira su se stessa e passa dai manifestanti alla polizia. Ma anche quando si vede, in una sequenza incredibili, la polizia che spara e i morti per strada, la macchina da presa non si sposta. E' uno sguardo morale, di descrizione e racconto di quel che si vede stando decisamente sempre sui manifestanti.

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Nessuna ripresa frenetica, nessuna musica imposto, solo immagini e suono. Il racconto che ne viene fuori è qualcosa magari più vicino al cinema d'arte e alla video arte che al documentario televisivo, ma è di grande impressione e ci porta in una dimensione diversa dal raccontino rapido degli eventi. Loznitsa tratta la storia della piazza di Kiev e della rivolta contro l'amico del "piccolo Putin" come la base di un film sulle scelte del paese, ma anche come base di una complessa messa in scena, cercando nella ripresa e nel montaggio di trovare una lingua al racconto.

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Come nei suoi film precedenti, penso al bellissimo "My Joy", per molti aspetti difficilmente spiegabili e raccontabili, il linguaggio è la storia che deve raccontare e dalla messa in scena vengono fuori le ombre e le complessità del paese. Grande film. "Vitya, ciao! Vitya, ciao, ciao, ciao!".

 

 

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