IL CINEMA DEI GIUSTI - “INSOSPETTABILI SOSPETTI” CON MICHAEL CAINE, MORGAN FREEMAN E ALAN ARKIN E’ IL REMAKE ADDOLCITO DEL BEN PIÙ DURO E RIUSCITO “VIVERE ALLA GRANDE”, SCRITTO E DIRETTO NEL 1979 DA MARTIN BREST

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Marco Giusti per Dagospia

 

INSOSPETTABILI SOSPETTI INSOSPETTABILI SOSPETTI

La storia la sapete. Tre vecchietti, Joe, Willie e Albert, interpretati da Michael Caine, Morgan Freeman e Alan Arkin, decidono di andarsene con classe e, visto che non hanno nulla da perdere, rapinano una banca. Insospettabili sospetti, che traduce il titolo originale di Going in Style, diretto in maniera “moderna” ma un po’ loffia da Zach Braff su un buon copione di Theodore Melfi, acclamato regista di Il diritto di contare, è il remake addolcito del ben più duro e riuscito Going in Style, da noi si chiamava Vivere alla grande, scritto e diretto nel 1979 da Martin Brest con tre star dello spettacolo americano come Art Carney, George Burns e Lee Strasberg.

 

Stavolta i tre vecchietti non si mettono le maschere da Groucho Marx per rapinare la banca, che nel nel vecchio film era una trovata riuscita perché vedere George Burns col volto di Groucho valeva già il prezzo del biglietto, ma quelle del Rat Pack, cioè Frank Sinatra, Dean Martin e Sammy Davis Jr. Non solo.

 

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L’azione non si sposta più da New York a Las Vegas, la regia non ha più nulla della New Hollywood anni ’70, e l’idea è di farne un film di vecchi ma decisamente meno triste e duro dell’originale, anche se non possiamo non notare la scarsa mobilità della mano sinistra di Morgan Freeman.

 

Albert, il grande Alan Arkin, ha qui addirittura una fidanzata, una Ann-Margret ancora in forma (sonolontani i tempi che Dino Risi e Vittorio Gassman se la contenedevano sul set de Il tigre…), al punto che fanno pure sesso e si esibiscono in un numerino cantato niente male, mentre tra gli amici vecchietti del trio compare un Christopher Lloyd svitato ma molto divertente.

 

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Mettiamoci anche un Matt Dillon poliziotto che indaga sulla rapina. E un’America trumpiana che non sembra molto più allegra di quella  della fine degli anni ’70. I tre vecchietti decidono di diventare rapinatori proprio della banca che sta rapinando gli averi di Joe, Michael Caine, portandogli via la casa e tutta quello che ha. E la ditta dove hanno lavorato i tre per tanti anni, spostandosi in Vietnam per motivi fiscali, ha deciso di tagliare le pensioni ai vecchi dipendenti.

 

Si tratta più di un esproprio proletario, insomma, come si diceva una volta, che di una vera e propria rapina. Zach Braff sembra però più interessato a fare del film una commedia per anziani alla Marigold Hotel, condito con salsa giovanile, piuttosto che una satira della società oppressiva, come era in pratica il vecchio Going in Style di Martin Brest.

 

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Per questo punta tutto sugli attori e su qualche alleggerimento politico. Peccato. Perché con Trump al potere tutto questo poteva ancora essere esplosivo. Fortunatamente i tre protagonisti, un Michael Caine ancora elegantissimo, un Morgan Freeman umano e simpatico, un Alan Arkin che si permette di riportare sullo schermo le sue grandi doti da showman anni ’60, uniti a una Ann-Margret un po’ troppo rifatta, ma divertente e a Christopher Lloyd che fa le facce da pazzo sono ancora una meraviglia. Vederli in giro per le strade di New York è uno spasso. E il rapporto fra di loro funziona benissimo. Tanto basta. Diciamo. In sala da giovedì.  

 

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