CINEMA DEI GIUSTI - E MO’ SO’ CAZZI PER I “PEGGIORI NATALI”, I “CETTO LAQUALUNQUE”, I “SOLITI IDIOTI” E PURE I POST-CINEPANETTONI: IL VERO FILMONE DI NATALE È IL FANTASTICO “LO HOBBIT” DI PETER JACKSON - CHI HA AMATO IL “SIGNORE DEGLI ANELLI”, NON VEDE L’ORA DI GODERE ANCORA CON UN FILM AVVENTUROSO DI GRANDISSIMA CLASSE, CON UNA QUALITÀ VISIVA PAZZESCA, DOVUTA AL NUOVO FORMATO DI UN 3D DIGITALE GIRATO E PROIETTATO, A 48 FOTOGRAMMI AL SECONDO…

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Marco Giusti per Dagospia

LO HOBBIT - LOCANDINA DEL FILMLO HOBBIT - LOCANDINA DEL FILM

L'Hobbit - Un viaggio inaspettato di Peter Jackson. Vabbè. Non c'è trippa per gatti per il nostro cinema a Natale. Perché non c'è ragazzo o ragazzino tra i cinque e i venticinque anni che non voglia vedere "Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato" di Peter Jackson, prima parte di una nuova incredibile trilogia che ci accompagnerà fino al 2014. Lasciate perdere i Peggiori Natali, le Famiglie Perfette, i Cetto Laqualunque, i Soliti Idioti e pure i post-cinepanettonisti di De Laurentiis.

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Anche se non c'è molta storia da seguire a parte questi quattordici nani, non sette + sette, perché in realtà sono dodici + Gandolf+l'hobbit, che si menano a sangue con una massa sterminata di orchi, troll, laziali e Crosetti vari che incontrano durante il loro viaggio verso la Montagna Solitaria dove vive un drago più assatanato di soldi e potere di Berlusconi, i ragazzi di tutto il mondo cresciuti con la Trilogia degli Anelli di Peter Jackson non hanno altro desiderio che rivedere tutti i loro eroi.

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E non sapete che piacere si prova a rivedere il Gandalf di Ian McKellen in gran forma col suo bastone magico, il vecchio Gollum di Andy Serkis che ripete il suo celebre sdoppiamento al giovane Bilbo Baggins, la Galadriel di Cate Blanchett che illumina lo schermo solo col viso, l'Elrond di Hugo Weaving, il Saruman di un Cristopher Lee ormai centenario, il Bilbo vecchio di Ian Holm, la pur fugace apparizione di Elijah Wood, incapace di sfuggire dal ruolo di Frodo che lo condanna a un futuro da Luke Skywalker.

Peccato che non ci siano più Viggo Mortensen e Liv Tyler, ma il nuovo arrivato Martin Freeman come Bilbo Baggins giovane ruba la scena a tutti e sarà la vera rivelazione del film. Uno di quegli attori inglesi neanche giovanissimi capaci di poter fare qualsiasi ruolo, che ha la grazia di entrare nel personaggio in punta di piedi, esattamente come Bilbo rispetto ai nani scatenati, e imporsi con intelligenza e personalità.

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E sono assolutamente strepitosi i dodici nani della compagnia, quasi tutti attori inglesi di gran classe, capitanati dal baldo Thorin di Richard Armitage, una star della tv inglese, e dal Balin di Ken Scott, che decidono di riprendersi la loro montagna, piena d'oro, che il feroce drago Smaug ha invaso sessant'anni prima.

Direi anzi che l'arrivo dei nani nella casetta di Bilbo è il vero motore centrale del film, che va poi visto come grande ouverture di un'opera composta da tre film, dove non sono ancora entrati in scena i veri cattivi, cioè Smaug e il Negromante, interpretati dal giovane e bravissimo attore inglese Benedict Cumberbatch, che abbiamo visto come assistente biondo zazzeruto di Gary Oldman nel recente "La talpa", né la donna della storia, Tauriel, cioè l'Evangeline Lilly di "Lost", né il bello alla Orlando Bloon, cioè il Bardo di Luke Evans.

Mettiamoci anche la buffa apparizione del Rodagast di Sylvester McCoy, un attore scozzese amatissimo in Inghilterra per il suo ruolo nella serie di culto del "Doctor Who", un mago strafatto dai funghi allucinogeni che vive in mezzo a ogni tipo di animaletto e se la vede con ragni giganti mentre cerca di riportare in vita un riccio morente.

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Ora, è vero che non c'è ancora grande storia e che questo "Hobbit" gonfiato in tre parti da una sceneggiatura firmata da Jackson con le due grandi sceneggiatrici della prima saga, Fran Walsh e Philippa Boyens, e con un Guillermo Del Toro, che avrebbe dovuto essere qualche anno fa il regista della nuova saga, non può competere con la grandezza di scrittura tolkeniana della Trilogia dell'Anello, ma siamo al cospetto di un avventuroso di grandissima classe, con una qualità visiva, ottenuta dal nuovo formato dell'High Frame Rate 3D, cioè di un 3D digitale girato, e in pochissimi cinema anche proiettato, a 48 fotogrammi al secondo.

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L'immagine che vediamo sullo schermo è qualcosa di incredibile rispetto anche al vecchio "Signore degli anelli". Magari ha ragione Quentin Tarantino che il digitale sta uccidendo il cinema, di sicuro quello che abbiamo conosciuto finora, ma non si può che girare così, con le nuove tecniche un film come "L'Hobbit". Non solo. Jackson e i suoi sceneggiatori (non so quanto sia davvero entrato nella storia il grande Guillermo Del Toro) sanno perfettamente come dosare le loro storie, e il grande ingresso dei dodici nani nella casa di Bilbo ce li fa amare tutti esattamente come amammo i sette samurai di Kurosawa e i magnifici sette pistoleri di John Sturges capitanati da Yul Brynner.

E il meccanismo del viaggio è lo stesso. Con tutte le trappole che il viaggio pretende. In questo caso si tratta degli incontri con gli orchi, che portano sempre a grandi scene di battaglie con effetti di gran lunga superiori a quelli dei primi tre film, e con i troll, che è una specie di piccolo film nel film, perché è una grande invenzione comico fiabesca che farà impazzire tutti i bambini.

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Perché i troll, come il vecchio Polifemo, si vogliono proprio mangiare i malcapitati nani e solo il furbo Bilbo capirà come prendere tempo spiegando ai troll come si cucina davvero un nano. Le apparizioni dei vecchi personaggi, dagli Elfi a Gollum, sono davvero un grande e felice ritorno a situazioni che il pubblico adora e vengono giustamente accolte come meritano, anche perché il nuovo tipo di ripresa ci porta a una maggior effetto realistico e a una qualità superiore dell'immagine.

E' uno spettacolo quasi da opera wagneriana l'entrata in scena di Gollum e del suo anello. Ma su tutto, ripeto, alla fine trionfa l'umanità del Bilbo di Martin Freeman, che sarà il vero cuore della vicenda, e, in effetti, il protagonista è proprio lui e la sua buffa modestia, il non voler entrare nella storia, anche se tutti sappiamo che alla fine entrerà e come. Non sottovalutiamo questo "Hobbit" definito noioso e troppo infantile.

Magari è un po' noioso e un po' infantile, magari non sono ancora entrati i veri cattivi e i personaggi romantici e ci limitiamo a farci disgustare dagli orchi, ma la sua struttura è più accorta e complessa di quanto ci possa sembrare a prima vista, i suoi effetti speciali sono meravigliosi, i suoi mostri sono così simili alle creature d'arte di Ron Mueck (che dagli effetti speciali Made in Australia proviene) e Bilbo, Gandalf e Gollum sono perfetti.

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Inoltre Peter Jackson è riuscito a mettere in piedi non un reboot, come si dice adesso, o un pre-Anelli o un extra allungato, ma un prolungamento di un vecchio piacere con "tutto" il suo cast artistico e tecnico. Come se George Lucas fosse riuscito a girare "La minaccia fantasma" con Alec Guinness e Peter Cushing e la sceneggiatura di Leigh Brackett. E sembra aver ritrovata la verve giovanile della Trilogia, molto più a suo agio qui che in "King Kng" e "Amabili resti". Come se fosse tornato a casa. E mo' so cazzi dei Soliti Idioti, di Christian e di Ralph Spaccatutto. In sala (quasi in tutto il mondo) dal 13 dicembre.

 

 

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