IL CINEMA DEI GIUSTI - QUESTO “ASSASSIN’S CREED”, CON MICHAEL FASSBENDER E MARION COTILLARD, MALGRADO IL BUDGET STRATOSFERICO, MALGRADO TUTTI I MUSCOLI ESIBITI, MALGRADO UN CAST STELLARE, È GIÀ UN MEZZO FLOP - LE CRITICHE SONO TERRIFICANTI: “OTTUSO, NARRATIVAMENTE INCOERENTE E ALLA FINE FRUSTRANTE”

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Marco Giusti per Dagospia

 

ASSASSINS CREED ASSASSINS CREED

L’unica missione che ha in testa Callum Lynch, l’eroe che attraversa il tempo di Assassin’s Creed, uno dei film più attesi dell’anno, roba da 125 milioni di budget, almeno da noi, è quella di battere il napoletano Alessandro Siani e il suo Mister Felicità. Anche se Mister Felicità ha esordito con quasi 2 milioni di euro di incasso il 1 gennaio, nei suoi primi due giorni di programmazione Assassin’s Creed lo ha superato, 722 mila contro 671 e 545 mila contro 455. E magari il giorno della Befana verrano entrambi battuti dal potente cartoon con animali canterini Sing, ieri già a 447 mila.

 

Detto questo Assassin’s Creed, diretto dal raffinato regista australiano Justin Kurzel, che con Michael Fassbender e Marion Cotillard avevamo lasciato a Cannes in concorso alle prese con un più che onorevole Macbeth, malgrado il suo budget stratosferico, malgrado tutti i muscoli esibiti dal suo protagonista e coproduttore, malgrado un cast stellare, che va appunto da Marion Cotillard a Jeremy Irons, da Brendan Gleeson a Charlotte Rampling a Michael K. Williams, è già un mezzo flop.

 

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I produttori si aspettavano una prima settimana americana da 25-35 milioni di dollari, e non è arrivato nemmeno a 22. Sommandoli con gli incassi internazionali arriva a 88. Le critiche sono terrificanti. “Ottuso, narrativamente incoerente e alla fine frustrante, è un altro esempio di quanto sia difficile fare un buon film popolare da un video gioco”, “Ecco un altro di quei film disorganizzati, incoerenti, quasi inguardabili”. Lo salvano solo due giornali irlandesi, magari sono due critici amici dell’irlandese Fassbender. Per le velleità autoriali di Kurzel e di Fassbender è un disastro.

 

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E un altro viaggio a Cannes se lo sognano. Le batoste maggiori, però, vanno alla sceneggiatura. Del resto il film, tratto dal celebre video gioco, è stato riscritto almeno tre volte, ufficialmente. La prima da Michael Lesslie, la seconda da Scott Frank, la terza da Bill Collage e Adam Cooper. Ma il risultato rimane lo stesso.

 

Un pasticcio. Cioè non si capisce niente e quello che è chiaro nel videogioco, una volta diventato film, diventa ridicolo e incomprensibile. Kurzel, Fassbender e Cotillard, ma a questo gruppetto si sarebbe dovuta unire anche Alicia Vikander, da poco fidanzata di Fassbender, sostituita dalla bellissima Ariane Labed, le tentano tutte per dare dignità al film. Grandi inquadrature gotiche, grandi effetti visivi, Fassbender sempre a torso nudo che scala chiese e campanile del 400 spagnolo, mentre il suo body double esegue un salto incredibile che è già nella storia del cinema d’azione, 38 metri di volo nel vuoto.

 

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La Cotillard elegantissima e bravissima. E’ lei Sofia, figlia di Rikkin, Jeremy Irons, la responsabile della macchina del tempo che riporta il detenuto “ufficialmente morto” Callun Lynch, Fassbender, ai tempi di Torquemada e dell’Inquisizione Spagnola, nella testa e nel corpo del suo antentato, Aguilar, sempre Fassbender, affiliato alla setta degli Assassin’s Creed, che lottano contro i Templari cattolici.

 

Gli Assassini proteggono la mela di Eva, un oggettino che contiene il dna di Caino, il primo a disubbidire agli ordini di Dio, e quindi proteggono il libero arbitrio contro i templari che vogliono ristabilire l’ordine con la violenza e con l’ubbidienza assoluta pensando a un mondo senza rivolte, rivoluzioni, idee diverse da quelle di chi detiene il potere. Magari è anche un film politico…

 

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Quello che vuole Rikkin, comunque, e lo fa tramite sua figlia Sofia, e tutta una schiera di Assassini che sono prigionieri nella loro struttura miliardaria, è proprio la mela. Ma solo Aguilar e il suo avo Lynch hanno la memoria di dove sia nascosta la mela. Cazzatona, eh? Se ci giochi, non proprio. Se cerchi di farci un film di grande successo da girare in contemporanea con un Macbeth da festival, sei un pazzo.

 

Laurence Olivier, insomma, non l’avrebbe mai fatto. Però Kenneth Branagh ha diretto Thor, quindi, perché no? Di certo, Fassbender ce la mette tutta nella sua lotta col passato e nell’esibizione muscolare, ma già vederlo in carcere e lottare come un supereroe ci mostra quanto lontani siano i tempi del suo capolavoro, Hunger, diretto da Steve McQueen, per non parlare di Shane. Come diceva un vecchio produttore italiano, “i film stronzi devono fargli gli stronzi”. In sala.

 

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