IL CINEMA DEI GIUSTI - “VI PRESENTO TONI ERDMANN” È UNA PICCOLA, GENIALE COMMEDIA SCRITTA E DIRETTA DALLA REGISTA TEDESCA MAREN ADE - OLTRE AD AVER VINTO QUATTRO EFA, GLI OSCAR EUROPEI, E UNA TRENTINA DI ALTRI PREMI NEL MONDO, È UNA AUTENTICA SORPRESA - QUALCOSA CHE IL MONDO STANTIO DELLA COMMEDIA INTERNAZIONALE NON CONOSCEVA ANCORA

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Marco Giusti per Dagospia

 

VI PRESENTO TONI ERDMANN VI PRESENTO TONI ERDMANN

E’ vero che Vi presento Toni Erdmann, piccola, geniale commedia scritta e diretta dalla giovane regista tedesca Maren Ade, al suo terzo film, non ha vinto né l’Oscar per il miglior film straniero né la Palma d’Oro a Cannes, ma oltre ad aver vinto ben quattro EFA, gli Oscar europei, miglior film, miglior regia, migliori attori protagonisti, e una trentina di altri premi sparsi per il mondo, è una autentica sorpresa. Qualcosa che il mondo stantio della commedia internazionale non conosceva ancora.

 

VI PRESENTO TONI ERDMANN VI PRESENTO TONI ERDMANN

Al punto che si tenterà di farne un remake americano con Jack Nicholson protagonista. Due ore e 43 minuti di commedia di rara intelligenza che vedono sulla scena non solo lo scontro tra un padre invecchiato male e una figlia manager ma anche una dotta lezione su cosa sta diventando l’Europa e il rapporto tra il capitalismo tedesco e i paesi vicini. Assolutamente non convenzionale, divertente, sottile, non a caso la Ade è anche la produttrice dei film di Miguel Gomes, è anche l’unico film che è stato salutato dal pubblico dei critici di tutto il mondo a Cannes con imprevisti applausi scroscianti quando la protagonista Sandra Huller canta col padre al pianoforte “The Greatest Love of All” di Whitney Houston.

 

E’ rara che una commedia, per di più tedesca e diretta da una donna,  piaccia così tanto a Cannes o venga candidata agli Oscar o vinca gli Efa. Winfried Conradi, interpretato da un buffo Peter Simonischek, attore teatrale per Peter Stein, è un professore di musica in una cittadina tedesca non meglio identificata dove vive con un cane malato.

 

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Ogni tanto va a trovare l’ex moglie e ogni tanto arriva la figlia Ines, una strepitosa Sandra Huller, tipica donna manager in carriera che fa la consulente di una grossa agenzia di tagliatori di teste in quel di Bucarest. Visto che non riesce a vederla mai, quando il suo cane muore, decide di andarla a trovare per farle una sorpresa.

 

E’ un mezzo disastro, perché è un padre ingombrante, fa scherzi assurdi, battute, non è presentabile agli amministratori delegati. Winfried nota che sua figlia non è felice, non sta bene, che dietro l’apparente sicurezza di sé, i vestiti eleganti, gli autisti, le segretarie, nasconde una intollerenza e una profonda trsitezza. Così, dopo averle chiesto inutilmente cose della sua vita, parlando di temi impossibili come “la felicità”, decide di andarsene per ricomparire trasformato in una sorta di alias, “Toni Erdmann”, con parrucca scura, denti finti e una vaga professione, “life coach” di un rumeno importante, che cambia a seconda degli incontri.

 

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E’ Toni Erdmann, più del padre Winfried, a mettere in crisi Ines sul lavoro. Anche perché l’umanità di Toni si scontro con il mestiere di Ines, che deve “modernizzare” fabbriche e raffinerie di petrolio in Romania, cioè “esternizzare”, leggi tagliare migliaia di posti di lavoro.

 

In una Europa dove si può ridere amaramente alla battuta “Mi piace Francoforte perché è l’unica città dove esista ancora una classe media”, o dove si parla di un paese che non è al passo nella crescita come i suoi giovani manager, Toni e Ines rappresentano appunto cioè che rimane della classe media tedesca/europea e ciò che i suoi figli stanno diventando, qualcosa cioè di mostruoso, strumenti di un liberismo senza cuore che dividerà i sempre più ricchi dai sempri più poveri.

 

L’umanità che sfiora Toni in Romania, l’operaio che gli apre la porta del suo bagno, è la risposta civile alla nuova Europa modernizzata. Toni capisce, ma non può accettare, né riesce a rispondere alla figlia sprezzante che gli dice “Altri alla tua età hanno ancora ambizioni”. Ines, però, è pesantemente in crisi, perché tutto questo non lo vive senza dolore.

 

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All’amante rumeno, suo subalterno, che chiama Tim, e la vuole scopare, gli chiede invece di venire da solo su un pasticcino della sua stanza d’albergo. Verde. E quello lo fa, e Ines mangerà il pasticcino verde, nella scena di sottomissione maschile più umiliante che si sia vista da anni. Salvo poi esplodere nella sua festa di compleanno coi colleghi, imponendo a tutti un compleanno nudista solo perché non è riuscita a sfilarsi e poi rimettersi il vestito nuovo in tempo.

 

Ma l’esplosione di Ines è l’esplosione di una classe media che ripensa alla sua perdita di identità. E la trasformazione di Winfried e Toni sembra quasi la mascherata parodia della nuova classe dirigenziale. Grande film, scritto e diretto benissimo, che apre le porte non solo a un luminoso futuro per la sua raffinata regista, ma che rimette in gioco anche la commedia europea molto di più delle sempre più inflazione commedie francese prontamente riproposte come remake di non sempre grande successo in Italia. In sala da giovedì.

 

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