DEPRESSIONE VASCO-LARE - L’ANZIANO ROCKER DI ZOCCA FRIGNA IL SUO LATO MALINCONICO: “SONO UNO CHE HA IL FAMOSO MALE DI VIVERE... MI SONO ROTTO IL CAZZO DI DIRE CHE VA TUTTO BENE ANCHE SE NON È VERO” - “PENSAVO DI MORIRE A 35 ANNI MASSIMO. GIÀ A 27-28 ANNI MI SONO DETTO: COSA CI STO QUI A FARE? DOVEVO ESSERE MORTO COME JIM MORRISON. SEMPRE GIOVANE E CON I CAPELLI LUNGHI. INVECE MI È TOCCATO ANDARE AVANTI E PERDERLI”...

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Armando Gallo per \"Oggi\"

Los Angeles, dicembre 2010. Lo Speakeasy è uno studio di registrazione dove Vasco dà libero sfogo alla sua creatività quando viene a Los Angeles per lavorare ai suoi dischi con i talenti locali, tutti grandi professionisti americani. «Prima i musicisti li facevo venire a Bologna», mi dice il rocker di Zocca in questo pomeriggio di dicembre con il cielo dipinto di nuvole rosse che di solito si vede nei film western.

VascoVasco Rossi

«Adesso vengo io a Los Angeles così mi faccio anche un po\' di vacanza». Questa sera prenatalizia Vasco ha invitato un po\' di amici losangelini e ci fa ascoltare i provini delle canzoni del nuovo album in uscita per fine marzo. Vasco fa partire una canzone finita della quale è molto orgoglioso. Mentre ce la suona ride come un gatto attorno ai croccantini: «Sembrava la fine del mondo, ma sono ancora qua... eh già».

È una canzone accattivante, con un testo onesto e coraggioso, che mostra un Vasco molto trasparente nei suoi sentimenti. La presenterà poi al mondo di YouTube con un video girato pochi giorni dopo proprio sulla soglia dello Speakeasy. Lo studio è situato in una casa Anni 20 arrampicata sulla collina che sale verso l\'Osservatorio di Griffith Park, proprio là dove è stata girata la scena finale di Gioventù bruciata, quando James Dean viene ucciso dalla polizia.

È casuale la presenza nell\'aria di James Dean? Chissà, ma è certo che Vasco ha una strana, morbosa invidia dell\'attore diventato mito, scomparso quando andò a schiantarsi contro un furgone mentre guidava la sua auto sportiva a 150 all\'ora. James Dean aveva 24 anni.

HA SCRITTO PIÙ DI 160 CANZONI
Ancona, fine maggio 2011. «Anch\'io pensavo di non arrivare oltre, credevo di fare la fine di James Dean e di Jim Morrison», mi dice Vasco. Cinque mesi dopo l\'incontro a Los Angeles, sono alle prove del concerto che in questi giorni lo porta allo stadio di San Siro per quattro incredibili sold out da 300 mila spettatori.

VASCOVASCO ROSSI

Sono andato a cercare Vasco perché ero preoccupato per lui. Ci conosciamo da parecchi anni e il suo nuovo album, Vivere o niente, mi aveva lasciato perplesso. Il ragazzo che viveva una vita spericolata andando al massimo ora sta riflettendo che «vivere non è facile». Anzi ci avverte che «la vita è dura» e bisogna stare attenti e concentrati. Ma era sopratutto il testo della canzone che dà al titolo all\'album, Vivere o niente che mi aveva spinto a cercare Vasco: «Rivelerò cose che nessuno sa di me... Io sto male...». Curioso per un artista che miete successi da oltre 30 anni e ha composto più di 160 canzoni.

NON HA VOGLIA DI PARLARE
Allo stadio di Ancona vedo la sua band carica al massimo. È un gruppo di meravigliosi musicisti che fanno trovare tutto pronto e perfetto per la performance di Vasco. Il primo saluto è per il chitarrista Maurizio Solieri, l\'icona nella band, che suona con Vasco da 34 anni. Poi ci sono Stef Burns, chitarrista di San Francisco che ha ormai trovato l\'America in Italia sposando Maddalena Corvaglia (vedi servizio a pag. 30); Claudio Golinelli al basso, Andrea Innesto ai fiati e cori, Frank Nemola, programmazione e cori, Alberto Rocchetti alle tastiere, Matt Laug alla batteria e Clara Moroni ai cori.

La band sta provando la scaletta del concerto da qualche settimana, prima in una sala prove a Pieve di Cento e adesso direttamente con la spettacolare impalcatura praparata per San Siro e poi per Messina e l\'Olimpico di Roma, altri due sold out. Sotto la guida di Guido Elmi, il suo produttore storico, hanno provato l\'intero set dalle 4 del pomeriggio in avanti. Il loro spettacolare Interludio 2011, un brano di dieci minuti suonato a metà concerto, è da non perdere.

«ARRIVA TUTTO DAL MIO INCONSCIO»
Vasco arriva verso le 8. È felice di vedermi, ma ha un fastidioso mal di denti e non ha voglia di parlare, tanto meno di fare un\'intervista. «Scrivi tu domande e risposte, sai che mi fido di te», mi dice sorridendo mentre sparisce nei camerini. È sempre accompagnato da Roccia e Macho, i suoi due attendenti e dall\'inseparabile Floriano Fini, suo manager, amico di Zocca (il paese del modenese dove è nato) e dalla sua addetta stampa Tania Sachs, perenne sorriso e sigaretta accesa, che mi dice di essere paziente.

vascovasco rossi

«Vedrai che con l\'adrenelina delle prove poi sarà diverso», cerca di rassicurarmi.
Siamo a cinque giorni dal concerto d\'esordio, e questa sera Vasco sorprende anche Tania quando arriva sul palco vestito come sarà poi ai concerti. Stivali, jeans, maglietta nera e cappellino con su scritto «Kom 2011» che sicuramente andrà a ruba. Vasco si impegna come se fosse un concerto vero. Faccio foto.

L\'esecuzione di Vivere o niente è esaltante e lui taglia l\'aria col braccio sinistro mentre canta «Io non ho voglia più di fare finta che vada tutto bene...». È facile immaginarsi l\'effetto della canzone cantata da 80 mila spettatori allo stadio di San Siro, specialmente qualche settimana dopo l\'elezione di Giuliano Pisapia a sindaco di Milano: magari molta gente si era stufata di sentire Berlusconi e soci dire che le cose vanno bene mentre tanta gente sta male.

«Berlusconi c\'entra, ma non c\'entra», mi dirà più tardi Vasco. «Lo conoscevo quando era il re delle televisioni, lì era un bel tipo, simpaticissimo, poi dopo l\'ho perso di vista, perché credo che abbia cambiato mestiere o forse anche Paese. Non lo so, non lo vedo più da un po\'».

L\'intervista per Oggi, finalmente. La facciamo a mezzanotte, sul bus che ci riporta a Rimini e Vasco parla a valanga. C\'è un palchetto in alto, sopra il guidatore del bus, con due poltrone tricolori. Ci sediamo l\'uno di fronte all\'altro. «Solo perché sei tu», mi dice Vasco accendendosi una sigaretta. «Vai, fai la prima domanda dottore!», attacca come si sottoponesse a una seduta di terapia.

Come stai Vasco?
«Ecco sto male! (canta) Non voglio destare preoccupazioni, ma viene dalla consapevolezza che mi sono stancato di dire \"sto bene\". Come stai? Sto bene. Basta! Basta dire le cose per convenienza. Posso dire che sto bene se dà fastidio, ma sono sincero quando dico che sto male perché non è che questa vita sia incredibile, non è un buon momento per nessuno».

VascoVasco Rossi

Cosa c\'è che non va?
«Tante cose, e ho cercato di scriverle tutte in questo disco».

È un disco diverso dal solito: volevo sapere se sono tutte cose personali o se scrivi interpretando un personaggio.
«Sono sempre cose che vengono direttamente da me e sono talmente personali che arrivano direttamente dal mio inconscio. È la consapevolezza che le cose non girano come dovrebbero girare, che vivere non è facile».

Sei cresciuto, stai cercando una nuova filosofia di vita?
«No, ho sempre cercato di non ripetere le stronzate. Io sono convinto che dagli errori si impara. L\'importante è capire quando hai fatto un errore e basta. È così che si impara e si va avanti. Nessuno nasce saputo e imparato».

Cosa vuoi dire con la canzone Eh già?
«Che sono un sopravvissuto, Armando! Io pensavo di morire a 35 anni massimo. Già a 27-28 anni mi sono detto: cosa ci sto qui a fare? Dovevo essere morto come Jim Morrison. Volevo rimanere lì come James Dean. Sempre giovane, sempre con i capelli lunghi. Invece mi è toccato andare avanti e perderli. Avrei voluto vedere loro adesso, senza capelli (ride). No, per dire. Sono dovuto andare avanti e andare avanti e andare avanti ancora».

Poi negli Anni 90 hai messo su famiglia. Come è successo?
«Ho pensato che la cosa più spericolata che una rockstar come me potesse fare era una famiglia. Invece di stare in uno stupido hotel ho voluto fare quella sfida lì. Grazie alla Laura, che praticamente l\'ha tenuta in piedi di peso (ride) perché lei è l\'artefice, sono riuscito anche in quella sfida, costruire una famiglia e mantenere viva la storia di Vasco Rossi.

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Adesso ho una famiglia, Luca ha vent\'anni ormai, la storia è stata un\'esperienza straordinaria perché avere figli è una cosa... Cioè quando c\'hai un figlio tu improvvisamente diventi padre. Sembra la solita cazzata, ma ora te la spiego. Cambi completamente punto di vista su di te. La cosa che conta di più a quel punto lì è tuo figlio».

Quando ti sei accorto di essere padre?
«All\'inizio non si prova molto. Non è che è cambiato molto per me. Cambia molto per la donna, oltre a essere lei a partorire è lei che deve stare lì 24 ore al giorno. Non ci scherzi più. Lì non si può più pensare di andare in discoteca al sabato e poi andare di qua e di là. No, lì bisogna stare, lì sempre. E le ragazze di oggi che sono naturalmente un po\' viziate o per lo meno non sono sicuramente preparate ai sacrifici come quelle di una volta, prendono delle sberle che a volte rimangono stupefatte, talmente supefatte che perdono la testa.

Anche Laura ha avuto momenti molto duri, ma li ha superati diventando la mamma perfetta. È maturata molto, è diventata una donna splendida. Naturalmente l\'ho cresciuta io perché quando l\'ho incontrata era una bambina e praticamente ho due figli, lei e Luca. Io sono il padre di tutti (ride). Ecco, mi sono accorto, a un certo punto, perché un giorno ho pensato: no... sai che non avrei mai dato la vita per niente e per nessuno e ho pensato che se mi avessero chiesto la mia vita per Luca l\'avrei data immediatamente, ma senza neanche pensarci. È incredibile, ecco quando ti accorgi di essere padre».

Cosa aveva Laura che le altre donne non avevano?
«Laura aveva bisogno di scappare di casa (ride). No, Laura voleva fare una famiglia ed è arrivata al momento giusto. Anche quello è fondamentale, perché se arrivava prima non avevo tempo. Poi aveva una bella determinazione, perché ho cercato di buttarla fuori di casa due o tre volte, ma non ci sono riuscito. È sempre rimasta lì, quindi c\'è poco da fare. Poi quando è nato Luca, a quel punto diciamo che quando nasce un figlio, una storia... come ho scritto in quella canzone, \"Non sarebbe durata a lungo questa storia d\'amore eterno\" (ride). Insomma quando si ha un figlio si fanno sacrifici per dare vent\'anni di serenità a lui».

LosLos Angeles

Ma sul palco sei felice?
«La felicità è un attimo. Quando ho finito un concerto, quando sono a metà concerto ho dei momenti di felicità, poi chiaramente la vita... Sono un carattere di quelli che hanno il famoso male di vivere. Io non so cosa sia, però io in realtà sono un tipo molto solare quando c\'è la gente, perché mi arriva... appena sono solo io torno quello che sono. Sono convinto che ci sia per forza qualcosa che si ripaga, un equilibrio, insomma: ho così tanta soddisfazione dal punto di vista artistico che per forza devo pagare una sofferenza. A parte che la sofferenza che ho, spesso la uso per dare più profondità alle mie canzoni, quindi ben venga anche la sofferenza».

Una cosa che ho ammirato molto in questo disco è tra le righe di una canzone: il prendersi la colpa. Consapevolezza?
«Sì, consapevolezza delle proprie responsabilità. Si tende sempre a dare la colpa agli altri. Io ho sempre dato la colpa a tutti, a Laura, alla gente, al gruppo, alla compagnia... Poi un giorno ero in macchina da solo e ho pensato: ma in realtà è sempre colpa mia! È davvero infantile dare la colpa agli altri».

Come te ne sei reso conto? È un bel passo avanti come uomo.
«Io me ne sono reso conto qualche anno fa e naturalmente le cose come al solito mi arrivano nel cervello, mi entrano nella pelle e dopo un po\' quando sono dentro, un anno o due, escono nelle canzoni e quando escono esplodono di brutto, come per esempio Manifesto futurista della nuova umanità. Metto in discussione la fede che ci hanno insegnato da piccoli».

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Tu sei stato a scuola dai Salesiani...
«Sì e a loro non perdonerò mai di averci fatto pensare al sesso come una cosa brutta, sporca, sbagliata. Col sesso mi meritavo l\'inferno. Questo non glielo perdonerò mai, a questi preti. Io rispetto chi crede nella religione. Ognuno può credere in quello che vuole nel suo cuore, basta che non voglia imporlo a me. Ma l\'istituzione Chiesa che è chiaramente un\'istituzione di potere, questi ci hanno fottuto la gioia di vivere.

Lì ho perso, puntini, la fede. Ma ora sono lanciatissimo e voglio proporre nuovi comandamenti. Ho già deciso il primo comandamento: \"Devi avere rispetto di te stesso!\". Così si comincia molto bene. Il rispetto per me stesso non l\'ho mai avuto e credo che neanche voi. E le religioni non ce lo hanno mai insegnato».

Vorrei tornare alla canzone ‘Vivere o niente\', forse la ragione per cui sono venuto a trovarti. Sei depresso?
«No affatto, non c\'è mai depressione nelle mie canzoni. È una malinconia di fondo. Sono sempre stato molto solare fino ai 50 anni. Poi a 50 anni è cambiato completamente, non so che cosa. Mi è cambiato il modo di vedere le cose. È cambiato tutto. Ho avuto una crisi terrificante nel 2000».

Per quale motivo? Avevi raggiunto il successo, la realizzazione di tutti i tuoi sogni.
«Avevo tutto, sì avevo tutto».

Cosa ti mancava?
«Non lo so, mi è cambiata la chimica nel cervello secondo me, c\'è poco da fare, oh. Però ci tengo a dire che nelle mie canzoni non c\'è mai depressione, neanche in questa canzone qua, anzi lì c\'è la presa di coscienza che mi sono rotto il cazzo di dire che va tutto bene anche se non è vero».

SILVIOSILVIO BERLUSCONI

Cosa sognavi di diventare da bambino?
«Sognavo di diventare pilota d\'aerei, poi a 10 anni ho vinto un concorso di voci nuove, così improvvisamente mi trovai cantante. Ma dovevo andare a scuola e mio padre mi fece fare Ragioneria, cosa che non avrei mai fatto, ma ho portato a casa il diploma e ho detto: adesso voglio fare spettacolo.

Cos\'è, mi fa mio padre, una cosa che si mangia? Fai Economia e commercio e poi vai a lavorare. Così ho studiato come un pazzo per altri due anni perché se andavi a pari con gli esami ti davano 500 mila lire. E con quelli mi sono comprato la mia prima moto. E mi sono iscritto a Psicologia perché sognavo di diventare psicanalista, ma dovevo guadagnare e ho scoperto un lavoro che si chiamava disc-jockey.

Andavo nei locali, mettevo su dei dischi, mi divertivo come un pazzo e facevo divertire e mi davano anche dei soldi. E lì è iniziato un po\' tutto. Fare il disc-jockey a 30 anni non avrebbe avuto senso, ma lì è arrivato Gaetano Curreri (degli Stadio) che mi ha trascinato a fare i dischi e cosi è iniziata l\'avventura».

Cosa fai per rilassarti?
«Mi scaravento su Internet... per fortuna è arrivata questa benedizione, una rivoluzione perché io mi vedevo sai, vecchi anziani in casa da soli come dei cani davanti alla tv, rimbambiti, da soli. Invece adesso accendi il computer e sei in contatto col mondo. Ho conosciuto persone attraverso Facebook meglio che nella vita reale».

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Nella canzone ‘L\'aquilone\' descrivi il sole che muore. Pensi mai alla morte?
«Boh, io penso che noi siamo immortali. Sono convinto che non faremo mai l\'esperienza della nostra morte, faremo sempre l\'esperienza della morte degli altri, mai della nostra perché anche nel momento che staremo per morire noi saremo ancora vivi, capito. Tu quando sei morto non lo sai che sei morto, quindi non muori mai. Per quello che siamo immortali, capisci? Ecco la famosa immortalità che tutti cercavano... che ci dicevano da duemila anni è qui è là , se fai il bravo è lassù... No, no. È qua».

Quanto ami i tuoi fan?
«I fan li amo finché mi amano loro. I fan sono quelli che mi danno l\'energia di essere ancora qua come Vasco Rossi. Sono loro in pratica l\'energia di Vasco Rossi. Mentre l\'energia di Vasco sono Luca, Lorenzo e Davide. Sono la ragione vera per essere in questa splendida valle di lacrime».

 

 

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