LA FEBBRE DEL SABATO SERA DI PAOLA TURCI - PARLA LA CANTANTE CHE A VENEZIA SARA’ NELLA GIURIA CHIAMATA A PREMIARE LA MIGLIORE COLONNA SONORA:  "AVEVO 14 ANNI, IL FILM CON TRAVOLTA FU UNA FOLGORAZIONE. BALLAVO DAVANTI ALLO SPECCHIO COME TONY MANERO" -  LE DIECI COLONNE SONORE DELLA SUA VITA E LE LACRIME CON "MISSION" - VIDEO

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Testo di Paola Turci pubblicato da la Lettura – Corriere della Sera

 

«È stata una bella scoperta per me, quando ero piccola, la musica nei film. Se non ci fosse, le immagini farebbero più fatica a trasmettere un’emozione. L’ho imparato da allora. Avrò l’onore quest’anno di far parte della giuria del premio «Soundtrack Stars» alla 74ª Mostra del Cinema di Venezia, chiamata a premiare la migliore colonna sonora in concorso.

 

Tra i tanti che mi hanno colpita, ricordo con più meraviglia dieci film ai quali sono ancora molto legata. Eccoli. La febbre del sabato sera (1977) Avevo 14 anni, fino ad allora avevo visto solo roba come La spada nella roccia e un paio di pellicole di Nanni Moretti trascinata da mio padre, culturalmente intransigente e poco incline alle storie per ragazzini. Fu una folgorazione, la bellezza di una prima volta.

la febbre del sabato sera 1 la febbre del sabato sera 1

 

Era impressionante per un’adolescente innamorata delle canzoni, come lo ero io, scoprire che non erano le note ad appoggiarsi alle immagini, bensì quest’ultime a prendere vita grazie alla musica che, magicamente, diventava cinema, meraviglia, sogno nel sogno. Improvvisamente quelle canzoni uscirono dal film e diventarono la mia colonna sonora mentre andavo a scuola o ballavo davanti allo specchio come John Travolta, il protagonista.

 

Mission (1986) Uno dei temi più struggenti che la musica da film abbia mai avuto. Il maestro Ennio Morricone — la cui colonna sonora ha vinto il Golden Globe ed è stata candidata all’Oscar di quell’anno — racconta la missione, la redenzione, il perdono in modo sublime, portando le immagini all’acme della loro potenza. Nel guardare Mission credo davvero sia stata la sua musica, quell’oboe suonato come un abbraccio, una carezza di conforto nel momento di totale abbandono, di disperazione, di solitudine, a farmi arrivare alle lacrime.

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In the mood for love (2000) Ricordo di aver comprato il cd della colonna sonora impressionata da come le musiche fossero riuscite a sottolineare la sensualità del film di Wong Kar-wai. Erotico, elegante, poetico, attraversato da suoni e temi che anche oggi — ascoltandoli slegati dalle immagini — mi riportano lì, a quel movimento in slow motion della signora Chan mentre scende e risale le scale.

 

Dancer in the dark (2000) Una scena per tutte, I’ve seen it all, quella in cui lei — Björk — salendo sul treno, getta i suoi occhiali da vista. Non le servivano più, aveva già visto tutto. L’anti-musical, come l’ha definito lo stesso regista Lars Von Trier. In realtà è tra i film più innovativi e moderni che abbia visto finora, con gli indimenticabili brani firmati da Richard Rodgers, Tom York e la stessa Björk. Un altro esempio di come la musica e la narrazione si fondano: i rumori prendono forma creando ritmi che a loro volta diventano basi pronte ad accogliere armonia e melodia. I’ve seen it all comincia proprio con il rumore del treno sui binari e la voce indistinta degli operai. Ed è lì, nell’incedere di quel suono metallico, che si leva in volo la melodia — «Ho visto tutto» — una canzone indimenticabile, candidata all’Oscar nel 2001.

 

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 L’amante (1992) Un altro film nel quale la musica si impone, infatti anche di questo comprai il cd della colonna sonora. Le sue note svelano, dischiudono la sensualità in tutte le sue forme, anche le più promiscue. A firmare le musiche è Gabriel Yared, altro grande artista vincitore dell’Oscar per la colonna sonora del film Il paziente inglese.

 

Lezioni di piano (1993) Il brano struggente composto da Michael Nyman, il pianoforte sulla spiaggia, lei (Holly Hunter) che suona e la bambina che balla. È questo il momento in cui il tema musicale — The heart asks pleasure first — irrompe sulla scena, immortalando in un istante tutti i tormenti e l’inquietudine di quella straordinaria storia d’amore che si è meritata una Palma d’Oroeaddirittura tre Oscar.

 

Frida (2002) Questo film merita un breve racconto. Andai a trovare un amico giornalista, qualche anno fa. Subito dopo avermi salutata tirò fuori il ritaglio di un suo articolo pubblicato qualche tempo prima su un settimanale. Era dedicato alla cantante Chavela Vargas. Gli dissi che non la conoscevo e lui miregalò quella pagina. La sera tornai a casa, tirai fuori dalla borsa da viaggio, tra le varie cose, anche regali che alcune ragazze mi avevano dato alla fine di un concerto. Tra ciondoli e animaletti di peluche venne fuori un cd: era la colonna sonora di Frida. Non avevo ancora visto il film diretto da Julie Taymor, ma ero attratta dalla copertina e dai suoi colori. Aprii l’involucro di plastica, presi il libretto e cominciai a sfogliarlo. Scorsi un cerchio disegnato a penna sul titolo di una delle canzoni, molto probabilmente tracciato dalla ragazza che me lo aveva regalato. La canzone si intitolava Paloma negra.

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 Andai a leggere il nome della cantante che la interpretava: era Chavela Vargas. Lo presi come un segno: quel brano, quella voce, quell’interprete, dovevano entrare nella mia vita. Mi innamorai di quella canzone e quando vidi il film la conoscevo già a memoria. Ci sono altre due opere che mi sono rimaste addosso grazie alla musica; anzi, grazie a due sole canzoni. Entrambe dirette da Pedro Almodóvar. La prima, contenuta nel bellissimo Parla con lei e interpretata magistralmente da Caetano Veloso, si intitola Cuccuruccuccù Paloma, mentre la seconda è Volver, da cui la pellicola prende il titolo. La scena di Parla con lei vale tutto il film. Il protagonista si ritrova a una festa in casa di amici, mentre fuori, in giardino, gli ospiti si raccolgono intorno all’artista brasiliano che con la sua chitarra intona il brano: «Dicen que por las noches/ no más se le iba en puro llorar …». È lì, in quel puro pianto, che l’emozione divampa e coinvolge tutti, dal protagonista allo spettatore. Oggi quella canzone fa parte del mio repertorio e la suono ogni volta che ho l’occasione di fare concerti per sola chitarra. Con la stessa passione canto anche quel magnifico brano che è Volver — tratto appunto dal film omonimo — ispirata dalla strepitosa interpretazione di Estrella Morente.

 

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Indivisibili (2016) Indivisibili, come la bellezza delle canzoni di Enzo Avitabile e l’opera (prima) di Edoardo De Angelis. Un film sul senso di appartenenza tradito dall’inevitabile necessità di preservare la propria unicità. Una colonna sonora — vincitrice del David di Donatello e del Nastro d’argento — in perfetta sintonia con una storia davvero coinvolgente.

 

Passato prossimo (2003) Tra i compositori italiani di musica peril cinema, uno dei miei preferiti è Andrea Guerra. L’ho scoperto grazie all’opera prima di Maria Sole Tognazzi, Passato prossimo. Guerra ha saputo accompagnare con classe i flashback di un fine settimana estivo e uno invernale di cinque amici sospesi tra passato e presente. È un compositore che scrive anche canzoni: la più celebre è Gocce di memoria interpretata dalla meravigliosa voce di Giorgia per il film di Ferzan Özpetek La finestra di fronte. Suspiria Si tratta di un remake (diretto da Luca Guadagnino) non ancora uscito, ma che si preannuncia un capolavoro, almeno dal punto di vista della colonna sonora. Per la prima volta nella sua vita, Thom Yorke— a mio avviso un genio — firma le musiche di un remake della pietra miliare del cinema horror, Suspiria di Dario Argento. Se si mettono insieme un grande regista contemporaneo come Luca Guadagnino e un artista come Thom Yorke, è difficile non pensare che il risultato sia un’opera d’arte.

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