FLOP-ADVISOR – IL RISTORANTE-PESCHERECCIO “DIVINO”? MADDECHE’, TUTTO INVENTATO – LE RECENSIONI SU TRIPADVISOR ORMAI FINISCONO IN FARSA

L’inserzione-beffa assesta un nuovo colpo alla credibilità del sito delle recensioni dei viaggiatori - L'autore dello scherzetto dice di essere un ristoratore stufo dei giudizi inventati di sana pianta - Al “Daily Mail” ha raccontato di aver organizzato la farsa per dimostrare che sul portale non ci sono controlli…

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Elvira Serra per il "Corriere della Sera"

TripAdvisor falsiTripAdvisor falsi

Ci si sarebbe dovuti insospettire alla promessa di camerieri in muta pronti a buttarsi in acqua, spash!, e a tornar su in un baleno con il pesce appena ordinato. Ma come non credere a tutte quelle recensioni all'insegna di «un giorno perfetto», «ma come fanno», «semplicemente divino», «incredibile»? Troppo bello per essere vero. E infatti non esisteva, se non nella mente di un imprenditore burlone, il ristorante-peschereccio teoricamente ormeggiato a Brixham, nel Devon, che per tre-mesi-tre ha scalato l'elenco di Tripadvisor dei migliori locali in quella contea inglese.

L'autore dello scherzetto dice di essere un ristoratore stufo delle recensioni inventate di sana pianta e pubblicate sul portale della più grande comunità virtuale di viaggiatori, fondata nel Duemila, duecento milioni di utenti unici, un fatturato di 246,9 milioni di dollari nel secondo trimestre del 2013 con una crescita del 25% anno su anno. Al Daily Mail questo signore ha raccontato di aver organizzato la farsa per dimostrare che sul portale non ci sono controlli: gli è bastato registrarsi con nome fasullo, Oscar Parrot, per inserire l'indirizzo vero di un ristorante inesistente, gestito dagli immaginari Colette e Alfredo.

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Possibile un tale pasticcio? Sì, hanno replicato i dirigenti di Tripadvisor: «Con oltre 70 recensioni postate ogni minuto su più di due milioni e settecentomila strutture in tutto il mondo, può succedere che un commento o un'azienda non conformi alle nostre linee guida sfuggano al nostro controllo».

Nel caso specifico, il ristorante «Oscar's» è stato rimosso. Il problema, però, è che ormai sono sempre più frequenti i giudizi inveritieri. E in Italia l'anno scorso, secondo una ricerca Nielsen, Connexia e Politecnico di Milano, un turista su due ha prenotato la vacanza proprio dopo aver letto un parere positivo su Internet.

Ecco perché inquietano i numerosi esposti alle associazioni di categoria che denunciano le nuove strategie di alcuni fornitori: per un acquisto non propongono più lo sconto, ma la possibilità di avere recensioni positive, magari anche in inglese e giapponese. Inoltre, se da un lato ci sono esercenti che regalano il servizio di accompagnamento all'aeroporto in cambio di un giudizio favorevole online, dall'altro ci sono anche clienti che pretendono lo sconto per non scrivere male sul web.

«Ovvio, non siamo contro i feed-back, ci mancherebbe!», precisa Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi. «I commenti sono uno strumento indispensabile per migliorare. Però bisogna assolutamente affermare il principio di responsabilità: un giudizio non può essere anonimo.

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Basterebbe chiedere a chi lo fa nome, data e numero di stanza in cui ha alloggiato per garantire al proprietario del locale il diritto di verifica e di replica».
Anche il presidente del Fipe Lino Stoppani, che rappresenta 230 mila pubblici esercizi e un milione di addetti in tutto il Paese, vorrebbe eliminare l'anonimato. «Basterebbe provare di essere stati in un certo posto esibendo lo scontrino fiscale».

Tripadvisor però non ci sente. La loro obiezione è: «Richiedere una prova d'acquisto ridurrebbe notevolmente il numero di recensioni sul sito, mentre i visitatori danno valore sia alla quantità che alla qualità dei commenti».

Resta il fatto che aumentano le società di marketing specializzate nel fornire giudizi favorevoli online: i prezzi vanno da 25 euro a recensione in su. TripAdvisorSuccess.com indica addirittura tutto un percorso per migliorare le «prestazioni», con tanto di listino dei «commenti positivi garantiti».

Certo, ci si potrebbe affidare a intermediari che chiedono il riscontro direttamente a chi ha acquistato un servizio e poi lo pubblicano sulla pagina web dell'esercente, senza censure. È quanto fa, per esempio, Zoorate, che per questo ha messo a punto un software. «Si chiama Feedaty, lo stiamo utilizzando da qualche mese sul mercato turistico», spiega l'amministratore delegato Matteo Hertel. Ovviamente non è gratis: si pagano 129 euro per un anno.

Federalberghi ha presentato al governo un pacchetto di proposte per assicurare che il diritto di manifestare il proprio pensiero, pur garantito dalla Costituzione, «non si trasformi nella licenza di offendere e vilipendere senza doverne rispondere». Il presidente Bernabò Bocca aggiunge: «Ci stiamo muovendo anche a livello europeo con i nostri omologi per chiedere una direttiva comune». E risparmiarsi il viaggio alla ricerca di ristoranti-pescherecci fantasma.

 

 

 

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