1. HABEMUS PAPAM IN VIA SOLFERINO? PARE DI SÌ. CON UN PO’ DI SFORZO CEREBRALE KAKY ELKANN HA CAPITO CHE IL SUO CANDIDATO-DIRETTORE AL “CORRIERE DELLA SERA”, MARIOPIO CALABRESI, ERA DESTINATO A INFRANGERSI DAVANTI AL NO DI BAZOLI E DELLA VALLE E CAIRO 2. E IL RAM-POLLO DI CASA AGNELLI HA SCOVATO UN NOME CUI NON SI PUÒ DIRE DI NO: FRANCESCO GUERRERA, 41ENNE GIORNALISTA NATO A MILANO, DIECI ANNI AL ‘’FINANCIAL TIMES”, ORA IN FORZA AL ‘’WALL STREET JOURNAL’’ COME RESPONSABILE DI ‘MONEY & INVESTING’ E COLLABORATORE DE ‘’LA STAMPA’’. SCOTT JOVANE L’HA GIÀ INCONTRATO

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1. DAGOREPORT

Habemus papam in via Solferino? Pare di sì. Con un po’ di sforzo cerebrale Kaky Elkann ha capito che il suo candidato-direttore Mariopio Calabresi era destinato a infrangersi davanti al no di Bazoli e Della Valle e Cairo. E ora il ram-pollo di casa Agnelli avrebbe ora trovato un nome cui non si può dire di no: Francesco Guerrera, 41enne giornalista nato a Milano, ex ‘’Financial Times”, ora in forza al  Wall Street Journal come responsabile di  ‘Money&Investing’ e collaboratore del quotidiano La Stampa . L’ad di Rcs Scott Jovane l’ha già incontrato.

francesco guerrera francesco guerrera

 

2. CHI È FRANCESCO GUERRERA

Intervista a Francesco Guerrera di Veronica Valli per http://news.you-ng.it/ , pubblicata il 17 luglio 2013

 

Abbiamo incontrato Francesco Guerrera, giovane giornalista italiano in forza al  Wall Street Journal’s  Money&Investing e collaboratore del quotidiano La Stampa. Nato a Milano, Guerrera ha iniziato a muovere i primi passi nell’editoria proprio all’estero, in Inghilterra, dove si era trasferito per studiare.

 

SERGIO MARCHIONNE E JOHN ELKANN SERGIO MARCHIONNE E JOHN ELKANN

Successivamente si è occupato di economia e politica muovendosi tra Londra, Bruxelles, Hong Kong e New York, lavorando, tra gli altri, per il noto quotidiano  Financial Times. Il giornalista è stato recentemente insignito del prestigioso Premio Internazionale di Giornalismo del Premio Ischia, entrando nell’albo d’oro al fianco di personalità come Indro Montanelli, Enzo Biagi e Joaquin Navarro Valls.

ASSEMBLEA GENERALI DI BANCA DITALIA SERGIO MARCHIONNE E JOHN ELKANN FOTO LA PRESSE ASSEMBLEA GENERALI DI BANCA DITALIA SERGIO MARCHIONNE E JOHN ELKANN FOTO LA PRESSE

 

Iniziamo dal principio, quindi dal tuo lavoro. Scrivi da anni per testate straniere, soprattutto statunitensi; rispetto a com’è la professione in Italia, che differenze riscontri nel fare il giornalista all’estero?

In realtà, non ho mai lavorato nel giornalismo in Italia. Nel senso che sono collaboratore de La Stampa ma è una cosa diversa. Una delle cose che mi ha spinto a trasferirmi all’estero è stata proprio la difficoltà di trovare lavoro qui in Italia, così mi sono spostato in Inghilterra per motivi di studio e poi ci sono rimasto per lavorare.

 

L’Italia è l’unico Paese in cui esiste un ordine de giornalisti, mentre altrove si può svolgere liberamente la professione. Come ti poni rispetto a questa cosa, sei d’accordo con chi vorrebbe abolire l’Ordine?

Per me una sua ragion d’essere c’è ancora. E’ come se fosse una sorta di sindacato che ha un certo “controllo di qualità” sulla professione, perché all’estero potenzialmente chiunque può fare il giornalista. Direi che dove non esiste non creerei un Ordine ma in Italia, che è una realtà affermata, non lo abolirei.

DIEGO DELLA VALLE DA LILLI GRUBER A OTTO E MEZZO DIEGO DELLA VALLE DA LILLI GRUBER A OTTO E MEZZO

 

Nonostante il fatto che ti occupi di economia, settore non facile, i tuoi articoli sono sempre molto fruibili rispetto a tanti altri del settore. Come fai ad impostare così chiaramente l’argomento?

Quando scrivo articoli in italiano, come per la mia rubrica su La Stampa, siccome si tratta di un quotidiano generalista con un’utenza di vario tipo, cerco sempre di spiegare in modo chiaro, facendo molti esempi. Ovviamente, conoscere bene la materia aiuta sempre. Per quanto riguarda il giornalismo anglosassone in generale, ci muoviamo su un livello diverso, poiché è molto più orientato verso la spiegazione precisa dell’argomento.

 

Per me oramai è diventato quindi normale scrivere in modo molto chiaro, anche su giornali specializzati, cercando di spiegare tutto con semplicità e concisione, altro fattore molto importante. La regola è comunque sempre quella di capire la materia, perché altrimenti è difficile parlarne e farla capire a terzi. Anche chiedere a una fonte esperta è un buon modo per riuscire a illustrare meglio una tematica, soprattutto se siamo davanti a un gergo complicato e di non facile comprensione.

RENZI E DELLA VALLE A FIRENZE FOTO ANSA RENZI E DELLA VALLE A FIRENZE FOTO ANSA

 

Spostiamoci per un attimo dall’argomento lavoro. Hai vissuto per molti anni all’estero e ora sei fisso negli Stati Uniti. Hai mai pensato di tornare a vivere in Italia?

Sì, ci ho pensato ma ho anche realizzato che dal punto di vista giornalistico, non avrei molto da offrire stando in Italia. La vedo difficile, perché non è facile come si può pensare raccontare il proprio Paese per un giornale straniero, soprattutto non dare per scontate cose che magari tu sai ma che sono ignote a chi ti legge. Inoltre, per chi si occupa di finanza come me, New York è la città ideale, perché è uno dei fulcri dell’economia globale.

 

Come vedi l’attuale momento politico del nostro Paese?

La mia esperienza è sicuramente filtrata dal fatto che non vivo in Italia. All’estero, la visione del nostro Paese è sicuramente migliorata in generale, sia tra gli investitori, che tra i politici e tra i comuni cittadini, il che è sicuramente una cosa positiva. Oramai l’Italia non è più vista come un problema per la zona euro. Di sicuro il governo attuale sembra migliore rispetto a quello che c’era prima.

 

Torniamo sull’argomento lavoro. Sei molto attivo anche sul web, sei tra i sostenitori che soppianterà la carta stampata?

GIOVANNI BAZOLI E ROMANO PRODI FOTO LAPRESSE GIOVANNI BAZOLI E ROMANO PRODI FOTO LAPRESSE

Credo che ci vorrà molto tempo perché il web sostituisca completamente la carta stampata. E’ un dato di fatto che c’è ancora una buona fetta di lettori che preferisce il cartaceo all’online. Anche per quanto riguarda il Wall Street Journal, abbiamo una fascia di lettori più anziani, che legge il giornale da sempre e preferisce comprare la versione tradizionale ma c’è anche un gruppo di nuovi lettori, sicuramente più giovani, che predilige la carta stampata. In generale, per quanto riguarda le tematiche di approfondimento, quindi l’economia, la cultura e via discorrendo, i lettori anche giovani continuano a preferire i giornali cartacei, perciò non credo che nell’immediato futuro il web riuscirà a soppiantarli.

 

GIANNI LETTA E GIOVANNI BAZOLI CHE RICEVE LA LEGION D ONORE FOTO LAPRESSE GIANNI LETTA E GIOVANNI BAZOLI CHE RICEVE LA LEGION D ONORE FOTO LAPRESSE

Per me non importa, nel senso che io, come tutti i giornalisti, faccio un prodotto e poco conta il modo in cui viene fruito perché quel che conta è che venga appunto “consumato”. Il problema non risiede nella distribuzione o nel media utilizzato ma è una questione finanziaria o economica, perché il lettore deve decidere di pagare un determinato contenuto. Quindi se i lettori decideranno di continuare a pagare per un prodotto, che sia cartaceo o online, potremo continuare a svolgere il nostro lavoro, altrimenti sarà molto difficile. La stampa è comunque flessibile, nel senso che si adatta a ciò che i lettori vogliono e quindi credo che poco importi su quale supporto debba veicolarsi.

 

Hai dei siti italiani d’informazione o dei blog che preferisci e che visiti di frequente?

LUIGI GUBITOSI ANDREA CECCHERINI FERRUCCIO DE BORTOLI MARCUS BRAUCHLI VICE PRESIDENTE WASHINGTON POST LUIGI GUBITOSI ANDREA CECCHERINI FERRUCCIO DE BORTOLI MARCUS BRAUCHLI VICE PRESIDENTE WASHINGTON POST

Visito sempre i siti dei principali quotidiani italiani, quindi Repubblica, Stampa e Corriere e poi alcuni siti specializzati di economia. Più che siti o blog, che secondo me spesso sono troppo personali, mi piace seguire le persone o ciò che mi interessa soprattutto su Twitter. Sono anche su Facebook ma lo uso poco.

 

Come sai, la situazione per i giovani giornalisti italiani non è delle migliori e molti pensano di andare a lavorare all’estero. Che consiglio daresti a chi cerca di intraprendere la tua stessa strada?

 

FERRUCCIO DE BORTOLI FERRUCCIO DE BORTOLI

Conoscere benissimo la lingua è fondamentale, perché si deve competere con gente madrelingua, cosa non proprio semplice. In generale, non bisogna comunque mai scoraggiarsi e magari un buon consiglio può essere quello di partire in piccolo, da un piccolo giornale o agenzia di stampa, che consentano di imparare bene i rudimenti della professione e anche di perfezionare la lingua e lo stile. Poi bisogna comprendere la materia di cui si intende trattare, essere curiosi, cercare di capire ciò che succede attorno a noi, cose che sono tendenzialmente declinabili anche al giornalismo italiano o di qualsiasi Paese.

 

Domanda di rito. Quali progetti hai per il futuro?

Al momento, sono contento del mio lavoro al Wall Street Journale della mia collabo razione con La Stampa, da cui è nato qualcosa di molto interessante. Una delle cose che mi è piaciuta di più è che c’è un bel feedback coi lettori e per me avere uno scambio con loro è molto importante, altrimenti credo che scrivere avrebbe poco senso. Sto pensando anche a scrivere un libro ma ci vuole del tempo, che per il momento mi manca, quindi non ho nulla in cantiere, almeno a breve termine.

CAIRO CAIRO

 

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