UN INCASSO DA HORROR - CI VOLEVA “IT” PER RIPORTARE GLI AMERICANI AL CINEMA DOPO L’ESTATE MENO REDDITIZIA AL BOX OFFICE DEGLI ULTIMI DIECI ANNI - SE LE SERIE TV HANNO CANNIBALIZZATO IDEE E CONTENUTI, IL CINEMA PUNTA SULLA PAURA: HA UN BUDGET CONTENUTO, ZERO STAR, PARLA UN LINGUAGGIO UNIVERSALE, E’ CATARTICO E SPETTACOLARE

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Francesco Alò per il Messaggero

 

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It vuol dire anche Italia. Il mostro ha debuttato nei nostri cinema con un milione di incasso giovedì scorso (record per un horror da noi), è cresciuto venerdì e sabato ed ha avuto un minuscolo calo ieri. Oggi si può stabilire un totale da 6 milioni e mezzo con quasi diecimila euro di media per sala. Solo La Bella e la Bestia aveva fatto di più (6,9 milioni di euro) nel primo weekend in questo 2017.

 

Ma la bestia It non è l’unico mostro redditizio del presente. La paura fa il novanta per cento degli incassi e induce quasi alla speranza perché se non ci fosse l’horror, la situazione sarebbe orribile. It di Andy Muschietti, da romanzo di culto degli anni ‘80 firmato Stephen King, è un pagliaccio sovrumano e trasformista, tormento degli adolescenti della fantomatica cittadina di Derry nel lontano 1989 (il libro è del 1986).

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MOSTRO

Tale mostro è in grado di dare corpo alle loro paure e sensi di colpa più profonde e condivisibili ma soprattutto è stato capace di riportare gli spettatori nei cinema in America nel 2017 (con 600 milioni di dollari d’incasso, e solo 30 di investimento produttivo, ha superato addirittura L’esorcista del 1973 nella classifica horror di sempre) dopo l’estate meno redditizia al box office Usa degli ultimi dieci anni per non parlare di un’Italia in situazione ancora più drammatica visto che nessun film ormai riesce ad avere più di 3 milioni di spettatori al botteghino (l’incasso top del 2017, Cattivissimo Me 3, sta a 2,7).

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I supereroi continuano a volare alto dal 2000 (grazie a una piattaforma editoriale che sfornerà film per i prossimi 20 anni) ma tutto il resto no: Blade Runner 2049 e Dunkirk dovevano fare di più. C’è preoccupazione nell’ambiente. La tv domina, plasma l’immaginario collettivo, ha una qualità pazzesca e attrae tutti. E allora il cinema si gioca la carta dell’horror: basso budget, zero star (il mostro è truccato e può essere chiunque), universale (tutti abbiamo paura), catartico (anche se tremi, stai in una sala con altre persone), spettacolare (se lo shock è così forte, vale la pena uscire di casa).

 

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L’horror eccita (sessualmente fa miracoli perché induce le coppie a pomiciare) e, dopo anni di insulti e sottovalutazione, piace sempre di più a quell’entità pure più strana e inafferrabile del mostro Pennywise di It: la critica cinematografica. The Shape of Water di Guillermo del Toro ha vinto un mese fa a Venezia. Mai successo nella Storia della Mostra che l’horror prendesse il Leone d’Oro.

 

Se un tempo era un genere disprezzato usato per farsi le ossa (Cronenberg, De Palma, Raimi, Stone, Spielberg, Landis e Peter Jackson vengono da lì) o dai veterani per sperimentare (Psyco fu ritenuto osceno, L’occhio che uccide degradante, Shining spernacchiato e candidato a due Razzie Award nella prima stagione del premio anti-Oscar), oggi l’horror ha il rispetto di chiunque.

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Il mostro d’altronde è all’origine di un’arte nata a sua volta con la psicoanalisi nel 1895. Ne abbiamo visti di tutti i colori partendo dal bianco e nero figlio della letteratura vittoriana (primo mostro star al botteghino: il vampiro Nosferatu di Murnau del 1922) ai serial killer della porta accanto. Fino a dove arriverà It?

 

Oggi non vediamo ancora il limite. Il libro di King è osannato dai quarantenni mentre il film è più per ventenni, ben disposti verso questo recupero degli anni ‘80 grazie alla serie Netflix Stranger Things cui It di Muschietti è collegato anima e corpo (c’è anche un attore in comune: il quindicenne FinnWolfhard).

 

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Ci piacerebbe che anche in Italia, dove l’horror incassa bene da sempre, qualcuno ragionasse su un dato più inquietante del Clown Danzerino Pennywise: non facciamo più paura a nessuno. Noi, un tempo maestri del genere copiati e invidiati da tutti con Bava, Argento e Fulci, siamo incapaci di adeguarci ai tempi.

 

Noi, paese cattolico, non facciamo altro che importare film sull’esorcismo senza farne di nostri (il documentario di Federica Di Giacomo Liberami, trionfatore a Venezia nel 2016, diventerebbe un horror all’italiana coi fiocchi). Speriamo che qualcuno torni a sbattere il mostro in primo piano anche da noi. Perché avere un cinema italiano senza horror oggi, fa veramente paura.

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