“NEGLI STATI UNITI SAREMMO VENERATI COME STEVEN SPIELBERG” – IL GRANDE CRUCCIO DI CARLO VANZINA TROPPO SPESSO CONSIDERATO DAI CRITICI UN CINEASTA DI SERIE B: “PIÙ I NOSTRI FILM GUADAGNAVANO MILIARDI, PIÙ CI CONFINAVANO NEL TRASH” – A BRUCIARGLI ERA L’ACCUSA DI ESSERE IL DEMIURGO DEI ‘CINEPANETTONI’ - CARLO VERDONE: "MERITAVA PIU’ RISPETTO DA PARTE DELLA CRITICA" - VIDEO

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sordi carlo enrico vanzina sordi carlo enrico vanzina

 

Antonello Piroso per La Verità

 

È la politica pop, molto più pop di quanto avrebbero potuto immaginare i fratelli Vanzina. Cui va riconosciuto il merito di aver fatto non film nostalgici sul passato, ma film distopici sul futuro». Chissà, a Carlo Vanzina forse non sarebbe dispiaciuto avere il tempo di leggere questo riconoscimento sulla prima pagina di ieri del Corriere della Sera, dove ci si occupava della corrispondenza d' amorosi sensi politici, a colpi di tweet, tra Jerry Calà, definito «un giullare», e il ministro pentastellato Luigi Di Maio.

 

Per ironia ulteriore della sorte, proprio quel Jerry Calà che deve parte della sua fama all' essere stato tra i protagonisti di un film corale uscito 35 anni fa nelle sale, Sapore di mare, ambientato nella Versilia dorata degli anni del boom, sceneggiatura di Carlo ed Enrico Vanzina, per la regia del più giovane dei due, Carlo.

 

de sica carlo vanzina de sica carlo vanzina

Che è morto proprio ieri, a 67 anni, dopo aver lottato «per mesi come un leone» (così lo ricorda ora Carlo Verdone) contro la malattia. A darne notizia sono stati la moglie, Lisa Melidoni, ed Enrico, con una nota in cui si legge: «Nella sua amata Roma, dov' era nato, ancora troppo giovane e nel pieno della maturità intellettuale, dopo una lotta lucida e coraggiosa contro la malattia ci ha lasciati il grande regista Carlo Vanzina, amato da milioni di spettatori ai quali, con i suoi film, ha regalato allegria, umorismo e uno sguardo affettuoso per capire il nostro Paese».

 

L' annuncio - «un tuffo al cuore inaspettato» (così Gabriele Muccino) - ha colpito molto anche in virtù del carattere e dello stile della persona: a leggere i social, si ritrovano espressioni quali «mai sopra le righe», «lontano da ogni forma di esibizionismo», «un carattere dolce e riflessivo», «educato e perbene», il che non è poco dal momento che nel cosiddetto «rutilante» mondo della cinematografia e, più in generale, dello spettacolo, volgarità, arroganza e supponenza abbondano.

UN GIORNO IN PRETURA STENO CON CARLO ED ENRICO VANZINA UN GIORNO IN PRETURA STENO CON CARLO ED ENRICO VANZINA

 

sempre con la cinepresaRegista, sceneggiatore e produttore, Vanzina è vissuto nel mondo del cinema fin dall' infanzia (già a un anno era il piccolo Filippo in Totò e le donne diretto dal padre Steno). Ma è sempre stato il primo a riconoscere di essere stato avvantaggiato, nella carriera, dalle sue origini.

Anzi, a ogni occasione ricordava, con gratitudine e riconoscenza, la figura del padre e il fatto che nella sua casa fossero passati tutti: personaggi come Totò, Ugo Tognazzi, Mario Monicelli, Ennio Flaiano, Mario Camerini e Dino Risi. Favorito, però fino a un certo punto. Aggiungeva lo stesso Vanzina: «Mio padre mi portò da Monicelli che era un suo grande amico.

 

Mi trattò malissimo, non voleva certo che mi sentissi privilegiato in quanto "figlio di"» (Monicelli lo prenderà comunque a bottega come aiuto regista sul set di Brancaleone alle crociate, 1970).

i critici ingenerosi È toccato tuttavia a Verdone mettere il dito sulla piaga: «Ogni tanto parlavamo della critica e lui era molto dispiaciuto. Carlo credeva ci fosse bisogno anche di un cinema di evasione e, va detto, lui ha raccontato con grande bravura il mondo dei giovani degli anni Ottanta come il suo ambiente. E lo ha fatto sempre con un grande senso di pulizia, di educazione, senza volgarità. Era sempre delicato con il racconto che stava affrontando e, sicuramente, meritava più rispetto da parte della critica».

 

de sica carlo vanzina de sica carlo vanzina

Era il suo più grande cruccio, in effetti, quello del rapporto con le «vacche sacre» della categoria, di cui pativa i giudizi perché li riconosceva innanzitutto come pregiudizi. In un' intervista a Barbara Palombelli nel 2005, che poi l' anno dopo finirà nel libro raccolta Registi d' Italia della medesima autrice, Vanzina si esprimeva così: «Ci hanno confinati in serie B per anni, ne abbiamo sofferto, poi finalmente siamo stati sdoganati: abbiamo contribuito a fissare per sempre l' immagine di una certa società italiana, lo capì per primo il critico di Repubblica Paolo D' Agostini. Ma chi ha ridicolizzato gli yuppies, quei quattro zozzoni che litigavano al ristorante al momento del conto? E i nobili, le finte bionde, la mania della palestra, i circoli come sedi di affari? Per un lunghissimo periodo, è stata dura: più i nostri film guadagnavano miliardi, più ci confinavano nel trash».

 

in ricordo di carlo vanzina 6 in ricordo di carlo vanzina 6

i film di spessoreGià. Perché le pellicole da lui dirette incassavano al botteghino, fotografando - sotto forma di commedia - lo spirito del tempo, con i suoi pregi e i suoi difetti. Da Eccezzziunale...veramente a Yuppies, da Sotto il vestito niente a Via Montenapoleone, da I miei primi quarant' anni (sulle gesta pubbliche e private di Marina Ripa Di Meana) a Tre colonne in cronaca (con Gian Maria Volontè e Sergio Castellitto), i fratelli Vanzina si sono imposti come un brand inconfondibile. E se anche ora c' è chi è pronto a esprimere banali ovvietà - «Non stiamo parlando dei fratelli Coen», «Vanzina non era Mario Monicelli o Federico Fellini» -, non va dimenticato che, per esempio, un film di quelli che si evocano di meno, e che invece aveva uno spessore che può essere negato solo da chi ostinatamente non lo vuole riconoscere, e cioè Il pranzo della domenica, incontrò i favori del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Raccontava Vanzina: «Nel 2003 andai al Quirinale alla proiezione del film, perfetta storia in par condicio tra il comunista e il fascista. Ciampi fu molto affettuoso, si divertì molto».

 

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Ma più di tutto a bruciargli era l' accusa di essere il demiurgo del filone dei vituperati «cinepanettoni». Una volta commentò: «Cinepanettone è un' invenzione giornalistica, non nostra. È un' etichetta che mi dà un po' fastidio, perché fa sembrare il film un prodotto da mangiare. E poi non tutti i film che chiamano cinepanettoni sono uguali». La leggenda - perché di questo si tratta: un pigro omaggio al luogocomunismo - nasce perché nel 1983, l' anno di Sapore di Mare, uscì anche Vacanze di Natale, che verrà replicato con un sequel ben 17 anni dopo con Vacanze di Natale 2000. Stop. Gli altri film iscrivibili al genere sono stati firmati da altri, in primis da Neri Parenti.

 

Giudizi convergenti sulla «leggerezza» e l'«allegria» di Vanzina, unita alla sua capacità di analizzare, in chiave ironica, vizi e tic del carattere italiota, sono infine quelli provenienti dalla politica: da Paolo Gentiloni a Matteo Salvini, da Nicola Zingaretti a Giorgia Meloni, da Giovanni Toti a Virginia Raggi, fino al ministro della cultura Alberto Bonisoli.

enrico e carlo vanzina con steno enrico e carlo vanzina con steno

 

E così la parabola, comune in fondo ad altri esponenti della commedia all' italiana, basti pensare a Totò, è completa: criticato, irriso, dileggiato in vita. Celebrato e venerato ora che non c' è più. Un libro del giornalista Neil Strauss s' intitola Tutti ti amano quando sei morto. Per questo vale come epitaffio -che non vuole suonare come una provocazione, perché a pronunciarlo in vita è stato lo stesso Vanzina - la frase che un giorno decise di scolpire a futura memoria: «In una cinematografia seria come quella americana noi Vanzina saremmo venerati come Spielberg. Qui in Italia dobbiamo vergognarci». Amen.

 

 

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