IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - MILOS FORMAN, CHE SE NE E’ ANDATO IERI A 88 ANNI, ERA TRA I POCHISSIMI, AD HOLLYWOOD, A POTER COSTRUIRE SU TESTI TEATRALI , DELLE GRANDI OPERE CINEMATOGRAFICHE POPOLARI "QUALCUNO VOLÒ SUL NIDO DEL CUCULO" E "AMADEUS", OVVIAMENTE, NON SI TOCCANO. COME LA SUA VERSIONE DI "HAIR". PER NON PARLARE DI UN CAPOLAVORO COME "LARRY FLYNT"… - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

Qualcuno volò sul nido del cuculo e Amadeus, ovviamente, non si toccano. Milos Forman, che se ne è andato ieri a 88 anni, aveva vinto 5 Oscar per il primo e 8 per il secondo e non so più quanti Golden Globe. Era tra i pochissimi, ad Hollywood, a poter costruire su testi teatrali o comunque chiusi in certi spazi, delle grandi opere cinematografiche popolari rendendo delle star anche attori fino ad allora ignoti, come Tom Hulce o F. Murray Abrahams.

 

Non si tocca neanche la sua versione di Hair con Treat Williams e Beverly D’Angelo, magari un po’ tarda rispetto all’opera rock, ma con una grande partecipazione di Nicholas Ray come attore nel ruolo di un arcigno generale. Per non parlare di un capolavoro come Larry Flynt con Woody Harrelson, prodotto da Oliver Stone, che scava dietro l’impero di un magnate del porno e la sua lotta contro il governo americano. E traccia una storia dell’America, a modo suo. Anche Taking Off, il suo primo film americano, lo ricordo con grande affetto, soprattutto perché offrì allo sceneggiatore Buck Henry, un genio del cinema americano anni ’60, un ruolo da protagonista.

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Si esibisce anche assieme a Lynn Carlin nello strip poker più divertente che abbia mai visto al cinema. E i suoi tre meravigliosi film girati in Cecoslovacchia? Asso di picche, Gli amori di una bionda, Al fuoco pompieri… Allora, quando vennero distribuiti in Italia anche con tagli e cambiamenti assurdi, sembrava che potesse nascere davvero qualcosa di grande a Praga. Con l’arrivo dei carri armati sovietici, però, sia Forman che Ivan Passer trovarono più salutare scappare in America.

 

Il cinema ceco venne massacrato e Forman seppe ambientarsi benissimo. Sembrava che ci fosse sempre stato. Al punto da poterne raccontare le storie americane più assurde dal di dentro, non con un occhio esterno da europeo. E’ per questo, credo, che trovo un capolavoro il suo Man on the Moon, il film dove Jim Carrey impazzisce “dentro” il personaggio del comico Andy Kauffman e del suo alter ego virtuale, Tony Clifton. Chi ha visto l’incredibile documentario sul backstage del film, Jim&Andy, presentato a Venezia nel 2017, si rende conto di quel che ha davvero rappresentato il film sia per Forman che per Carrey, del loro legame e del dialogo continuo tra regista e un attore che è diviso in ben tre personaggi continuamente. L’eleganza, la grazia, la passione, l’intelligenza di Forman rendono quel film qualcosa che va oltre il buon film e il rapporto fra regista e attore qualcosa di veramente sconvolgente.

 

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Una “esperienza monumentale”, ha ricordato ieri lo stesso Jim Carrey, perché solo Forman avrebbe potuto spingere fino a tal punto e sopportare fino a tal punto l’esplosione di Jim-Andy-Tony. Nessuno dei suoi grandi attori, Jack Nicholson, Annette Benning, F. Murray Abrahams sembra più lo stesso dopo aver lavorato con lui. Come se fossero esperienze fondamentali e devastanti. Curiosamente, nelle interviste che vediamo di Forman, ne ricordo una stupenda per il documentario di Abel Ferrara sul Chelsea Hotel, dove a lungo aveva abitato il regista, sembra la persona più tranquilla e comprensiva del mondo. Credo che la grande carica umana di Forman come persona sia abbastanza evidente nei suoi film, che sono tutti, più o meno riusciti, metto nel mucchio anche Valmont e Ragtime, grandi esperienze umane. Non sono mai solo cinema.

 

 

 

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