Antonio Dipollina per “La Repubblica”
IlarIa Dallatana
C’è molta agitazione su questo Giovani e Ricchi mandato lunedì a tarda sera da RaiDue, doc dedicato ad alcuni rampolli ramo nababbi di casa nostra invitati a spiegare e raccontare in dettaglio come si vive da miliardari. Una sarabanda sui social, difese granitiche da parte della Rai (tutto nasce dall’estro sbarazzino della direttora di RaiDue Ilaria Dallatana e dai suoi trascorsi di tv spregiudicata quanto redditizia).
Ma qui, pur in epoca in cui tutti implorano cambiamenti in Rai, siamo nel santuario televisivo dove bisogna usare cautele, erano già arrivate le reprimende dello specializzato piddino Anzaldi — Commissione vigilanza — e tirava aria di grande sospetto sul programma (che, a meno che non siano tutti matti, durava solo quella puntata).
GIOVANI E RICCHI
Ora è andato in onda, con discreto riscontro di pubblico (i soldi, le belle macchine, più varie ed eventuali). Ovvio che un progetto simile dovrebbe volare da una finestra di viale Mazzini lanciato da una mano pietosa, non entrarvi dalla porta principale. Ma quello che spaventa è l’inconsistenza del lavoro visto in onda, teso soprattutto a insidiare questi tizi col tono: mi dica quanto costano queste scarpe.
GIOVANI E RICCHI
Come? No, mi deve dire molto di più. È partito anche il paragone con la celebre inchiesta di Riccardo Iacona in Sardegna (ma per favore). Però tutto si tiene e appare moderno, in linea coi tempi: i rampolli sono famosi perché si auto-promuovono su Instagram, la cosa è diventata tv perché “funziona sui social” e infine è stata sommersa di indignazioni feroci su Twitter. Il cerchio si chiude, in un percorso che si potrebbe sintetizzare con una parola sola (un termine che indica autoriferimento fisico) ma la dovrebbe dire il governatore De Luca che la usa spesso.
ANTONIO DIPOLLINA
