1. PAOLA PITAGORA SI RACCONTA: L’ARTE, IL CINEMA, IL SESSO. ‘DOPO 'I PUGNI IN TASCA’ MI CHIAMAVANO INTELLETTUALE DEL CAZZO’. LA FAMA CON LUCIA NE ‘I PROMESSI SPOSI’: ‘IO CHE FACCIO IL VOTO DI VERGINITÀ? MA VOGLIAMO SCHERZARE!’ - RENATO MAMBOR, MORANDI, FELLINI
2. I PRODUTTORI? ‘MASCHILISMO PURO. E NEGLI ANNI ’70 ERA PEGGIO. TRA UNA CANNA E UN BICCHIERE DI VINO TI DICEVANO: 'CHE NUN CE VIENI CON ME?' NO. 'ALLORA SEI UNA BORGHESE'
3. ‘GLI ATTORI NON HANNO ETICA. SIAMO SERI: BANDERAS NON PARLA CON LA GALLINA IN NOME DELL’ARTE. E PER LE DONNE C’È UNA PENDENZA IN PIÙ: ‘A CHI L’HAI DATA?’. MA UNA PERSONA SE LA VEDE TRA SÉ E SÉ, E NON SI DEVE MAI DIRE 'IO NON L' HO DATA A NESSUNO' O 'IO L' HO DATA A'
4. IL MUTUO PAGATO CON ‘INCANTESIMO’, GASSMAN, POLITICA, TEATRO, BARBATO E ZAVOLI

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Alessandro Ferrucci e Fabrizio Corallo per ‘il Fatto Quotidiano

 

 

PAOLA PITAGORA LIBRO FIATO D ARTISTA PAOLA PITAGORA LIBRO FIATO D ARTISTA

Sembra un racconto alla John Fante, o in stile Moehringer, ma siamo a Roma, sono i primi anni Sessanta, quando i sogni si confondevano con la realtà e Paola Pitagora stava per entrare nel mondo fatato di Fellini: "Tutto è nato da un distributore di benzina, Renato (Mambor) lavorava lì, la sua arte non bastava per vivere, quindi bene arrangiarsi.

 

Un giorno si ferma un' auto, un' auto importante, dentro c' erano Federico Fellini e il suo aiuto-regista, Guidarino Guidi. Guardano Renato e restano folgorati: era alto quasi due metri, bellissimo, grande personalità, spiccava nella sua tuta azzurra. Viene ingaggiato per la Dolce vita, e mi porta con sé. Ci amavamo e condividevamo".

 

Paola Pitagora racconta quegli anni improvvisi, "vissuti quasi con incoscienza", in un libro bello, vero, di atmosfera (Fiato d' artista. Dieci anni a Piazza del Popolo, ripubblicato di recente da Sellerio), costruito tra i vicoli della Capitale, la solidarietà, le discussioni, il maschilismo, la politica e le aspettative di un gruppo di artisti (da Kounellis a Pino Pascali, fino a Schifano oltre allo stesso Mambor) ancora lontano dall' incidere il proprio nome e cognome negli annali dell' arte.

renato mambor paola pitagora renato mambor paola pitagora

 

Era il tempo delle mezze porzioni al ristorante

Sì, ma le chiedevamo abbondanti. Oppure puntavamo sulle minestre, magari intere, costavano meno e davano sollievo allo stomaco.

 

Non c' era una lira

Zero. E vivevamo al centro di Roma, tutti gli studi degli artisti erano intorno a piazza del Popolo, giravamo sempre per quel triangolo, la nostra vita racchiusa in un fazzoletto. Una meraviglia non ce ne rendevamo conto.

 

Di cosa, in particolare?

Di quanto fosse bella quella Roma. Unica. Stimolante.

 

Era anche l' epoca di via Veneto.

paola pitagora i pugni in tasca paola pitagora i pugni in tasca

Lontanissima da noi: eravamo dei poveracci, non ci andavamo, era per cinematografari, vip, turisti statunitensi, altri prezzi, altre liturgie, altra generazione.

 

Vietata a voi

Il punto è un altro: non ci veniva proprio in mente. Con Renato abbiamo sfiorato quell' atmosfera solo con la comparsata nella Dolce vita. Ah, Anita Ekberg era strepitosa.

 

Bella come poche.

Circondata da una serie infinita di innamorati, da Walter Chiari a scendere, tutti appresso a lei, a contendersela, mentre aveva già scelto il preferito: Gianni Agnelli. O almeno così si diceva

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Insomma, tutto nasce per un rifornimento di benzina

Professionalmente devo molto a quel caso. L' unica domanda che l' assistente di Federico fece a Renato, fu: 'Sai ballare?'. Sì. 'Bene'. Poi prese il suo telefono e se ne andò.

 

E dopo?

Renato ottiene un appuntamento e si porta dietro la ragazza, cioè io. L' ingaggio era di ben 15 mila lire, una cifra pazzesca, noi inebriati di ricchezza, e per lavorare appena una settimana e di sera.

 

I suoi genitori erano d' accordo con le aspettative d' attrice?

Mia madre no, era l' epoca del 'cosa ti laurei a fare, tanto ti devi sposare'. Volevano mi iscrivessi a un corso da segretaria d' azienda e a 19, 20 anni avrei avuto un impiego fisso.

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Lei non ci pensava minimamente.

Ci ho provato, poi la malinconia mi ha assalito, mi sono iscritta a una scuola di recitazione part-time, dove ho incontrato Mambor. Però non intendevo intraprendere questo mestiere, volevo solo uscire da un bozzolo.

 

Poi ha frequentato la celebre scuola di Alessandro Fersen

La svolta. Venni selezionata insieme ad altre nove persone, cinque femmine, altrettanti maschi, un contratto di sette anni con 50 mila lire al mese garantito dal produttore Franco Cristaldi, in cerca di talenti da crescere. Poter lavorare senza l' assillo della fame. E poi allora c' erano set ovunque, Fersen ci diceva: 'Dovete difendervi dal lavoro, dovete fare scelte giuste'. Capisce? 'Difenderci dal lavoro', una frase che oggi fa sorridere.

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Com' era da studentessa-attrice?

Impacciata. Una volta il maestro mi prese a schiaffi: 'Datti una mossa, svegliati!'. Inoltre arrossivo sempre e per le situazioni più imprevedibili, specialmente per gli sguardi maschili.

 

Nel libro racconta i provini di allora

Maschilismo puro, le attrici erano catalogate per le doti fisiche, la prima frase era 'signorina faccia vedere le gambe', e non parliamo solo del regista, le richieste arrivavano pure dalle maestranze o dagli aiuti. Anzi, il test partiva da loro.

 

E lei?

Mi presentavo con una fotografia in costume da bagno, ma non bastava, spesso scappavo.

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Insomma, allora funzionava così

Perché, oggi no?

 

Ce lo dica lei

(La risposta è chiusa in un suo sorriso)

 

Comunque, questo atteggiamento era costante

Non sempre, come nel caso della Rai, un altro livello. Una volta mi sono trovata in un provino con Pintus, Barbato e Zavoli, carinissimi a scrivermi i testi che poi imparavo a memoria. E poi il teatro: un' altra storia, migliore.

 

Mambor come si rapportava ai suoi primi successi?

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Insomma, la donna di talento è sempre difficile da sopportare, e anche Renato accusava qualche colpo. Temeva di non sapermi gestire. Però finita la nostra storia, siamo rimasti amici, fino alla fine.

 

Era infastidito dagli uomini che le giravano attorno?

Di solito no, solo quando gli rivelavo che mi piaceva qualcuno, allora scattava il problema.

 

Vi tradivate?

Qualcosa, ma negli ultimi tempi del rapporto. Avevamo l' obbligo della sincerità, ci raccontavamo ogni cosa, le mie e le sue, in qualche modo ci scaricavamo la coscienza.

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Lei era gelosa?

In un' occasione gli ho buttato il materasso giù dalle scale.

 

Gli altri artisti del gruppo cosa dicevano di lei?

Da tutti ero considerata solo la fidanzata di Renato, un' attricetta, Pino Pascali era l' unico che mi parlava da pari a pari, l' unico che mi guardava negli occhi.

 

(…)

 

Dopo piccoli ruoli, quello da protagonista è arrivato con I pugni in tasca di Bellocchio

Leggo il copione e mi prende un colpo: a un certo punto il protagonista, Lou Castel, uccideva la mamma spingendola in un burrone. Guardo Renato e gli dico: 'Non ce la faccio, sembra un film dell' orrore!'. E lui: 'Vai, è da protagonista'.

 

E invece?

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Sul set capisco la forza di Bellocchio, nascosta dietro la sua timidezza. Una scena non veniva mai girata più di tre volte, nonostante la giovane età sapeva quello che voleva.

 

Ci furono problemi successivi

Soprattutto per la distribuzione. Dino De Laurentiis non lo voleva, al grido: 'La mamma non si uccide!'.

 

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La vera fama arrivò con il ruolo di Lucia ne I Promessi sposi

Neanche intendevo presentarmi al provino, mi sembrava troppo lontana da me. Io che faccio il voto di verginità? Ma vogliamo scherzare!

 

(…)

 

Lei era considerata un' intellettuale

No, sbagliato: la definizione giusta era 'un' intellettuale del cazzo', etichetta affibbiata dopo il film di Bellocchio.

 

Nel libro scrive: 'Gli attori si sa, non hanno etica'.

Frase un po' ironica, ma quando uno vede in uno spot Antonio Banderas che parla con una gallina, non pensa che lo fa per amore dell' arte. Poi sulle attici c' è una pendenza in più

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Quale?

Le domande 'a chi l' hai data?' e 'quante volte l' hai data?'.

 

Le è stata rivolta in molte situazioni?

Una persona se la vede tra sé e sé, e non si deve mai dire 'io non l' ho data a nessuno' o 'io l' ho data a'.

 

Quanto fa parte del suo ambiente questa storia di 'darla'?

Si narra che il primo cinema hollywoodiano fosse interpretato da sole fidanzate di produttori.

 

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L' imprinting

Poi è proseguito: durante i miei anni, le star si chiamavano Cardinale e Loren, donne di talento ma con un signore importante dietro a seguirle.

 

La Cardinale a un certo punto si è ribellata

Solo quando era già una star internazionale.

 

Questo atteggiamento maschilista si è mitigato con gli anni Settanta?

Solo in peggio. Tra una canna e un bicchiere di vino ti dicevano: 'Che nun ce vieni con me?' No. 'Allora sei una borghese'. Tutto era borghese, tutto quello che non funzionava per loro, sparavano una serie infinita di stupidaggini.

 

Lei era attaccata per la storia con Morandi

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Un massacro. Venivo dipinta come la ruba mariti o la sciupafamiglie, io ero 'l' altra', la perfida, e questa storia è durata anni e anni, una sorta di stalking, fino a quando un mio amico avvocato mi ha spinto alla querela, e ho vinto.

 

Non era vero

No, sono arrivata quando Morandi e la moglie si erano già lasciati, e non a causa mia. Però l' obiettivo era far esaltare la purezza del cantante rispetto a me.

 

La sua carriera danneggiata?

paola pitagora gianni morandi paola pitagora gianni morandi

Sì, e non poco. Non solo: la storia coincise con un altro problema, questa volta politico.

 

Cosa era successo?

Siamo nel settembre del 1973, uccidono Allende, al palazzo dello Sport di Roma organizzano una grande manifestazione in difesa del Cile. Sono coinvolta. Presa della foga mi affaccio sul palco e alzo il pugno chiuso. Pochi giorni dopo esce un articolo su Panorama con il titolo 'Paola la rossa'. 

 

E quindi?

Ero sotto contratto con la Rca, filo-Vaticano, mi dimezzarono subito il cachet.

 

(…)

paola pitagora tito schipa paola pitagora tito schipa

 

Sarà stata controllata dai servizi segreti

Non lo so, ma alcune situazioni strane riguardano quel periodo. Una volta, in un albergo, ho incontrato una persona che sapeva tutto di me, cose non pubbliche.

 

(…)

 

L' attore più coinvolto politicamente era Volonté

Una volta, a una manifestazione sindacale, arrivò con un cartello sul quale era scritto 'Abbasso lo zoom'.

paola pitagora lou castel paola pitagora lou castel

 

Cosa voleva dire?

Mai saputo.

 

Mai

E me lo sono domandato tante volte. Ma lui era così, quando parlava pendevamo dalle sue labbra, un carisma imparagonabile, lo chiamavamo 'Lotto continuo', protestava pure perché lo pagavano troppo. Un attore strepitoso, un mostro, a livello interiore tirava fuori cose incredibili.

 

A casa sua si parlava di politica?

Certo. Delle risse violente, uscivo con le orecchie rosse per le urla. Ma in quegli anni tutta l' Italia discuteva di Pci, Dc, compromesso storico, divorzio.

renato mambor renato mambor

 

Anni recenti: lei ha ottenuto una nuova popolarità con Incantesimo

E soprattutto sono riuscita a pagare il mutuo, per noi attori non capita spesso di avere una continuità lavorativa così lunga: ben nove anni di fiction.

 

Ha l' ansia da palco?

Sempre, una strizza vera, vissuta con i miei piccoli riti, come raccogliere i chiodi in quinta. Meglio se arrugginiti.

paola pitagora gianni morandi paola pitagora gianni morandi

 

(…)

 

Lei è stata in tournée con Gassman

Eravamo in tre, con noi anche Fred Bongusto. Che fatica!

 

Per Bongusto

No, mi riferisco a Vittorio. In quel periodo voleva rompere, puntava sul teatro d' avanguardia: a Caracas, in occasione della prima, si presentò in platea con un' enorme insalatiera di pasta da offrire.

paola pitagora 12 paola pitagora 12

 

Reazione?

Le critiche ci hanno ammazzato, lo spettacolo era il caos, un ibrido pazzesco.

 

Osava dirlo a Gassman?

Sì, infatti siamo finiti a birrate addosso. Solo dopo anni ci siamo riconciliati.

 

Il suo domani?

Difficile dirlo, non ci sono parti per le attrici della mia età. Non c' è nulla. È veramente un altro mondo.

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