IL RITORNO DEL DUCE E’ UNA MINACCIA O BURLA? - IL FILM “SONO TORNATO” MOSTRA UN’ITALIA ENTUSIASTA PER IL RITORO DI MUSSOLINI: RIEMERGE LA VECCHIA PULSIONE TRICOLORE PER L’UOMO FORTE - PER L’ASSOCIAZIONE DEI PARTIGIANI LA PELLICOLA È “SCONCERTANTE”, ENTUSIASTA ALESSANDRA MUSSOLINI - LA BATTUTA PIU' AGGHIACCIANTE DEL FILM: "SAPETE COME SI SALVA UN CLANDESTINO CHE AFFOGA?", "NO", "MEGLIO!" 

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Luca Mastrantonio per www.corriere.it

 

Chi l’avrebbe mai detto. A sparigliare le carte nel dibattito sul ritorno del fascismo in Italia arriva un film satirico, ben fatto, che non fa sconti. Il che è tragico: più si ride, più è chiara la gravità della situazione. Si chiama Sono tornato, l’ha scritto (bene) Nicola Guaglianone assieme al regista Luca Miniero (noto per Benvenuti al Sud), e non è semplicemente la versione italiana del tedesco Lui è tornato, dove Lui è Hitler.

 

No, è uno schiaffo in faccia a un Paese in preda a umori neri, risentimenti, ipocrisie e nuovi conformismi che conducono a un pensiero unico: la condivisione senza pensiero, lo share in tv e la viralità sul web come valori assoluti, la confusione tra insulti e battute, programmi politici e palinsesti.

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Non è soltanto del fascismo fuori di noi che dobbiamo avere paura, spesso folkloristico, ma dal fascismo dentro di noi, alimentato da una crisi economica, sociale e di valori che aumenta il desiderio di soluzioni semplificate, come fu il fascismo un secolo fa, e di distrazioni efficaci, come quelle offerte dalla comicità, che oggi infesta come un parassita il discorso politico. Questa lettura è rafforzata dai commenti, su fronti opposti, della presidentessa dell’Anpi, Carla Nespolo, e di Alessandra Mussolini, nipote del Duce, cui abbiamo fatto vedere in separata sede la pellicola che esce oggi, 1° febbraio.

 

Il ritorno del Fascismo è dunque una minaccia o una burla? Entrambe. Una minaccia perché la crisi è profonda e il vuoto di idee al potere è imbarazzante; una burla perché certo antifascismo si concentra su fenomeni esterni e retrogradi, rispetto a problematiche più nascoste e profonde. L’allarmismo fuori bersaglio indebolisce l’allarme, la comicità imperante confonde profezia e parodia. Il vero Mussolini del film è preso per un attore comico, oggi un comico è preso per politico vero. Grillo? Non cercate risposte facili.

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Con la scusa di mostrarci cosa potrebbe succedere se Mussolini risorgesse oggi, Sono tornato ci fa vedere che gli italiani sono pronti per un nuovo Uomo forte. Il punto non è cosa succederebbe se Mussolini tornasse davvero, come nella finzione, ma che parte dell’Italia di oggi è intimamente nostalgica di un uomo risoluto come il Duce.

 

Il cortocircuito è evidente nelle immagini girate per Roma, in cui alcune persone comuni, turisti e cittadini, fanno il saluto romano di fronte a Massimo Popolizio che sfila per le strade interpretando Mussolini. La finzione comica del film documenta, con questa specie di candid camera, una realtà nerissima. Non che il fascismo è tornato, o possa tornare filologicamente, ma che il sonno degli italiani è pronto a generare nuovi mostri, un comico autoritario, un divo da reality, un tronista mitomane, un maresciallo della politica, un saltimbanco nero.

 

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LA TRAMA. Il Duce è catapultato nella Roma del 2017, dove tutto gli appare capovolto: l’Italia non ha conquistato l’Africa, al contrario la Capitale è invasa dagli africani – “abissini”, nel linguaggio grottescamente desueto del Duce, che chiama “Balilla Totti” un bimbo di colore con la maglia del Capitano. Qui Ennio Flaiano è al quadrato: il Duce è straniero a casa sua, Un marziano a Roma.

 

Incapace di accettare la realtà dei fatti, liquidati come un complotto, Mussolini vuole riconquistare l’Italia, come un tetro Don Chisciotte, interpretato con bravura da Popolizio, marmoreo e guascone; il suo Sancho Panza è Canaletti, filmaker precario e velleitario, interpretato da Frank Matano, bravo a non fare altro che se stesso.

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La coppia produce una campagna mediatica clamorosa, con video virali sul web e una trasmissione tv di successo, con silenzi metafisici e prediche nostalgiche, politicamente scorrette, persino verso l’uditorio: «Eravate un popolo di analfabeti. Dopo 80 anni torno e vi ritrovo un popolo di analfabeti». La combutta generazionale è uno degli elementi più inquientati del film, che abbonda di influencer veri seguiti da follower giovanissimi: chissà come leggeranno la pellicola.

 

Il successo di questo Duce 2.0 neo-futurista per la sintonia con i nuovi media digitali viene interrotto da un incidente di percorso: l’assassinio del cane di una vecchia fanatica del fascio, colpevole di aver morso il polpaccio del Duce e di essere inglese (è l’odio mai sopito per la Perfida Albione). Il video dell’uccisione del jack russell “Filippo” (che sia Filippo Tommaso Marinetti?) scatena una grottesca rivolta degli italiani, figlia non di una presa di coscienza morale, ma dell’isteria animalista collettiva.

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Basterà la promessa giusta – intitoliamogli un canile fondendo l’oro delle nostre fedi! – durante una versione clericale di C’è posta per te (intitolata I Forgive You) per spingere gli italiani a perdonare il Duce, mostrandosi pronti a seguire il proprio divo da reality in ogni cambiamento camaleontico, purché l’auto-ipnosi continui. L’unica vera presa di coscienza, in questo mondo di smemorati, arriva dalla nonnina malata di Alzheimer che però riconosce e urla la Verità storica e morale che incastra il Duce, criminale contro gli ebrei. Un pugno allo stomaco dopo tante carezze e virili schiaffi di complicità tra il Duce, Canaletti e noi, follower della storia.

 

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Per la presidente dell’Anpi questo scatto di reni non basta. Carla Nespolo, a capo dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia, è «sconcertata» dalla «parzialità» della rappresentazione dell’Italia di oggi: «Sfilano figure che si dividono tra cialtroni, ignoranti e individui fatti di insana nostalgia. In mezzo troneggia il Duce redivivo che fra passaggi parodistici, momenti di commozione (quando in internet vede l’immagine della Petacci), trombonate sloganistiche, e barbarume razzista, diventa un personaggio televisivo apprezzatissimo grazie alla fame di share di una redazione selvaggia. Procede così questo film, esclusivamente in quell’Italia che il regista ha deciso di vedere.

 

All’improvviso, un soffio di antifascismo e il trattamento riservatogli dalla sceneggiatura è a dir poco inquietante. L’Italia reale nata dalla Resistenza, l’Italia degli antifascisti e dei democratici, l’Italia che ha conoscenza e coscienza civile, la maggioranza delle cittadine e dei cittadini, non solo è sparita nel film, ma quando si affaccia soccombe penosamente, da misera pazza. Incredibile, prima ancora che insopportabile. Davvero indefinibile questo Sono tornato. Speriamo che riparta presto».

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Alessandra Mussolini, figlia di Romano Mussolini, è invece entusiasta del film: «Mi son commossa, rattristata, arrabbiata. Ho rivisto le scene che vivo quando vado in giro e la gente mi chiede come sarebbe l’Italia se ci fosse mio nonno.

 

Il film è senza cliché, mette a nudo tanti luoghi comuni, la semplificazione della Storia, fatta con maestria anche se certamente l’ultima parte è dura, con la signora anziana che ha l’Alzheimer e viene presa in giro, come purtroppo succede anche oggi: lei ricorda, accusa mio nonno, dice che non dimentica quegli occhi; è un passaggio crudo, reale, di quella che è stata la Storia e non possiamo cancellare.

 

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Mi aspettavo un film comico, invece è tragico, fa pensare; bravo Popolizio, non c’è nulla di caricaturale, il suo Mussolini finto è più vero di tanti che sono frutto di ricerche storiografiche, come quello di Carlo Lizzani, Mussolini ultimo atto. E bravo Matano, mi ha stupito.

 

Mi sono commossa quando ho visto la foto di papà sulle spalle del nonno, che dice una cosa importante: “Voi avete paura del silenzio”. È vero, lo stiamo vivendo, siamo tutti persi nei cellulari, nella dimenticanza, nel non ricordare... Porca miseria, poi è vero, oggi un giorno sei amatissimo, “spacchi”, come si dice, e poi tutto finisce per un cane. Mi è piaciuto anche quello che il nonno dice ai neo-fascisti: “Il fascismo era un’idea, voi non avete idee”».

 

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I neo-fascisti di oggi di fronte al vero Mussolini appaiono un circolo di anacronistici reduci. Il che non rende meno allarmante il loro estremismo, ma suggerisce di concentrarsi sul cripto-fascismo, più diffuso, grazie all’ignoranza affamata di soluzioni e distrazioni facili. Il saluto romano del centurione romano rende il gesto grottesco, lo disinnesca: più preoccupante è la marea di like ai video scabrosi, l’indifferenza razzista di politici e cittadini, la schizofrenia morale di certi format tv e della classe intellettuale (che in parte ha lucrato sull’allarmismo antifascista).

 

SONO TORNATO SONO TORNATO

È miope chiedersi se questo Duce 2.0 somigli più a Craxi, Berlusconi, Grillo, Renzi o Salvini, definiti nel film «teatranti» che lo emulano. Questo Duce non è la caricatura dei leader della Seconda Repubblica, bensì la cattiva coscienza degli italiani pronti a votare la soluzione più semplice. Ovvero? L’assenza di soluzione, da seppellire con una battuta, come quella scritta dagli autori tv del Duce, la più agghiacciante del film: «Sapete come si salva un clandestino che sta affogando?». «No». «Meglio!».

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