IL RITORNO DI "FRA DIAVOLO" TRA NOSTALGIA ANNI ‘80 E 3D – AL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA UNA VERSIONE POP DELL’OPERA-COMIQUE DI AUBER A METÀ TRA IL NEROREALISMO ROSA, MUSICARELLO E LE FIGURINE DI FIORUCCI - C’È QUALCOSA DEGLI EIGHTIES ANCHE NELLA SOMIGLIANZA DELLA TURISTA INGLESE LADY PAMELA CON LA SANDRA MILO DI "PICCOLI FANS" – VIDEO

-

Condividi questo articolo


 

Daniele Cassandro per www.internazionale.it

 

fra diavolo fra diavolo

Cosa succede quando lo sfondo esotico ed erotico di una storia è casa nostra? Come ci sentiamo quando i personaggi pittoreschi, sexy e farseschi di un’opera teatrale, di un film o di una pubblicità siamo noi italiani? Succede che siamo costretti a guardarci attraverso una lente deformante e a ridere (o piangere) di noi. Di quello che crediamo di essere e di quello che siamo agli occhi degli altri.

 

Fra Diavolo, in scena fino al 21 ottobre al Teatro dell’opera di Roma, è un’opéra-comique del 1830 su libretto di Eugène Scribe con musiche di Daniel Auber. L’opera è ambientata sul finire del settecento a Terracina, in quella terra di nessuno tra stato pontificio e Regno delle due Sicilie infestata da briganti e abitata da procaci locandiere, valorosi carabinieri e sfortunati e un po’ faciloni turisti inglesi da grand tour. Ci sono il mare, il sole, i pini della via Appia e un’umanità italiana che i francesi amavano dipingere come superstiziosa, sanguinaria e vagamente primitiva, ma anche romantica e coraggiosa.

 

fra diavolo fra diavolo

La vicenda, più comica che tragica, vede la bella ostessa Zerlina, data dal padre in moglie a un riccone locale, coronare il suo sogno d’amore con il carabiniere Lorenzo dopo che le sue vicende hanno incrociato quelle del brigante Fra Diavolo e di due goffi turisti inglesi, innescando una girandola di inganni, malintesi, furti e travestimenti.

 

L’opera è deliziosa e spumeggiante: molto francese nell’intreccio comico (in certi punti già quasi da pochade) e garbatamente italiana, anzi rossiniana, nella musica. Mancano la profondità e la complessità vocale delle opere buffe di Rossini ma l’opéra-comique, strettamente imparentata con il vaudeville, è tutto un altro genere di spettacolo: nella Francia di Luigi Filippo si eseguiva in teatri piccoli e gli artisti erano forse più attori che cantanti, visto che tra i numeri musicali erano previsti lunghi dialoghi recitati. Il pubblico dell’opéra-comique era borghese e gradiva ambientazioni e musiche esotiche, personaggi affascinanti e sexy, storie non necessariamente buffe ma anzi anche tragiche, possibilmente con qualche morto ammazzato in scena. L’ultima grande opéra-comique è stata la Carmen di Bizet nel 1875, che contiene tutti questi aspetti in dosi massicce.

 

fra diavolo fra diavolo

Il regista di questa nuova coproduzione del Teatro dell’opera di Roma e del Teatro Massimo di Palermo, Giorgio Barberio Corsetti, si è chiaramente posto il problema di questo gioco di specchi deformanti tra Francia e Italia. E deve aver capito che l’ambientazione borbonica del libretto lo portava a camminare su una sottile corda tesa tra un’italianità ultra kitsch da spot di Dolce & Gabbana e una grigia filologia folcloristica del basso Lazio, con ciocie, vecchie spingarde e mantelloni. Barberio Corsetti decide di evocare un’italianità più gentile e nostalgica, quella cinematografica degli anni cinquanta e sessanta, a metà tra il neorealismo rosa di Pane amore e fantasia e il musicarello. Paesaggi e colori saturi da vecchia cartolina, tanti carabinieri in divisa e una piazza piena di vociante umanità in abiti fiorati, zoccoletti e cappelli di paglia.

 

Barberio Corsetti è un maestro dell’uso delle videoproiezioni in teatro e la scenografia di questo Fra Diavolo (nel primo e nel terzo atto) è un trionfo di immagini balneari proiettate su pareti bianchissime, quelle sì filologiche, che ricordano i centri storici di Terracina e Sperlonga. Tutto questo colore e queste fluorescenze video però ci portano in un’estetica un po’ più pop e iperrealista rispetto a quella del neorealismo.

 

fra diavolo fra diavolo

Il quadro iniziale con la decapottabile che sfreccia sulla via Flacca è più Elio Fiorucci o stacchetto di Videomusic che Dino Risi, e c’è qualcosa degli anni ottanta anche nella straordinaria somiglianza della turista inglese lady Pamela (l’eccellente Sonia Ganassi) con la Sandra Milo di Piccoli fans. Le fantasie fiorate dei costumi, i foulard e gli occhialoni sono saturi di colore e di gioia citazionista, più vicini a Naj Oleari che a Emilio Pucci. Insomma gli anni sessanta di questo Fra Diavolo funzionano perché sembrano giocare su due livelli di nostalgia: quella per il neorealismo rosa e quella primi anni ottanta per le figurine di Fiorucci.

 

Le scenografie dello spettacolo, che nel secondo atto si aprono come una casa di bambole vittoriana, sono state interamente realizzate con una stampante 3d. E nel foyer del teatro c’è anche un angolo vagamente Maker Faire con una stampante in funzione per mostrare al pubblico i prodigi della stampa 3d.

 

FRA DIAVOLO FRA DIAVOLO

L’italianità debordante e in technicolor orchestrata da Barberio Corsetti corrisponde anche a una più marcata italianità della musica rispetto alla classica opéra-comique francese. La versione di Fra Diavolo in scena all’Opera di Roma è un ibrido tra la versione italiana che Auber realizzò alla fine degli anni quaranta dell’ottocento togliendo le parti recitate e rimpolpando l’orchestra, e quella francese del 1830.

 

Il risultato è un’opéra-comique un po’ ipertrofica, cantata in francese, ma interpretata più come un’opera buffa rossiniana che come un vaudeville. I cantanti, tutti eccellenti (oltre alla già citata Ganassi, Anna Maria Sarra nel ruolo di Zerlina e John Osborn in quello del bandito), cantano talmente bene e talmente “tanto” da far sparire le caratteristiche più tipicamente francesi di questo tipo di intrattenimento. Eppure questo Fra Diavolo funziona, e la sua italianità sovraccarica fa parte del gioco di specchi tra Italia e Francia e in un certo senso può essere letta come una specie di rivincita dell’esotico, fantastico mediterraneo sulla visione vagamente colonialistica e paternalistica del grasso borghese francese di metà ottocento.

 

fuortes fuortes fra diavolo fra diavolo

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT - SULLA SCENA POLITICA, FITTA DI SCAPPATI DI CASA, MANCAVANO SOLO LORO: FASCINA E GALLIANI - L’ANTICO “CONDOR” DEL CAVALIERE È DIVENTATO LO CHAPERON POLITICO DELLA “VEDOVA INCONSOLABILE”, CON IL CONTORNO DEI SECOLARI AMICI DELLA BUONANIMA DI SILVIO, CONFALONIERI E DELL’UTRI - IN OGNI USCITA PUBBLICA, I DUE SONO INSEPARABILI. DEL RESTO, SI CONOSCONO, E BENE. LA SCALATA DELLA “MARIA GODETTI” CALABRO-NAPOLETANA ALL’INTERNO DELL’INNER CIRCLE BERLUSCONIANO AVVENNE GRAZIE A GALLIANI, ALL’EPOCA BOSS DEL MILAN - ORA È CHIARO CHE A TAJANI HA SEMPRE FREGATO POCO DI COSA COMBINA IL DUPLEX FASCINA-GALLIANI. FINO ALLO SCORSA SETTIMANA ALLORCHÉ È ESPLOSA FORZA ITALIA AL COMUNE DI MILANO, DIETRO LA QUALE CI SAREBBERO LE UNGHIE DELLA FASCINA, CHE HA MANTENUTO UN OTTIMO RAPPORTO CON MARINA, VEDI IL DUELLO CONTINUO CON IL FRATELLO PIER SILVIO CHE VUOLE FAR SLOGGIARE LA “VEDOVA INCONSOLABILE” DALLA COSTOSISSIMA MAGIONE DI ARCORE - VIDEO

FLASH! - A TORINO, PER IL DOPO PALENZONA ALLA PRESIDENZA DI CRT, SI STANNO SONDANDO LE ISTITUZIONI SUL NOME DI MICHELE VIETTI, MAGISTRATO EX-CSM, OGGI DISOCCUPATO. UN NOME CHE È GRADITO AL SINDACO DI TORINO, STEFANO LORUSSO, CHE NON HA MAI SOPPORTATO LA PRESENZA E SOPRATTUTTO LA DISUBBIDIENZA DI PALENZONA - A DAR VOCE ALLA CANDIDATURA DI VIETTI C'È LA DI LUI CONSORTE, CATERINA BIMA, CHE RICOPRE IL RUOLO DI VICE PRESIDENTE DI CRT ED È STATA TRA GLI OPPOSITORI DELLA GESTIONE PALENZONA...

DAGOREPORT - CONTINUA L’IMBROGLIO-SCHLEIN: ELLY RINCULA SUL NOME NEL SIMBOLO DANDO LA COLPA A BONACCINI (SIC!) E SI RIMANGIA ''CAPOLISTA OVUNQUE": LO SARA' SOLO AL CENTRO E NELLE ISOLE - ALLA DIREZIONE NAZIONALE DEL PD DI IERI LA SVALVOLATA MULTIGENDER HA PERSO LA MAGGIORANZA DEL PARTITO. I VENTI DI RIVOLTA INVESTONO TUTTE LE VARIE ANIME DEL PD - ELLY SI È RIMBOCCATA LA LAPIDE QUANDO HA DETTO: O IL MIO NOME NEL SIMBOLO O MI METTETE CAPOLISTA IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. DI TALE PROPOSTA, LA ZARINA DEL PD NE AVEVA PARLATO SOLO CON BONACCINI. IL PRESIDENTE DEL PD HA ACCONSENTITO IN CAMBIO DELLA CANDIDATURA NEL SUD DEL RAS DELLE PREFERENZE, RAFFAELE “LELLO” TOPO, FIGLIO DELL’AUTISTA DI GAVA, CHE OVVIAMENTE FA PARTE DELLA SUA CORRENTE (AH! I CACICCHI…) - ALLA FINE VICINO A SCHLEIN RESTANO SOLO IN DUE, IL MULTI-TRASFORMISTA ZINGAR-ELLY E FRANCESCO BOCCIA, IL VERO ARTEFICE DEL SISTEMA PUGLIA, GARANTE DI DECARO ED EMILIANO - ANCHE SE ALLE EUROPEE IL PD GALLEGGERA' AL 20%, SINESTR-ELLY DOVRA' FARE LE VALIGIE...

DAGOREPORT: 100 SCALFARI MENO UNO - NON È SOLTANTO TELE-MELONI A CENSURARE GLI SCRITTORI: C'E' ANCHE IL GRUPPO GEDI – IL LIBRO SUL CENTENARIO DI SCALFARI CURATO DA SIMONE VIOLA, NIPOTE DI EUGENIO, IN EDICOLA INSIEME A ‘’REPUBBLICA’’, SQUADERNA CENTO INTERVENTI DI ALTRETTANTI TESTIMONIAL, TRANNE QUELLO INNOCUO E DEL TUTTO PERSONALE DI GIOVANNI VALENTINI, EX DIRETTORE DELL’ESPRESSO - LE SUE CRITICHE, MANIFESTATE SUL "FATTO QUOTIDIANO" SULL’OPERAZIONE “STAMPUBBLICA” E POI NEL SUO LIBRO SULLA PRESA DI POSSESSO DEL GIORNALE DA PARTE DI ELKANN, GLI VALGONO L’OSTRACISMO E LA DAMNATIO MEMORIAE – IL TESTO CENSURATO…