VIDEO! “DAVIGO SUL COMODINO HA LE MANETTE” – SCONTRO AL CALOR BIANCO TRA VESPA E IL MAGISTRATO: “LEI FINGE DI NON CAPIRE. IL PROBLEMA DELL’ITALIA NON È LA CRIMINALITÀ COMUNE MA IL CRIMINE ORGANIZZATO E LA DEVIANZA DELLE CLASSI DIRIGENTI” (A 'DIMARTEDI') – BRU-NEO PUNTUALIZZA: "DI UNA PARTE MINORITARIA DELLE CLASSI DIRIGENTI" – VIDEO

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Da www.ilfattoquotidiano.it

 

Botta e risposta serrato a Dimartedì (La7) tra Piercamillo Davigo, presidente della II Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, e il giornalista Bruno Vespa. Quest’ultimo, nel corso di una discussione sulla corruzione in Italia, ironizza sul magistrato: “Il problema è che, mentre mia nonna aveva la foto di papa Giovanni XXIII sul comodino, qualcun altro ha la foto del figlio, il dottor Davigo sul comodino ha le manette. Lui si sveglia dicendo: ‘Oggi a chi tocca?’“.

 

Davigo ribatte: “Quello che Vespa fa finta di non capire è che il problema dell’Italia non è la criminalità comune, perché abbiamo il tasso di omicidi più basso in Europa. I due problemi nel nostro Paese sono il crimine organizzato e la devianza delle classi dirigenti. La criminalità dei colletti bianchi fa danni incomparabilmente più gravi di quelli procurati da un borseggiatore o da un piccolo rapinatore. Non capire che il problema dell’Italia è la devianza delle classi dirigenti è un grave errore“.

 

“Alcuni esponenti della classe dirigente, non tutti” – replica Vespa – “Dottor Davigo, quella è la patologia: lei parla della classe dirigente e invece si tratta di una parte minoritaria di essa. Ed è già troppo, abbia pazienza”.

“Tutti questi restano al loro posto” – risponde il magistrato – “finché non arrivano i magistrati. Questo è il problema italiano, perché nessuno li manda a casa prima”.

“Non sempre”, commenta il giornalista.

 

La polemica riesplode quando Davigo afferma che in Italia non c’è giornalismo d’inchiesta, se non in casi rarissimi. E aggiunge: “Di solito quello che viene scritto sui giornali è il riassunto di quello che avviene nelle aule processuali. E questa è un’anomalia, perché altrove, invece, il circuito è rovesciato: i giornalisti fanno le inchieste e poi si fanno i processi sulle inchieste scritte dai giornalisti”.

 

Vespa controbatte: “Veramente voi di Mani Pulite siete stati dei maestri a riguardo. Era la regola che gli indagati sapessero dai giornali di esserlo. Ma quanti magistrati sono andati sotto processo per aver passato delle informazioni ai giornali? Nessuno. E quanti ufficiali della polizia giudiziaria sono stati indagati per aver passato informazioni ai giornali? Forse un paio. La verità è che voi di Mani Pulite avete utilizzato alla grande i giornali”.

 

Davigo obietta: “Io non ho utilizzato un bel niente, quindi è lei che sta generalizzando”

Vespa rincara: “All’epoca i giornalisti giudiziari erano un tappeto su cui voi magistrati passeggiavate. E i nostri colleghi, per avere una informazione, facevano tutto”.

“Ma quale accidente di informazione dovevano avere se erano stati tutti arrestati ed erano fatti notori?”, ribatte Davigo.

 

Vespa menziona il caso di Berlusconi nel novembre 1994, quando all’ex presidente del Consiglio fu consegnata la notifica a comparire durante il vertice sulla criminalità del G7 organizzato a Napoli e presieduto dall’ex Cavaliere. Davigo non ci sta e spiega: “Guardi, io ho subito un procedimento disciplinare da cui sono stato assolto. Ho provato in giudizio che Berlusconi seppe di quella notifica prima e, dopo averlo saputo, ha ritenuto di presiedere un convegno sulla corruzione, pur sapendo di essere sottoposto a un procedimento penale. Quindi, è il contrario di come la racconta”.

“Va bene” – replica Vespa – “Da questo momento mi astengo sul tema”.

“Fa bene”, controbatte Davigo.

 

L’ultimo match tra i due duellanti si registra sullo stop alla prescrizione. Davigo osserva: “Intanto, la prescrizione, così come è in Italia, ce l’ha solo la Grecia. E’ una cosa stravagante. Supponiamo che uno venga condannato in primo grado e fa appello dicendo che gli hanno dato troppo. Passa il tempo e non prende neanche il meno che secondo lui era giusto. E’ una cosa priva di senso comune”.

 

Vespa è di diverso avviso: “E’ invece aberrante che, se non riformi il processo penale e metti la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, il processo non si fa più. Dopodiché la magistratura fa i processi che vuole fare. Il processo Cusani è durato tre anni dall’arresto di Cusani fino alla Cassazione. Adesso con tre anni non si fa nemmeno un giudizio di primo grado”.

 

Il magistrato replica: “Vespa fa finta di non capire che i processi durano tanto perché ce ne sono troppi. Se, anziché depenalizzare sciocchezze come la sfida a duello, depenalizzassero massicciamente, faremmo meno processi”.

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