ZITTI E MUTI – ORNELLA MUTI STAR A TORINO CON “LA GOVERNANTE” DI VITALIANO BRANCATI, OPERA CHE QUANDO FU SCRITTA (1956) FU BOLLATA COME IMMORALE PER LE SUE ALLUSIONI LESBO, E NON SOLO – DAL 1965 NON E' PIU' STATA RAPPRESENTATA (IL PROTAGONISTA ERA RICALCATO SU MORAVIA) – L’ATTRICE CONVINCE NEL RUOLO DELLA GOVERNANTE CALVINISTA CHE ROVESCIA I PROPRI TURBAMENTI EROTICI SULLA SERVETTA JANA – SUL PALCO ANCHE LA FIGLIA NAIKE - FOTOGALLERY

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Osvaldo Guerrieri per www.lastampa.it

ornella muti ne la governante di vitaliano brancati 6 ornella muti ne la governante di vitaliano brancati 6

 

C’è sempre una buona ragione per mettere in scena “La governante” di Vitaliano Brancati. E c’è sempre una buona ragione per andarla a vedere. C’è innanzi tutto la commedia in sé: bella, ben scritta, molto abile nel dosare umorismi e umori tra loro contrastanti, leggera nell’affrontare un tema come l’omosessualità femminile che negli anni Cinquanta dell’altro secolo era considerata una “disgrazia” su cui sorvolare.

 

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C’è poi il rapporto con questo stesso argomento che, in anni di sfacciatissimi gay pride, rischia di passare per archeologia, quando non è affatto così per il semplice motivo che Brancati non ha raccontato un “vizio vergognoso”, ma qualcosa di diverso e di molto più conturbante.

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Ornella Muti in 'La governante' Ornella Muti in 'La governante'

Ciò che all’origine ha penalizzato la commedia per fortuna si è sbiadito. Nel 1952, quando fu scritta, “La governante” non poté essere rappresentata a causa della censura che la bollò di immoralità. Anna Proclemer, moglie di Brancati e prima interprete del personaggio di Caterina Leher, poté rappresentarla soltanto a Parigi e soltanto nel 1965, una volta abolita la censura preventiva, fu in grado di portarla sui palcoscenici italiani con la regia dell’esordiente Giuseppe Patroni Griffi.

 

Ornella Muti in 'La governante' Ornella Muti in 'La governante' Ornella Muti con la figlia Naike Rivelli in 'La governante' Ornella Muti con la figlia Naike Rivelli in 'La governante'

Quel che suscitò il divieto censorio fu certamente l’allusione all’amore tra donne, ma anche, o forse soprattutto, l’attacco ideologico contenuto nell’affermazione del personaggio di Alessandro Bonivaglia, lo scrittore ricalcato sulla figura di Alberto Moravia, secondo cui “la moralità italiana consiste tutta nell’istituire la censura”.

Ornella Muti in 'La governante' Ornella Muti in 'La governante'

 

 

 

Gli italiani “non solo non vogliono leggere o andare a teatro, ma vogliono essere sicuri che nelle commedie che non vedono e nei libri che non leggono non ci sia nessuna delle cose che essi fanno o dicono tutto il giorno”. Brancati rincarò la dose all’indomani del veto, quando, ferito a sangue, si sentì obbligato a scrivere il pamphlet “Il ritorno della censura”, che Bompiani si rifiutò di pubblicare e che fu invece stampato dall’editore Laterza

Ornella Muti in 'La governante' Ornella Muti in 'La governante'

 

Non l’amore tra donne dunque, ma la calunnia. Questo diceva Brancati e questa è la molla che porta lo sconquasso nella casa di Leopoldo Platania, un siciliano trapiantato a Roma con il figlio e la nuora Elena, un uomo legato alle radici isolane e al tempo stesso confusamente desideroso di allontanarsene.

 

Ornella Muti in 'La governante' Ornella Muti in 'La governante'

L’arrivo della governante – francese e per di più calvinista – sembra portare in casa una nuova disciplina morale e religiosa. In realtà porta rovina. Caterina rovescia i propri turbamenti erotici su Jana, la servetta animalesca che sa camminare soltanto a piedi scalzi. Fa credere ai Platania che Jana sia morbosamente attratta da lei e induce i padroni a rispedirla in Sicilia. Ma quando Jana muore dopo un incidente, gli alibi e le menzogne cadono. La governante capisce che quella morte ha cambiato le prospettive e per rimorso si uccide.

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Può sembrare una conclusione ad effetto e persino facile, ma Brancati, da grande scrittore qual è, la fa scivolare su un piano dialettico e psicologico che la rende crudele e necessaria come poteva esserlo nella tragedia greca.

 

Ed è questo uno dei motivi per cui “La governante” non è mai uscita di scena. E anzi, ogni volta che torna, non evita di porre dubbi preventivi: come la faranno? Punteranno sul bozzetto o sul dramma? E Caterina, come si proporrà? Sarà una virago o un’acqua cheta? Il regista Guglielmo Ferro, che firma questa nuova edizione, sembra voler confluire nella tradizione più meditata.

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Si è messo al servizio del testo e dal testo ricava le sottolineature, le coloriture, i guizzi di uno spettacolo che, si è visto, non manca di avvincere lo spettatore. Lavora abilmente di umorismo e persino di comicità farsesca, ma poi, quando è il momento, sa spremere i succhi velenosi della miseria umana, assecondato nel compito da una compagnia dalla resa sicura.

 

A cominciare, ovviamente, da Enrico Guarneri, il pater familias Leopoldo Platania, il personaggio che tiene le fila di tutto e se ne sta in perenne oscillazione tra italianità e sicilitudine, l’uomo fragrante di comicità e al tempo stesso ripiegato su ferite vecchie e nuove. Gli altri intorno a lui sanno ciò che fanno e si muovono di conseguenza. Sono Nadia De Luca, Rosario Marco Amato, Caterina Milicchio, Turi Giordano, Rosario Minardi nella parte dello scrittore Bonivaglia e Naike Rivelli.

 

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Lasciamo per ultima Ornella Muti, la star della serata e proprio per questo la variabile imprevedibile che può decidere le sorti di un’impresa. La Muti è qui al suo esordio teatrale dopo la fulgida carriera cinematografica che tutti conoscono. Ma si sa che recitare in teatro non è lavorare su un set cinematografico, perciò qualche apprensione per un debutto tanto difficile era senz’altro lecita. Ecco: non solo l’attrice se l’è cavata, ma si è dimostrata del tutto convincente.

ANNA PROCLEMER VITALIANO BRANCATI ANNA PROCLEMER VITALIANO BRANCATI

 

 

ornella muti incinta nuda nel 1984 ornella muti incinta nuda nel 1984

 

 

 

 

In un certo senso, e paradossalmente, il personaggio della governante Caterina le è venuto incontro. Caterina è una donna all’apparenza rigida, da calvinista non conosce le ambiguità, agisce netta come un rasoio e lei, la Muti, ha recitato proprio così, da calvinista, strappando applausi lunghissimi e sollecitando, alla “prima”, un rito d’altri tempi: l’omaggio di un mazzo di rose rosse proteso verso di lei da una fila di platea e accolto dall’attrice con commozione incredula. E poi non dite che abbiamo perso i sentimenti.

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