L’11 SETTEMBRE DI TUTTI NOI – LE STRAGI A UN CONCERTO E TRA I TAVOLINI DEI BAR SONO LA PROVA CHE LE VIGNETTE DI "CHARLIE" NON C'ENTRAVANO NULLA – L'ISIS HA DICHIARATO GUERRA ALLA NOSTRA LIBERTÀ E ALLA GIOIA DI VIVERE

Mario Baudino: “Dalla notte di venerdì sappiamo con certezza che non se ne uscirà con minore libertà, semmai soltanto con la riaffermazione dei principi fondamentali delle nostre società e della nostra cultura”. Gabriele Romagnoli: “È una guerra alla libertà e alla gioia, ben prima che alla democrazia”… -

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la marcia per charlie hebdo a parigi la marcia per charlie hebdo a parigi

 

1. ORA È CHIARO, LA COLPA NON ERA DELLA SATIRA

Mario Baudino per “La Stampa

 

Non erano le vignette. E la soluzione non era quella di limitare in qualche modo la libertà d' espressione, di rispettare le altrui religioni, culture e suscettibilità. Se rimaneva qualche dubbio, la nuova strage di Parigi ha cancellato il lungo dibattito che è seguito all' assalto terrorista contro la redazione di Charlie Hebdo, il 7 gennaio scorso.

 

copertina charlie hebdo copertina charlie hebdo

Come si ricorderà, dopo il cordoglio ovviamente unanime, cominciò soprattutto in ambito intellettuale un lento processo di revisione o rimozione: fino alla clamorosa contestazione da parte di un nutrito gruppo di scrittori di lingua inglese contro la decisione del Pen Club americano, che assegnò il suo premio annuale, dedicato ala libertà d' espressione, proprio ai vignettisti massacrati.

 

charlie hebdo charlie hebdo

Nell' Occidente «liberale» si è fatta strada rapidamente - sia fra i cattolici sia fra i laici - la tesi che in fondo, con la loro irriverenza, quelli di Charlie Hebdo se la fossero andati a cercare. Che la libertà d' espressione non si possa esercitare sulle credenze religiose, e che per evitare la violenza si potesse, forse addirittura si dovesse, chinare il capo, rinunciare, censurarsi: proprio come avviene in «Sottomissione» di Michel Houllebecq, il romanzo uscito il giorno stesso della strage.

 

I segnali che questo ragionamento non cogliesse l' essenziale non sono mancati, nel frattempo. Alla Fiera di Francoforte l'Iran, che pure è nemico giurato dell' Isis, ha ribadito che la «fatwa», ovvero la condanna a morte emessa contro Salman Rushdie, era ancora valida, tanto per ricordare quanto la nostra idea di libertà sia sempre minacciata.

CHARLIE HEBDO PAPA RATZINGER CHARLIE HEBDO PAPA RATZINGER

 

Sarebbe ingenuo negare che un problema «religioso» esiste, anche se forse è legato non al mito ma al rituale, non alla narrazione ma al clero che l' ha fatta propria. Le vignette su cui si sono esercitati dei distinguo tutto sommato inutili - se non dannosi - sono state uno dei tanti pretesti. Dalla notte di venerdì sappiamo con certezza che non se ne uscirà con minore libertà, semmai soltanto con la riaffermazione dei principi fondamentali delle nostre società e della nostra cultura.

 

2. LA PAURA QUOTIDIANA E LA CASUALITÀ DEL MALE DALLO STADIO AL PALCO INFRANTO L' ULTIMO TABÙ

Gabriele Romagnoli per “la Repubblica”

 

SALMAN RUSHDIE SALMAN RUSHDIE

Hanno attaccato la zona franca, perché non esistano più santuari laici, spazi di tregua dove la guerra sopravvive soltanto per metafora. Gli obiettivi degli ultimi attentati dell' Is sono stati altamente simbolici: un aereo che riparte da un luogo di vacanza nel Sinai, un centro commerciale a Beirut, una sala concerti, un ristorante e, infine, uno stadio a Parigi. Per colpire le persone (i russi, i libanesi sciiti, i francesi) certo, ma anche i luoghi. Centrarne uno per farne chiudere cento. E tra questi lo stadio assume una valenza particolare.

 

Se il colpo fosse completamente riuscito sarebbe stato un dramma di proporzioni inedite, trasmesso in diretta in due tra i principali Paesi d' Europa, con spettatori terrorizzati dietro e davanti allo schermo, entrambi in trappola.

 

ASSEDIO AL BATACLAN 721 ASSEDIO AL BATACLAN 721

Unico parziale precedente, un film del 2008 opportunamente intitolato "Senza apparente motivo". Anche così, con le esplosioni dall' esterno a raggiungere il campo che definiamo "di gioco" l' effetto è stato comunque potente. Nella strategia dell' Is non devono più esistere per gli infedeli luoghi sicuri nè piacevoli. A seguire, neppure per i sudditi di quello Stato che intendono creare sulle rovine storiche e ideologiche del califfato.

 

Qualunque eversione liberticida, qualsiasi progetto di annichilimento dell' avversario finisce prima o poi in uno stadio. I golpisti cileni che rovesciarono il legittimo governo di Salvador Allende rinchiusero in quello di Santiago gli oppositori e proprio lì cominciarono a eliminarli.

 

BATACLAN BATACLAN

Struttura non molto diversa era il velodromo parigino in cui vennero condotti gli ebrei rastrellati in città nell' agosto del '41. Ma è proprio quando al potere va il fondamentalismo islamico che lo stadio da contenitore di attività sportive, pur circondate da atti di segno opposto, viene dedicato al terrore puro e alla sua fruizione spettacolare, sostituto della piazza nelle comuni rivoluzioni.

 

Quello di Kabul chiuse le porte al calcio e le aprì alle punizioni esemplari, offerte al pubblico come unica e perversa occasione di svago. Vi si eseguivano le condanne a morte affidate alla mannaia dei parenti di chi era stato offeso dal condannato. La folla, inevitabilmente, pretendeva la vendetta, giacché il perdono, segno di debolezza e non di generosità, l' avrebbe delusa quanto uno zero a zero. Vi si lapidavano le donne adultere o presunte tali e a scagliare la prima pietra era il marito, magari davanti ai figli piccoli che avevano appena abbracciato per l' ultima volta la madre in lacrime.

 

Lo stadio diveniva il luogo dove a una esultanza infantile si sostituiva un dolore senza età, dove la violenza anziché combattuta era incoraggiata e la crudeltà una follia non individuale, ma di Stato, freddamente regolata e imposta.

BATACLAN BATACLAN

 

Oltre, il nulla: quando i talebani si ritireranno mineranno il terreno perché niente possa tornare come prima, nessuno possa ritrovare il proprio posto al sole. Il vuoto è la cifra della loro cultura e del loro immaginario.

 

L' occidente per il vuoto prova spavento: riempie le giornate, le ore, i minuti. Concepisce l' esistenza come un palinsesto che non può avere buchi. La farcisce di programmi più o meno riusciti ma comunque tesi alla felicità o, al limite, alla soddisfazione: vacanze su coste esotiche, concerti di rock' n roll, competizioni sportive globali. Chi l' occidente combatte viene dal deserto e il deserto predica.

 

Svuota l' esistenza propria e altrui affinché possa divenire più dedicata, più semplice, ma anche più controllabile.

STADIO PARIGI STADIO PARIGI

 

La paura è il principale strumento di quest' opera di conquista e dominio. L' infedele deve temere di prendere un aereo per andare al mare o un metrò per raggiungere una discoteca, di trovarsi su una spiaggia, in un museo, allo stadio. Al suddito sottomesso tutto questo verrà poi precluso: vietata la musica quand' anche provenga dalle case, preclusa la vista delle opere d' arte ( a ogni buon conto distrutte), concesso lo sport a un solo genere (quello maschile) e in circostanze speciali.

 

È una guerra alla libertà e alla gioia, ben prima che alla democrazia, quella che impedisce con il ricatto della paura di tuffarsi nei fondali di Ras Mohamed a Sharm, di ammirare le opere custodite nel Bardo di Tunisi, di essere spensierati a Montmartre o di gioire per il gol di un francese o un tedesco, magari con un cognome arabo e di religione musulmana.

STADIO DI PARIGI STADIO DI PARIGI

 

È una guerra che si perde anche registrando l' annullamento dei concerti metal, la cancellazione dei voli per il Cairo, i vuoti sugli spalti. Non può esistere un' estetica del vuoto: è solo negazione di ogni possibile bellezza. Non c' è legittimazione etica per gli atti compiuti dall' Is o in suo nome, non bastano neppure gli enormi errori compiuti dai leader occidentali. E non c' è una sola parola attribuibile a un dio, tra le migliaia contenute in tutti i testi definiti sacri, che li giustifichi.

 

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