ARTE ALL'AMATRICIANA - “IO SO' SICURO CHE ‘STI QUADRI SO' BUONI. SO' CERTIFICATI” - BALLA, FONTANA E DE CHIRICO FALSI: IL BUSINESS MILIONARIO DELLA GANG DEI GALLERISTI - DALL'INDAGINE SULLA FONDAZIONE DE DOMINICIS EMERGONO ALTRE OPERE CONTRAFFATTE E VENDUTE -  IL RUOLO DEL GALLERISTA ROMANO PIO MONTI - IL RESTAURATORE: “LE OPERE PRESENTAVANO UN FORTE ODORE DI VERNICE FRESCA”

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Michela Allegri e Marco Carta per “il Messaggero”

 

opere contraffatte gang dei galleristi opere contraffatte gang dei galleristi

Opere contraffatte, certificate a distanza e rivendute come autentiche. Un business milionario realizzato con la complicità di galleristi e critici altisonanti: «Io so' sicuro che sti quadri so buoni. So' certificati». Dipinti appena realizzati, venduti come originali: «Sentivo la vernice fresca», racconta un restauratore. Dietro l' indagine che lo scorso dicembre portò al sequestro di 250 opere contraffatte dell' artista marchigiano Gino de Dominicis, si potrebbe nascondere un vero e proprio mercato della contraffazione delle opere d' arte dei principali artisti italiani: da Giorgio De Chirico a Carlo Carrà, fino a Lucio Fontana e Giacomo Balla.

 

Valeria Paniccia Francesca Monti Alda Fendi e Pio Monti Valeria Paniccia Francesca Monti Alda Fendi e Pio Monti

Ad ipotizzarlo sono i giudici del Tribunale del riesame, che lo scorso 11 gennaio hanno disposto l' obbligo di dimora per Marta Massaioli, vicepresidente della Fondazione Archivio De Dominicis, accusata di associazione a delinquere finalizzata alla falsificazione, autenticazione e commercializzazione di opere falsamente attribuite, appunto, a De Dominicis.

opere contraffatte gang dei galleristi opere contraffatte gang dei galleristi

 

Secondo la ricostruzione della pm Laura Condemi e dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico, tutto ruoterebbe intorno al gallerista romano Pio Monti. Nei suoi confronti era stato disposto il divieto (poi annullato) di esercitare per sei mesi la professione, in quanto «ritenuto attivo nella commercializzazione di opere false» in particolare di De Dominicis. Le indagini avrebbero fatto anche «emergere sospetti di altre condotte di ricettazione e o falsificazione di opere di importanti artisti contemporanei». Tra cui Giorgio De Chirico, Giuseppe Capogrossi, Carlo Carrà, Wilfredo Lam, Lucio Fontana, Giacomo Balla e Carla Accardi.

giuseppe capogrossi giuseppe capogrossi

 

Quando il 30 luglio del 2014 i carabinieri irrompono nello studio del pittore Giuseppe Giordano Villa, indagato per falsificazione, quello che trovano è una vera e propria centrale della contraffazione: tra falsi d' autore e 72 timbri a secco «riferibili ad artisti, archivi, fondazioni gallerie d' arte, critici d' arte».

 

vittorio sgarbi e la sua assistente paola camargo intervistati (1) vittorio sgarbi e la sua assistente paola camargo intervistati (1)

A far scaturire l' inchiesta, la denuncia di Paola de Dominicis, cugina ed erede dell' artista, la quale «segnalava che alcune opere, inserite in una pubblicazione della collezione Koelliker, erano false o di dubbia attribuzione». La donna si soffermava anche sull' ambiguità della fondazione della Massaioli, sostenendo che fosse un doppione di quella ufficiale da lei gestita. D' altro canto, anche per gli inquirenti quella fondazione avrebbe avuto natura «fittizia». Che invece di impedire «la diffusione dei falsi», come sostenuto dalla Massaioli, avrebbe rilasciato «certificazioni di expertise preconfezionate e inattendibili», spesso effettuate a distanza o in luoghi non idonei, come la hall di un albergo, si legge nelle motivazioni del Riesame.

opere contraffatte gang dei galleristi opere contraffatte gang dei galleristi

 

 È in un capannone di Cerreto D' Esi, in provincia di Ancona, che «venivano formate, allestite o stoccate le opere false commercializzate». A rivelarlo sono state le testimonianze degli ex dipendenti della donna, riportate negli atti. «Mi incaricava di dipingere il retro delle opere di De Dominicis con il nero - afferma l' ex autista Sandro Mentuccia - Mi sembra una trentina di opere. Tutte le opere non erano firmate...

c' era un' etichetta con le misure e il titolo». A sollevare dubbi era stato anche un restauratore, Alessandro Pavia, che in un caso aveva notato delle incongruenze su tre opere, apparentemente risalenti a 20 anni prima: «Tolto il vetro dei tre dipinti - si legge nelle carte del Riesame - ebbe il modo di constatare che in effetti le opere presentavano un forte odore di vernice fresca». Gli indagati hanno sempre assicurato sulla genuinità dei dipinti attribuite a De Dominicis. Ma da numerose intercettazioni, per l' accusa, sarebbe invece emersa «la consapevolezza della non autenticità delle opere».

 

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Come nel caso di un quadro da 20mila euro trasportato «nel vano bagagli di una linea di trasporto pubblico Bus Marozzi». Un gioiello dell' artista marchigiano, lasciato «incustodito e senza cautela» fra i borsoni dei pendolari. «Una modalità che denota incuria e disinteresse per le sorti del dipinto e che presuppongono la falsità dell' opera», concludono i giudici del Riesame.

 

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