AVETE MAI PROVATO A VEDERE UN FILM PORNO SENZA AUDIO? SCOPRIRESTE CHE DIETRO LA MESSINSCENA DEL SESSO C’E’ UN’ALTRA VERITÀ: LE DONNE SONO PIEGATE IN POSIZIONI ASSURDE, INCOMPATIBILI CON IL SESSO REALE - E POI, PRIMA DI FANTASTICARE, CHIEDETEVI: UNA DONNA, IN QUESTA POSIZIONE, POTREBBE MAI GODERE?  

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Michela Pagarini* per http://www.huffingtonpost.it

*Femminista e attivista per i diritti LGBT

 

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La pornografia è un argomento difficile da definire: per qualcuno è spettacolo, per altri un mercato, per altri ancora "solo sesso". La cosa certa è che da sempre muove le masse, molti capitali e altrettante emozioni. È sotto gli occhi di tutti ma, a parte ciò che si vede sugli schermi, finora di tutto il resto abbiamo saputo piuttosto poco.

 

Dopo il boom dell'Aids, che ha tragicamente svelato per primo il lato oscuro e i primi segreti di quel "mondo dorato", negli ultimi 10-15 anni hanno cominciato ad arrivare anche i racconti delle attrici che, sempre più spesso, quando smettono di lavorare nell'hard scelgono di rivelare cosa c'è dietro quell'esperienza.

 

Le loro parole raccontano quasi sempre di una realtà molto violenta, piena di costrizioni, botte, paura e dolore, ben lontana da una vita da "regine del sesso" come sono sempre state dipinte - o come ci ha fatto comodo immaginare - le più famose star del porno. Per tante di loro non c'è stata scelta, e anche per chi l'ha avuta, il trattamento ricevuto raramente è stato dei migliori.

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Quelle che durante la loro carriera non hanno contratto malattie invalidanti o mortali (ancora oggi il preservativo non è ritenuto compatibile con l'eccitazione necessaria al film, e spesso pretenderlo significa perdere il lavoro) e non hanno sviluppato dipendenze fatali o comportamenti autolesionisti, spesso riportano sintomi simili a quelli da disturbo post traumatico, analoghi a quelli dei reduci di guerra. Una sintomatologia ben nota a chi si occupa di violenza sulle donne, perché già ampiamente documentata su molte di coloro che provengono da esperienze di stupro e abusi sessuali.

 

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Ma davvero abbiamo creduto anche solo per un attimo che fare l'attrice porno potesse essere un lavoro come altri, avulso da sfruttamento e violenza soltanto perché retribuito?

Forse sì e forse no: la macchina cinematografica Vm18 è un mezzo potentissimo di lunga tradizione, che parla direttamente con le nostre viscere, con i nostri pensieri più oscuri, paure ancestrali, traumi collettivi, desideri inconfessabili nascosti o mai emersi, in quel brodo generale che è l'mmaginario sessuale.

 

Ovvero uno spazio virtuale che molte donne raccontano essere abitato da scene tanto tremende quanto eccitanti, razionalmente inspiegabili perché completamente indesiderate nella loro vita reale. Eppure basta aprire un po' gli occhi e, se serve, disinnescare un minimo il prodotto finale per vederlo bene, quasi meglio.

 

Se guardate un video porno senza audio, per esempio, quello che potreste vedere è una sfilata interminabile di donne nude o quasi, piegate o tese in posizioni assurde, molto adatte all'obiettivo ma difficili da immaginare in un contesto di sesso reale e, almeno per una donna, verosimilmente appagante.

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Nella maggior parte dei film si vedono donne schiacciate, divaricate, prese per i capelli, tenute con le mani sulla gola, schiaffeggiate, trascinate per le caviglie, spintonate dalla testa, frequentemente con la bocca tenuta forzatamente aperta con una pressione delle dita sulla mascella o costrette in posizioni da cui tentano inutilmente di liberarsi dal peso di uno o più uomini addosso.

 

All'inizio dei film sono tutte presenti all'azione, alcune provocanti altre apparentemente più timide, quasi tutte guardando la camera spavalde. Sono (chi più, chi meno) vestite, pettinate e truccate in mille modi diversi, e tutti sembrano esprimere in qualche modo loro stesse, con vissuti e culture differenti provenienti da tutto il mondo.

 

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Ma già dopo pochi minuti tutto cambia, e presto davanti agli occhi non c'è più neanche il ricordo delle ragazze che abbiamo appena visto, sostituito velocemente da una serie di figure praticamente indistinguibili l'una dall'altra. Distrutte, spiritate, maschere impiastricciate di trucco, sudore e sostanze organiche, con i volti stravolti e i corpi pieni di segni.

 

Dopo le prime battute, lo sguardo in camera per la maggior parte di loro non c'è più, e i film diventano una carrellata di donne stremate con tante mani addosso, dita in bocca, oggetti o parti del corpo infilate un po' ovunque, che tengono gli occhi chiusi. Se li aprono sono stralunati, assenti, impressionantemente vuoti. Gli uomini invece - se servisse dirlo - oltre alla variabile jeans su/jeans giù, non cambiano aspetto di una virgola dall'inizio alla fine del film.

 

Se vogliamo proseguire, e gli occhi li chiudiamo noi per passare a concentrarci sull'audio, dopo i primi (pochi) minuti di riscaldamento, ciò che arriva dalle voci femminili sono urla, gemiti, grida più o meno soffocate, conati di vomito. Le voci maschili si sentono meno, e si dividono tra quelle che incalzano, quelle che apprezzano e quelle che insultano o ordinano. Di sottofondo ci sono sempre colpi ripetuti, soffocati o sonori, seguiti da rumori indistinguibili, esclamazioni di soddisfazione o altri gemiti.

 

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Messi insieme, audio e video possono essere molto potenti, o quello del porno non sarebbe uno dei mercati più ricchi al mondo. Ma è un business costruito sulla violenza agita sui corpi delle donne, che così come non vengono rispettate nella vita quotidiana, allo stesso modo non lo sono né se quello è il loro lavoro, né nella vita privata, nemmeno se scelgono liberamente di sottoporsi a tali pratiche.

 

Perché anche se firmano un contratto poi vengono cambiate le regole unilateralmente e in corso d'opera, perché le scene di violenza per essere credibili diventano spesso violenza vera, perchè se qualcuno degli attori si fa prendere la mano e c'è un'escalation fuori programma nessuno alza un dito, perchè il film viene meglio, "più realistico", perché un'attrice porno non ha tutela, perché anche se pagata, una donna è sempre una donna, in questo caso alla mercé di uno o tanti uomini. E in media sappiamo come funziona.

 

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Alcune dicono di trovarsi benissimo in quel ruolo. Non capisco come ma lo rispetto, però quelle voci sono troppo poche rispetto a ciò che si vede, si sente e si legge guardando verso tutte le altre.

 

E con un po' di sincerità, forse potremmo dire che è quantomeno improbabile che quello sia un ruolo particolarmente confortevole. Perché in genere, e vorrà pur dire qualcosa, gli uomini non sono disposti a subire nemmeno una minima parte, nè nei film nè nella vita, delle pratiche a cui vengono sottoposte le donne. E le altre donne, come sappiamo, perlopiù affermano di trovare eccitante l'idea di situazioni che però non replicherebbero mai e poi mai nella vita vera.

 

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Si scrive pornografia, si legge stupro a pagamento, parafrasando Rachel Moran, in Italia proprio in questi giorni nel tour di presentazione del suo libro, un testo illuminante che racconta molte verità scomode e fa un'analisi accurata del tema della prostituzione, dal punto di vista di chi ci è entrata e ne è uscita sufficientemente presto da riuscire a inventarsi un'altra vita (da giornalista e attivista). Moran ha coniato quest'espressione riferendosi alla prostituzione e, per estensione, ai due mondi che vi confinano, quello delle attività di lap dancer e escort e, appunto, il porno.

rocco siffredi e malena nuovo porno 1. rocco siffredi e malena nuovo porno 1.

 

Purtroppo, per ognuna delle donne che lo racconta, ci sono moltissimi uomini - e non solo - determinati a ignorarne la voce, perchè la condizione imprescindibile per sentirsi a posto e godersi un bel porno in santa pace è che "lei lo voglia", almeno un po'. E allora chiudiamo gli occhi, e facciamo pure finta di crederci tutti.

 

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