CHI HA SPARATO A KUKI GALLMANN? LA SCRITTRICE CHE SI BATTE PER IL KENYA FERITA DAVANTI AL SUO RANCH - UNA PISTA PORTA AI BRACCONIERI MA LEI NON HA DUBBI: A SPARARE SONO STATI I NOMADI POKOT CHE STANNO CALANDO DALLE VENTI CONTEE DEL KENYA, ARSE NELLA PEGGIORE CARESTIA DELL'ULTIMO TRENTENNIO -

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Francesco Battistini per il Corriere della Sera

KUKI GALLMANN KUKI GALLMANN

 

C' è una terra per i vivi e una per i morti, dice sempre Kuki Gallmann, e a Laikipia da un po' di settimane il confine tra le due s' è fatto labile. All' ultima telefonata, «pronto c' è Kuki?», ci aveva risposto subito. Meno d' un mese fa.

 

«In questo momento sono al sicuro. Sto nel mio lodge, ho davanti quindici militari armati che mi ha mandato il governo, finalmente fanno un po' di guardia. Lo capisco, non possono permettersi un "caso Gallmann" a pochi mesi dalle elezioni. Ma forse ci hanno pensato un po' tardi». Una pausa, un sospiro: «Che cos' altro mi può succedere?».

 

Qualcosa è successo. Ci hanno pensato troppo tardi. E il caso Gallmann eccolo qui: hanno sparato a Kuki. La Karen Blixen italiana. L' ambientalista e scrittrice trevigiana diventata kenyota, che per la sua storia ispirò un copione hollywoodiano con Kim Basinger: da quasi mezzo secolo difende il suo pezzo d' Africa, dove seppellì il marito morto in un incidente e il figlio ucciso da un serpente, e combatte per la salvezza d' un intero continente.

È stata un' imboscata. Kuki era in jeep con un autista, stava andando a perlustrare l' orlo di Ol Ari Nyiro, il Posto della Primavera dove vive, 400 chilometri quadrati di tenuta, e s' è trovata la strada sbarrata da un albero buttato di traverso.

 

Appena il tempo di scendere, e sono partiti i colpi. Forse, una pistola. L' autista era armato e ha risposto come ha potuto, mentre per radio chiamava i ranger del Kws, il Kenya Wildlife Service.

 

Una sparatoria di qualche minuto, obbiettivo in parte raggiunto: Kuki a terra, ferita allo stomaco proprio com' è successo qualche giorno fa e da queste parti a una guardiano kenyota, Duncan Murimi, che poi è morto; proprio com' è capitato in marzo a Tristan Voorspuy, un proprietario inglese, colpito a cavallo mentre andava a controllare una casa bruciata dai bracconieri; proprio com' è stato per trenta vittime negli ultimi sei mesi, mille ranger assassinati negli ultimi dieci anni in una guerra che il mondo non vede.

 

KUKI GALLMANN KUKI GALLMANN

Kuki è cosciente, parla. Ma ha anche 73 anni, ha perso molto sangue e non è fuori pericolo. L' hanno portata subito a un piccolo ospedale, Nanyuki, e poi con un elicottero militare all' Aga Khan di Nairobi. Assieme a Sveva, la figlia, 37 anni, che a fine marzo era stata sfiorata pure lei da una raffica di kalashnikov mentre stava con la sua bambina.

 

Chi la vuole morta? «Li stiamo cercando», dice il capo della polizia locale, Ezekiel Chepkwony: trovarli è una priorità, se non si vuole che il Kenya chiuda con i sempre più scarsi turisti. Una pista sono i bracconieri dell' elefante e del rinoceronte nero, un' estinzione che Kuki affronta da anni.

 

 

Lei però non ha dubbi: a sparare è la tribù dei Pokot, nomadi e assetati che stanno calando dalle venti contee del Kenya, arse nella peggiore carestia dell' ultimo trentennio.

 

Un' emergenza nazionale che ha ridotto allo stremo due milioni e mezzo di Pokot, di Masai e di Samburu, ucciso l' 80 per cento del bestiame. Gruppi paramilitari, non solo di poveracci disperati: «Con la scusa della siccità - spiega l' ex premier Raila Odinga -, questi criminali mettono a segno attacchi ingiustificati contro i proprietari dei ranch. Ancora più deprimente, nel bloccarli, è l' incapacità o l' assenza di volontà del governo».

 

GALLMANN GALLMANN

Anche su questo, la famiglia Gallmann è sempre stata sicura: in piena campagna elettorale, a spingere i Pokot è il populismo di alcuni politici che contestano titoli d' acquisto dei ranch risalenti ai primi del '900 o all' indipendenza del 1963. La grande tenuta delle Gallmann, verde e ben curata, biodiversità e un centro di ricerca sull' ambiente, 250 dipendenti, è un' oasi nel disastro che fa gola a molti.

 

«Nei comizi, molti governatori incitano la gente a invadere quella che definiscono "la nostra terra" - racconta Martin Evans, leader dei proprietari terrieri della regione di Laikipia -. Il messaggio è chiaro: poiché l' Africa appartiene agli africani, dovete riprendervela. Invece persone come Kuki sono proprio quelle che hanno salvato questa parte centrale del Kenya, strappandolo alle speculazioni e ai cacciatori di frodo». Sveva adesso ha paura, raccontano, e con la figlia piccola vorrebbe allontanarsi per un po'. Kuki, no: «Non sono tornata in Italia quando morirono i miei - ci disse un mese fa -, non me ne vado certo adesso».

 

 

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