COME FAR SPARIRE LE TRACCE DEL RELITTO - DOPO IL TRASFERIMENTO DELLA CONCORDIA UNA FABBRICA SOTTOMARINA RIPULIRÀ IL MARE DEL GIGLIO PER UN ANNO E MEZZO: 190 SOMMOZZATORI AL LAVORO PER RIMUOVERE ROTTAMI E DETRITI

Con una petizione alcuni abitanti del Giglio chiedono che vengano tolti gli elementi inquinanti ma che restino le piattaforme in ferro: “Sarebbero una bella “tana” per i pesci” - Si chiede che il luogo del disastro diventi “zona di ripopolamento per favorire la pesca” ma per il ministero dell’Ambiente tutto deve essere riportato allo stato in cui era prima…

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Jenner Meletti per “la Repubblica

 

COSTA CONCORDIA COSTA CONCORDIA

Si lavorerà ancora per un anno e mezzo, nella fabbrica sotto il mare. «Dovremo liberare i fondali, ripulire tutto. Ci sono piattaforme di ferro da 1.000 tonnellate, ci sono 1.400 sacchi contenenti 13 mila metri cubi di malta cementizia…». Yurij Bean, nato a Grado 38 anni fa e capo dei 190 sommozzatori impegnati al Giglio, sa che il lavoro non sarà finito anche quando — forse martedì — il relitto della Concordia verrà trascinato nel porto di Genova.

 

isola del giglio x isola del giglio x

La fabbrica sommersa, senza fumi di ciminiere e senza rumori, sarà come una miniera, con almeno 50 metri d’acqua al posto delle rocce. «Non sappiamo ancora — dice Silvio Bartolotti, amministratore delegato della Micoperi, che con la Titan ha raddrizzato la nave e ora sta preparando il galleggiamento — chi vincerà la gara per questa pulizia del mare. Noi siamo pronti. Certo, sarà impegnativo. Sa cosa vuol dire lavorare sott’acqua? ».

 

Un cesto di frutta, sul tavolo dello yacht. «Abbiamo affittato la barca perché non c’è posto in albergo. Sì, il nostro cantiere è una fabbrica, ma con regole molto più precise perché i pericoli sono alti. L’acqua è un elemento innaturale per l’uomo. Si fa fatica a nuotare, immagini saldare, tagliare, costruire… Qui sono impegnati sommozzatori, saldatori, carpentieri, metalmeccanici, addetti alla logistica. Prendiamo il mestiere più duro, quello dei sommozzatori. Intanto, quando sono al lavoro, non si può svolgere nessun’altra attività, né dentro né fuori dall’acqua.

 

SOMMOZZATORI CONCORDIA SOMMOZZATORI CONCORDIA

Ogni loro movimento deve essere progettato e programmato al dettaglio. Per intenderci: non basta organizzare bene le cose e poi dire “speriamo bene”. No, l’uomo con il respiratore deve essere messo nella condizione di non poter assolutamente sbagliare ».

 

«Ognuno di noi — racconta Yurij Bean — è seguito almeno da un altro sommozzatore, che osserva dalla superficie (con un monitor collegato a una telecamera sul casco di chi è sotto e alle telecamere di piccoli robot) ogni mossa del collega, che è collegato con una catena. Se ci sono problemi, è pronto a soccorrerlo immediatamente». Al Giglio si è lavorato a profondità comprese fra i 50 ed i 70 metri ma detriti e rottami sono caduti anche a 100 metri e anche più a fondo (oltre lo “scalino” sul quale si è appoggiata la Concordia) e dovranno essere recuperati.

 

«In questo caso — spiega il capo della Micoperi — si dovrà lavorare in saturazione. Che significa? Vuol dire che i sommozzatori dovranno restare in una stanza di acciaio con le stesse atmosfere che troveranno sul fondale. Si calcola un’atmosfera ogni 10 metri per cui a 100 metri sei a 11 atmosfere, compresa quella che abbiamo sulla superficie a livello del mare. La stanza è in realtà un tubo, 8 metri di lunghezza e 2,20 di diametro, dove questi lavoratori restano in media 28 giorni.

 

SOMMOZZATORI CONCORDIA SOMMOZZATORI CONCORDIA

Dagli 8 ai 12 posti, dove si mangia, si dorme, si legge e si va al bagno e non c’è altro da fare. A turno si va al lavoro per 8 ore, trasportati da una campana che ha le stesse atmosfere del tubo e del fondale. E queste sono le sole ore di “libertà”, perché il sommozzatore almeno si muove e si sente utile.

 

Con le indennità, con un mese di “tubo” lo stipendio arriva a dieci-dodicimila euro ma questi soldi ci sono solo quando c’è questo lavoro straordinario e pesantissimo. Per i lavori a 50 metri il sommozzatore opera senza saturazione, ma per un’ora al massimo. Due ore per risalire, piano piano per la decompressione e la sua giornata è finita».

 

Ci sarà molto da fare, nella fabbrica nascosta nel mar Tirreno. Si dovranno tagliare, e non sarà facile, 21 pali di ferro che hanno un diametro di 2 metri e sono stati infilati nel granito. Ci sono piattaforme, sempre di ferro, usate come sostegno della Concordia. Le tre più grandi pesano 1.000 tonnellate l’una. Ci sono poi — e questo è il problema da affrontare subito dopo la partenza della nave — 13 mila metri cubi di malta cementizia, contenuti in 1.400 sacchi a forma di enormi materassi.

 

«Dovremo verificare — dice Maria Sargentini, presidente dell’Osservatorio di monitoraggio della Costa Concordia — innanzitutto la tenuta di questi involucri. Se il cemento si spandesse, sarebbe un guaio molto serio. Anche nel nuovo cantiere continueremo a impegnarci come abbiamo fatto in questi due anni e mezzo: non solo difesa dell’ambiente ma soprattutto controllo dei progetti, in stretto raccordo con il governo e la Protezione civile».

SOMMOZZATORI IN AZIONE ALLISOLA DEL GIGLIO VICINO LA COSTA CONCORDIA SOMMOZZATORI IN AZIONE ALLISOLA DEL GIGLIO VICINO LA COSTA CONCORDIA

 

Al Giglio c’è però chi non vuole che tutto scompaia. Con una petizione, alcuni residenti chiedono che vengano tolti gli elementi inquinanti ma che restino le piattaforme in ferro. «Sarebbero una bella “tana” per i pesci ». Si chiede che il pezzo di mare coinvolto nel disastro diventi «zona di ripopolamento con finalità biologica, per favorire lo sviluppo della pesca e delle attività subacquee». Ma il ministero dell’Ambiente è stato chiaro: tutto deve essere riportato allo “status quo ante”, insomma tutto com’era prima.

 

Sul relitto, mosse dal maestrale, ci sono soltanto le bandiere delle due società (l’americana Titan Salvage e l’italiana Micoperi, nata a Ravenna) che hanno recuperato la nave. «Vorrei ricordare — dice Silvio Bartolotti — che l’intero progetto è nostro. E che abbiamo dimostrato una cosa importante: l’Italia è un Paese che, di fronte alle difficoltà, sa reagire».

 

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