IL COVID FRENA IL CRIMINE MA NON LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE - NEI MESI PIÙ CALDI DELLA PANDEMIA QUASI TUTTI I REATI IN ITALIA SONO CALATI, SALVO I CRIMINI INFORMATICI E I COSIDDETTI "REATI DI GENERE" - CRESCE LA PERCENTUALE DEI FEMMINICIDI: SI SALE AL 46% RISPETTO AL 36% DELL'ANNO PRECEDENTE. ANCHE RESTANDO AL PIÙ RISTRETTO AMBITO FAMILIARE-AFFETTIVO, LE VITTIME DI SESSO FEMMINILE SONO IL 75% (ERANO IL 68% DEL 2019)…

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Francesco Grignetti per “la Stampa”

 

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Il Covid non ha frenato la violenza contro le donne, anzi. È avvilente il terzo Report emesso dall'Organismo di monitoraggio sul rischio di infiltrazione nell'economia da parte della criminalità mafiosa. Con le violenze su mogli e compagne, l'infiltrazione mafiosa non c'entra granché.

 

Ma questo gruppo di studio interforze, coordinato dal prefetto Vittorio Rizzi, vicecapo della polizia, ha voluto allargare l'orizzonte a tutti i reati del periodo. Ed esaminando le conseguenze dirette e indirette del Covid sulle dinamiche criminali, salta agli occhi che nei mesi più caldi della pandemia quasi tutti i reati in Italia sono calati, salvo i crimini informatici. E i cosiddetti reati di genere.

 

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Sono le donne, infatti, ad aver fatto da parafulmine per le tensioni più varie. E così se nei cinque mesi che vanno da marzo a luglio si riscontra una diminuzione del 22% di omicidi volontari rispetto all'anno prima (passando da 140 a 109) a ben guardare questo decremento non tocca le vittime femminili. «Le vittime di genere femminile - si legge nel Report - rimangono sostanzialmente invariate». Si è passati da 51 a 50 donne uccise. Di conseguenza, cresce enormemente la percentuale dei femminicidi sul totale. Si sale al 46% rispetto al 36% dell'anno precedente. Anche restando al più ristretto ambito familiare-affettivo, a fronte di una diminuzione degli eventi, le vittime di sesso femminile sono il 75% (erano il 68% del 2019). La violenza contro le donne non teme la pandemia, insomma.

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Lo dicono anche le statistiche sui cosiddetti «reati spia»: gli atti persecutori, i maltrattamenti contro familiari e conviventi, la violenza sessuale. E se nei mesi di marzo e aprile, quelli dello stretto lockdown, c'era stata una lieve flessione rispetto all'anno precedente (da 3.319 a 2.417 a marzo; da 3.125 a 2.511 ad aprile), appena le restrizioni si solo allentate, ecco «un incremento dei reati, con un picco a maggio 2020, che peraltro supera il dato riferito allo stesso mese dell'anno precedente (da 3.280 a 3.363)». Con il primo timido ritorno alla normalità, l'odio represso di tanti uomini è venuto fuori prepotente.

 

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«La diffusione del Covid-19 - è l'analisi del nostro Organismo di monitoraggio - le misure restrittive della libertà di circolazione adottate, gli effetti della relativa crisi economica hanno esasperato, soprattutto nel periodo dell'isolamento domiciliare, conflittualità presenti e latenti». Anche Europol, l'agenzia europea che coordina le varie polizie del Continente ha registrato questi trend. Perché è successo anche altrove. Realtà che però nell'immaginario collettivo sono zone arretrate.

 

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Certo non nell'Italia che si vuole civile e lanciata nella modernità. Ebbene, in Kosovo è stato registrato nel primo semestre 2020 un forte incremento dei maltrattamenti in famiglia. In Portogallo, la violenza domestica ha registrato una crescita di casi, tanto che le segnalazioni sulle linee telefoniche di assistenza hanno registrato un aumento di richieste pari al 180% rispetto al periodo marzo/giugno del 2019. In Polonia, i reati contro la persona caratterizzati dall'uso della violenza sono aumentati nel primo semestre del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. E in Albania è stato approvato dal Parlamento un inasprimento delle pene per i reati contro la famiglia e istituito dalla polizia un numero verde per segnalare le violenze in famiglia.

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