ENI GELA-TA - LA CITTÀ-INDUSTRIA SCIOPERA CONTRO IL PIANO DI RISTRUTTURAZIONE DEL “CANE A SEI ZAMPE” (ARRIVA ANCHE LA CAMUSSO): “SENZA RAFFINERIA, IN 3MILA A RISCHIO” - DESCALZI: “NESSUN LICENZIAMENTO, INVESTIREMO 2 MILIARDI’’

L’impianto è fermo da maggio, dopo che un incendio l’ha in parte danneggiato, ed ora gli investimenti promessi un anno fa sono stati bloccati - Dopo lo sciopero cittadino di oggi, domani tocca ai 30 mila dipendenti dell’Eni fermarsi e manifestare a Roma. Il giorno seguente, mercoledì, nuovo round al ministero dello Sviluppo...

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Paolo Baroni per “La Stampa

Petrolchimico Gela Petrolchimico Gela

 

«Vogliamo lavoro vero, non assistenza» dice Ernesto Sala. E al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, manda un messaggio chiaro. «Se viene qui a fine agosto, c’è il rischio che sia troppo tardi». «L’Eni in Sicilia vuole raddoppiare l’estrazione e poi fa lavorare il nostro petrolio in Lombardia o Germania? Non può funzionare» sostiene invece Antonio Piccione. «Siamo stanchi delle parole e delle promesse non mantenute», aggiunge sconsolato Orazio Rinelli. «Solidarietà non ne vogliamo più, basta prese in giro», urla invece Francesco Vaccaro, dipendente di un’azienda dell’indotto rimasto senza lavoro nonostante «gli impegni presi davanti al prefetto».

A Gela il sole picchia forte, ma da più di tre settimane operai e tecnici dell’Eni e delle imprese dell’indotto non si schiodano dai gazebo. A turno presidiano gli ingressi della raffineria, di Enimed e di «Green Stream», dove arriva il gasdotto Italia-Libia che nei giorni scorsi qualcuno ha già minacciato di bloccare. Fermano camion e auto: passano solo i lavoratori precettati dal prefetto per garantire la sicurezza degli impianti.
 

susanna camusso susanna camusso

Quello che ai tempi di Mattei era uno dei petrolchimici più grandi d’Europa oggi è a rischio. L’impianto è fermo da maggio, dopo che un incendio l’ha in parte danneggiato, ed ora gli investimenti promessi un anno fa sono stati bloccati: per questo i dipendenti, gli ultimi 1200, età media sotto i 40 anni, in prevalenza tecnici specializzati, sono in sciopero. E con loro i 1800 dell’indotto.

 

«Qui – spiega Giuseppe D’Aquila, segretario regionale della Filctem, il sindacato dei chimici Cgil – si rischia di radere al suolo un territorio: tra Gela e Priolo, tra estrazione, raffinazione e chimica si mette in gioco il 9% del Pil siciliano».
 

La situazione è precipitata l’8 luglio quando l’Eni ha illustrato ai sindacati nazionali il suo nuovo piano strategico che tra l’altro prevede la riorganizzazione di tutto il comparto della raffinazione, dove negli ultimi 5 anni ha investito 5,9 miliardi di euro e ne ha persi 2,9, puntando a mantenere in produzione la raffineria di Sannazzaro (Pavia) e quella di Milazzo (dove ha una quota del 50%) e a ridimensionare Gela (che per l’Eni perde 200 milioni di euro l’anno, 90 al massimo per i sindacati), Taranto, Porto Marghera ed il petrolchimico di Priolo. Colpa del crollo del mercato dei carburanti (-15% in Europa e -30% in Italia) e di una sovracapacità della produzione che in Europa arriva a 120 milioni di tonnellate e che oltre ad aver già prodotto la chiusura di 17 impianti (4 in Italia) ha pure azzerato i margini di guadagno.
 

matteo renzi matteo renzi

L’annuncio choc però ha colpito soprattutto Gela, dove appena un anno fa era stato siglato un accordo che prevedeva investimenti per 700 milioni di euro per passare dalla produzione di benzina a quella di gasolio d’eccellenza, realizzare di un impianto per produrre pet-coke da utilizzare nella centrale elettrica della raffineria ed un sistema per l’abbattimento dell’inquinamento di tutte le emissioni. A Gela ora parlano di «impegni traditi» e temono il peggio. In realtà l’Eni, attraverso il suo amministratore delegato Claudio De Scalzi ha subito spiegato di non voler assolutamente chiudere Gela e che non ci saranno licenziamenti. Anzi, per l’impianto nisseno il gruppo avrebbe in programma un piano non da 700 milioni ma da 2,1 miliardi per convertire la raffineria alla produzione di bio-diesel e creare un centro di formazione «di livello mondiale» sui temi della salute e dell’ambiente.
 

Federica Guidi Federica Guidi

«Qui attorno ci sono almeno 100 pozzi di petrolio, poi ci sono i campi di Siracusa: per noi il legame estrazione/raffinazione è inscindibile – spiega il segretario generale della Filctem Caltanissetta-Gela, Gaetano Catania –. Questo cambio di strategie proprio non si capisce: o ci hanno preso in giro per tutto un anno oppure non sanno nulla di politica industriale. E non a caso l’Eni parla di garanzie occupazionali non di programmi industriali».
 

Oggi Gela si aggrappa alla sua raffineria e sciopera: tutti in piazza «per il lavoro», recitano i manifesti di Cgil, Cisl e Uil che tappezzano la città. Ci saranno anche Susanna Camusso ed il vescovo di Piazza Armerina, Rosario Gisana. In corteo anche i commercianti. «Qui si rischia una vera e propria catastrofe economica - dice Rocco Pardo, presidente di Confcommercio Gela - e purtroppo non si vede un progetto alternativo».

 

claudio descalzi claudio descalzi

In una città dove la disoccupazione sfiora il 30% e quella giovanile supera il 50% la mobilitazione è generale. «Questa città non può fare a meno di uno dei suoi settori trainanti – spiega il sindaco Angelo Fasulo (Pd). Gela ha una vocazione industriale, è una scelta fatta negli anni, e anche di recente abbiamo dato tutti il massimo per accelerare l’autorizzazione integrata ambientale e sbloccare il piano da 700 milioni. E’ chiaro che adesso la gente è disperata. E se dovessero sentirsi abbandonati non escludo ci possano essere reazioni imprevedibili».
 

Da oggi iniziano tre giorni che potrebbero essere decisivi per Gela: dopo lo sciopero cittadino di oggi, domani tocca ai 30 mila dipendenti dell’Eni fermarsi e manifestare a Roma. Il giorno seguente, mercoledì, nuovo round al ministero dello Sviluppo. Vie d’uscita? «Bisogna solo rispettare i vecchi accordi», sostiene Maurizio Giarrizzo della Uiltec. «Occorre ripartire dall’accordo dell’anno passato – argomenta D’Aquila –. Bisogna riaccendere i motori di quell’investimento, che tra l’altro era stato congegnato proprio per riportare in utile la raffineria. Solo facendo leva sul sistema-Gela, estrazione/raffinazione/produzione elettrica, si può garantire l’occupazione vera in questo sito, indotto compreso. Parliamo di 3000 posti non dei 300 che ora ci offre l’Eni».
Twitter @paoloxbaroni

 

 

 

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