LA GUERRA DEL PELO – IN ISRAELE UN REGOLAMENTO STABILISCE CHE BISOGNA TENERE LA BARBA CORTA, MA GLI ULTRAORTODOSSI POSSONO MANTENERE IL BARBONE PER INTERCESSIONE DEI RABBINI MILITARI - UNA DISCRIMINAZIONE CHE HA FATTO INCAZZARE I MILITARI LAICI CHE HANNO PRESENTATO UNA PETIZIONE ALLA CORTE SUPREMA PER CHIEDERE LA…

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Davide Frattini per il “Corriere della Sera”

la battaglia per la barba dei soldati in israele 2 la battaglia per la barba dei soldati in israele 2

 

Una volta erano gli agricoltori-soldati dei kibbutz, che poco si preoccupavano dell'estetica e di quella barba germogliata incolta a differenza dei campi. Ancora oggi sono gli ultraortodossi che per fede religiosa non si rasano. Sempre di più avanzano gli hipster che fanno della peluria ben curata un simbolo di identità da indossare ed esibire. Lasciarla andare ispida - come il sabra, il fico d'India in ebraico, simbolo dei pionieri cresciuti spinosi nel deserto - ha sempre fatto parte di una certa mascolinità israeliana, compreso il ritorno a casa dal miluim (il servizio militare nei riservisti, obbligatorio una volta l'anno) arruffati e poco lavati.

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Fino al 2016, quando i generali che assistevano a un'esercitazione congiunta con le forze americane, hanno notato una differenza nel grugno guerresco: «I nostri erano i soli a esibire tutte quelle barbe lunghe, a volte è un segno di trascuratezza che si trasferisce in battaglia», hanno commentato i portavoce.

 

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Così lo Stato Maggiore ha deciso di inserire nel regolamento l'obbligo di radersi e presentarsi all'adunata con il volto ripulito. La Corte Suprema è intervenuta per evitare discriminazioni verso i giovani militari laici, la leva per i maschi dura tre anni: gli osservanti ottengono la dispensa dal taglio per intercessione dei rabbini militari e i giudici hanno decretato che lo stesso diritto andasse accordato a chi dimostri attraverso una procedura su per la catena di comando che la barba è parte profonda della sua identità.

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 Da allora le richieste per questi casi speciali sono state migliaia, le esenzioni concesse dagli ufficiali ben poche. In gennaio un gruppo di 17 soldati ha deciso di presentare una nuova petizione alla Corte e hanno raccolto via Facebook i soldi (120 mila shekel, oltre 30 mila euro) per sostenere le spese legali. Il simbolo della campagna è lo stemma di Tsahal, le forze di difesa israeliane, effigiato da una lunga barba e i promotori spiegano «di voler spingere l'esercito a concentrarsi sulle questioni essenziali: investire tempo e risorse nella difesa della nazione».

 

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Sostengono che la discriminazione delle barbe crea «malcontento nei ranghi»: «Perché complicare la vita di questi ragazzi - dicono Bar Pinto e Gilad Levi all'agenzia France Presse - che fanno uno sforzo per proteggere la patria e offrono il periodo migliore della loro vita?». Anche perché quelli disposti al sacrificio - nonostante l'obbligo - sono sempre meno: Benny Gantz, il ministro della Difesa, ha avvertito che tra gli esoneri degli haredim (gli ultraortodossi: situazione mai davvero risolta per legge), certificati medici, studi all'estero, metà dei giovani israeliani non indossa la divisa.

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Cinque anni fa le nuove regole avevano finito con lo spaccare il pelo anche tra i praticanti: i sionisti religiosi, che spesso sono la maggioranza nelle unità combattenti, hanno protestato perché rischiavano di venire penalizzati rispetto ai più ortodossi. «Non taglierete in tondo i capelli ai lati del capo, né spunterai gli orli della tua barba», prescrive il Levitico. E un potente rabbino aveva allora ordinato ai fedeli nell'esercito di «rispettare la norma anche se dovessero prendersi cento frustate».

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