“SPESE PAZZE IN CAMPIDOGLIO” - PARLA IL COMMISSARIO DELL'ENTE PREVIDENZIALE DEL COMUNE DOPO L’ESPOSTO IN PROCURA DELLA RAGGI: " PRATICHE POCO TRASPARENTI IN CAMPO SANITARIO, STRAORDINARI FUORI CONTROLLO, L'ISTITUTO USATO COME UNA BANCA..."

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RAGGI RAGGI

Federico Capurso per la Stampa

 

Un dossier di diciotto punti accompagna l' esposto presentato alla Procura di Roma da Virginia Raggi sulla gestione dell' Ipa, l' istituto previdenziale dei 30 mila dipendenti capitolini che vive il suo terzo commissariamento dal 2012.

 

Ad averlo firmato è Fabio Serini, da giugno commissario dell' ente, che oggi racconta a La Stampa i suoi due mesi di immersione tra le opacità e le storture di un ente che «potrebbe essere uno splendido esempio di welfare», e invece, «è il paradigma di quell' Italia che crede di vivere ancora ai tempi delle vacche grasse».

 

Serini, il giocattolo si è rotto. Perché ?

FABIO SERINI FABIO SERINI

«Al di là dell' erogazione dei prestiti e dell' assistenza medica, che sono i due cardini dell' ente, si sono accumulati negli anni una miriade di servizi che affaticano la macchina. E poi, tutto andava avanti senza che ci fossero procedure scritte. Si seguivano prassi consolidate».

 

Portando illegalità?

«Questo lo diranno i magistrati. Di certo le pratiche poco trasparenti, come nel campo sanitario, non hanno aiutato».

 

Cosa succedeva?

«Ipa ha due piccoli ospedali. Capitava - per fare un esempio - che chi avesse una visita dermatologica gratuita nelle nostre strutture, si trovasse poi a subire un' operazione per l' asportazione di un neo in altre cliniche non convenzionate con noi, dove però lavoravano, privatamente, i nostri stessi medici. E poi i bandi senza gara pubblica; investimenti importanti che non producevano risultati.

RAGGI GRILLO RAGGI GRILLO

Le liste d' attesa, per dire, rimanevano lunghissime, con 6 mesi per un check-up».

 

Di che cifre parliamo?

«Cinque milioni di euro negli ultimi tre anni per ammodernare gli spazi, ottenere l' autorizzazione sanitaria...».

 

Sta dicendo che quegli ospedali operavano senza autorizzazione sanitaria?

«Sì. Per 25 anni, fino al 2015, tutti i servizi sanitari sono stati affidati a un' associazione di medici che lavorava in strutture Ipa senza autorizzazione».

 

Anche il sistema di erogazione dei prestiti ai dipendenti ha subito storture?

«Sì, c' era l' anarchia. Si è ritenuto, in passato, che l' Ipa non dovesse sottostare alle regole bancarie. Ma se presti 86 milioni di euro sei come una piccola banca. Solo negli ultimi sei mesi sono stati erogati sei milioni di euro. Sarebbe una cosa buona, se non nascondesse dei rischi».

 

Cosa intende?

la sindaca di roma virginia raggi (5) la sindaca di roma virginia raggi (5)

«Chiunque chiedesse denaro, lo otteneva. Nel 40 per cento dei casi, i soggetti che hanno avuto un prestito da Ipa non lo avrebbero mai ottenuto se si fossero rivolti a qualunque altro soggetto bancario. Abbiamo persino dato soldi ai protestati».

Il pericolo adesso qual è?

«Oggi il rischio è basso e l' insolvenza non supera il 2%. Con il Comune stiamo cercando di cambiare la ragione sociale dell' Ipa per ottenere una rete di sicurezza dal Campidoglio, che ad oggi non c' è. Anche perchè negli anni non è stato accantonato alcun fondo per eventuali emergenze».

 

Colpa dei vecchi consigli d' amministrazione?

«Non hanno sbagliato tutto, ma la gestione era poco lungimirante: tutti i soldi che entravano, venivano spesi il mese stesso. E i sindacati nei ruoli di gestione diretta non funzionano.

Nei cda arrivavano a esserci tredici consiglieri provenienti dai sindacati. E non tutti avevano le competenze necessarie. I sindacati sono imprescindibili, ma devono tornare a essere raccoglitori di bisogni. E poi ci sono i dipendenti...».

 

Anche loro?

CAMPIDOGLIO CAMPIDOGLIO

«Nei primi cinque mesi del 2017, il rapporto tra ore ordinarie e ore straordinarie di lavoro dei dipendenti Ipa era di uno a uno. Ce ne erano alcuni che arrivavano a fare 170 ore di straordinario. Insomma, per me è un lavoro enorme. Per questo ho chiesto a Raggi di nominare un secondo commissario da affiancarmi. Da solo non ce la posso fare, ma sono sicuro che riusciremo a riportare la gestione alla normalità».

 

 

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