A ME GLI OCCHI, CAZZO! - GREGORIO DE FALCO TESTIMONIA AL PROCESSO SULLA TRAGEDIA DELLA COSTA CONCORDIA E SCHETTINO ABBASSA LO SGUARDO

In aula vengono fatti riascoltare i nastri delle conversazioni tra la Capitaneria di Porto e la nave - Emergono le bugie riferite dal timone della Concordia che cercava di minimizzare la situazione - E le famose conversazioni in cui Schettino è già in mare e i passeggeri ancora a bordo...

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Laura Montanari per "Repubblica.it"

Si sono incontrati per la prima volta dentro l'aula del tribunale di Grosseto. Il comandante della Costa Concordia Francesco Schettino e il comandante della Capitaneria di Livorno Gregorio De Falco. I loro sguardi sono rimasti però distanti, uno seduto sul banco degli imputati l'altro sul palco accanto ai giudici, come testimone.

Arrested captain Francesco SchettinoArrested captain Francesco Schettino

Una testimonianza lucida, precisa nella ricostruzione degli orari e delle telefonate di quella notte. Il piglio deciso che l'Italia aveva già imparato a conoscere da quel celebre ordine impartito nei momenti tragici del naufragio della Costa Concordia: "Torni a bordo, cazzo".

E quando risente la conversazione Francesco Schettino abbassa lo sguardo agitando un foglio scritto che tiene in mano. In aula sono state fatte ascoltare le numerose telefonate fra Capitaneria e nave, il crescendo di tensione e preoccupazione.

Le bugie dette quella notte.
"Mentre dalla nave ci davano rassicurazioni sulla situazione a bordo, i carabinieri di Prato ci avevano avvisato della telefonata di una parente di una passeggera secondo cui la nave era al buio, erano stati fatti indossare i giubbotti di salvataggio, erano caduti oggetti e suppellettili - dice De Falco sul banco dei testimoni - circostanze non coerenti con quanto dichiarato dalla nave". "Questo ci fece pensare che la situazione era più grave" e "nessuno dalla Concordia aveva ancora chiamato per chiedere soccorso".

SCHETTINO TRIBUNALESCHETTINO TRIBUNALE

Nei primi contatti via radio, poco dopo le 22, la Costa Concordia aveva detto alla capitaneria di avere un black out e che sarebbe rimasta al Giglio per verificare l'avaria. Ma nessuno allora parlò di falla.

De Falco ha raggiunto in mattinata l'aula di tribunale ricavata nel Teatro Moderno di Grosseto, è stato fatto accomodare nella saletta per i testimoni ed è salito sul banco dei testimoni verso le 12.30. Il processo era ripreso con la testimonianza dell'ammiraglio Ilarione Dell'Anna, che all'epoca era a capo della Direzione marittima di Livorno.

DE FALCODE FALCO

Dalla Costa Concordia ammisero la falla solo venendo contattati più volte da terra, in particolare dalla capitaneria di Livorno, spiega De Falco ricordando che "alle 22.38 (l'urto è delle 21.45, ndr) la nave dà il segnale di distress. Chiamo io la nave perchè non convince la situazione di apparente tranquillità che loro dichiaravano. A seguito di questo ammettono che c'è una falla e non un semplice black out, così possiamo inviare motovedette ed elicotteri" di soccorso. Con De Falco la procura ha fatto ascoltare gli audio di quella notte.

In una telefonata fatta ascoltare in aula De Falco chiede a Schettino quanti passeggeri ci sono ancora a bordo della nave. E Schettino: "Non lo so, mi trovo sulla lancia, credo massimo una decina di persone sull'altro lato". Ma alla capitaneria risultavano almeno in in quella fase almeno 2-300 persone ancora a bordo. Sono mezzanotte e 28.

Ancora De Falco: "Quanti coordinano lo sbarco? Lei dove si trova?". E Schettino: "La nave è giù a 90 gradi, sono su una scialuppa tra la nave e terra". "Comandante: quante persone vede in acqua? Ci sono donne, bambini? Quanti sono? Si stanno buttando in acqua?". "A bordo c'è una decina...". "Può verificare questo dato? Voglio i dati". "Io chiesi quante persone c'erano a bordo, ha detto oggi De Falco, insistevo ma il comandante non mi sapeva dare le risposte".

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