MIGRANTI S.P.A. - NEL 2015 I TRAFFICANTI HANNO REALIZZATO PROFITTI PER 4-6 MILIARDI DI EURO - LA PORTAVOCE DI “FRONTEX”: “SALVARE VITE IN MARE È UN OBBLIGO INTERNAZIONALE. E GLI SCAFISTI LIBICI APPROFITTANO DI QUESTO OBBLIGO” - PERCHE’ LA MARINA MILITARE DA MESI NON SI ESPRIME SULLA QUESTIONE MIGRANTI?

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Chiara Giannini per “il Giornale”

 

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Ong di fronte alle coste libiche? È un dato di fatto. L'ammissione arriva da Medici senza frontiere che sul suo sito internet cita testualmente: «Se ritenuto necessario per salvare vite umane, le navi di Msf possono avvicinarsi al limite delle acque territoriali, previsto a 12 miglia nautiche dalla costa. L'ingresso nelle acque territoriali è del tutto eccezionale. Nel corso del 2016 solo in tre specifiche circostanze Msf ha svolto dei soccorsi a 11.5 miglia dalla costa, operando con l'esplicita autorizzazione delle competenti autorità libiche».

 

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Sul sito della Ong si prosegue dicendo che «in base a quanto previsto dal diritto internazionale marittimo, tutti i soccorsi in mare avvengono sotto il coordinamento del centro di coordinamento di Roma. La stessa legge italiana stabilisce che il soccorso in mare non è una facoltà o una prerogativa delle autorità preposte, ma un obbligo».

 

Era stato Marco Bertotto, responsabile di Msf, nei giorni scorsi, ad ammettere, nel corso di una trasmissione di Sky Tg24, che Msf era entrata 5 volte nelle acque territoriali libiche. E il sistema olandese Gefira, così come il giovane 23enne Luca Donadel, che ne aveva ripreso l'idea per lanciarla con un video sui social, avevano dimostrato come localizzare le navi delle Ong in acque libiche fosse un gioco da ragazzi, semplicemente utilizzando i sistemi gps alla portata di tutti.

 

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Insomma, se un tempo si trattava solo di un'ipotesi che le organizzazioni non governative operassero ai confini con la Libia, oggi si ha quella certezza che consente di gettare qualche dubbio sul fatto che quel «taxi che attraversa il Mediterraneo» in realtà sia una prassi consolidata.

 

Sulla questione è intervenuta ieri anche la portavoce di Frontex, Izabella Cooper che ha detto: «Salvare vite in mare è un obbligo internazionale. I trafficanti libici approfittano di questo obbligo. Frontex non ha mai formulato accuse contro le Ong, abbiamo solo parlato del fatto che negli ultimi 2 anni è cambiato il modo in cui operano i trafficanti». La Cooper ha precisato anche che «secondo Europol, nel 2015 i trafficanti hanno realizzato profitti per 4-6 miliardi di euro, cifre da capogiro».

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Era stato il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, nei giorni scorsi, a spiegare come in un caso «una motovedetta libica volesse riportare i migranti indietro, ma gli fu impedito da una nave delle Ong». Peraltro, c'è un aspetto che getta ombre sulla vicenda. Msf dice di essere entrata in acque libiche con l'autorizzazione della Guardia costiera italiana che, però, si trincera dietro un silenzio imbarazzante.

 

Lo stesso silenzio dietro al quale si nascondono anche le forze armate italiane. La Marina militare in particolare non si esprime, infatti, da mesi sulla questione migranti. «Ci è vietato di parlarne» si limitano a dire dagli uffici pubblica informazione della Forza armata di mare, facendo capire che l'argomento è talmente tabù da essere diventato un vero problema per chi deve comunicare l'operato dei militari impegnati a salvare vite nel Mediterraneo.

 

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Un divieto che arriverebbe diretto dai vertici della Difesa e ancor più del governo, che spara a zero contro Zuccaro (ne sono un esempio le dichiarazioni della presidente della Camera Laura Boldrini), ma che si ostina a non fornire al procuratore i mezzi per individuare eventuali responsabilità e prove utili a portare la questione in tribunale. A domanda «il governo sa?», che valga, come risposta, il detto «chi tace acconsente»?

 

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