NONNE DA SBALLO – IN AFRICA LE SIGNORE ANZIANE COLTIVANO LA CANNABIS AL POSTO DEL MAIS DISTRUTTO DALLA SICCITÀ: UN KG DI “SWAZI GOLD” VIENE VENDUTO A 100 EURO AL CHILO, CHE DIVENTANO 30 AL GRAMMO NEI COFFEE SHOP DI AMSTERDAM – PIANTAGIONI NASCOSTE E LEZIONI VIA YOUTUBE, LA STORIA DI “ASSIENAH” E DELLE ALTRE “GOGO” DEL REGNO DI ESWATINI

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Lorenzo Simoncelli per “la Stampa”

 

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In una mano il biberon per allattare il nipote, nell' altra le foglie essiccate di «Swazi gold», una delle varietà di cannabis più pregiate al mondo coltivata tra le montagne del Regno di eSwatini, l' ultima monarchia assoluta d' Africa.

 

A 58 anni, Assienah, è una delle centinaia di «Gogo» (nonne in lingua siSwati) che, a causa della grave siccità che ha colpito il Paese, ha deciso di sostituire la coltivazione di mais con la cannabis.

 

Dagli occhi scavati in un volto bruciato dal sole traspare l' innocenza di chi non è consapevole di essere alla base di un traffico illegale che, dalle pendici di un regno incantato, via Sudafrica, arriva fino alle strade d' Europa.

 

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Nonna Assienah vende cannabis come fosse insalata, una pianta come un' altra, solo ad un prezzo superiore. Un chilo di «Swazi gold» costa 1500 lilangeni (valuta locale), circa 100 euro, ai giovani corrieri della droga provenienti dal Sudafrica. Poche settimane dopo, nei coffee shop di Amsterdam, verrà venduta a 30 euro al grammo.

 

«Non so perché abbia tanto valore questa pianta - dice Assienah seduta all' esterno della sua casa di fango nell' area rurale di Mankayane, 60 chilometri dalla capitale Mbabane - i nostri antenati la usavano per curare le ferite e ha un odore orribile».

 

Il dramma della siccità

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«Prima il granoturco cresceva rigoglioso, ma la siccità ha complicato tutto - racconta la donna mentre stacca gli ultimi chicchi di mais dalle pannocchie per poi rivenderli al mercato - non ce la facciamo più a vivere. Per fortuna, una volta al mese, viene un ragazzo che compra la mia insangu (cannabis in lingua locale)».

 

Più che a lei, nonna Assienah, pensa a suo nipote Jabulani, uno delle centinaia di migliaia di orfani causati dall' epidemia di Hiv che ha dilaniato il Paese nei primi Anni duemila.

 

«Mia figlia e mio genero sono morti, mio marito è scappato in Sudafrica tanti anni fa - racconta la donna - la mia pensione è di 15 dollari al mese, ma non sempre mi viene consegnata, se non vendessi la dagga (cannabis in gergo locale) mio nipote morirebbe di fame».

 

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Per scoprire la piantagione di nonna Assienah bisogna inerpicarsi su una montagna che limita quasi il confine con il Sudafrica. Dopo mezz' ora di cammino scosceso nella foresta si arriva a una pendice bagnata da un piccolo ruscello.

 

Nascoste tra altre piante considerate magiche, usate nei rituali funebri per riabbracciare i propri defunti, spuntano le prime foglie di «Swazi gold». Dopo la lunga camminata, nonna Assienah, si ferma ed esclama: «Questo è il mio orto, il mio tesoro».

 

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Alcune delle piante superano i due metri d' altezza, altre hanno iniziato a germogliare da poco, pronte per il prossimo raccolto. «La terra rossa ricca di minerali, questo è il segreto della qualità di queste foglie» afferma la donna, mentre le controlla e le annusa una a una per verificare se sono mature per l' essiccazione.

 

Tornando verso la sua casa di terracotta, nonna Assienah, si ferma da Uriah, il saggio del villaggio, per comprare avocado e spinaci. L' uomo non è solo il suo rivenditore ufficiale di frutta e verdura, ma soprattutto il suo mentore, colui che le ha insegnato «il mestiere».

 

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«Non è facile coltivare cannabis, bisogna studiare - spiega Uriah - mio nipote mi ha regalato un computer e con il cellulare mi fatto collegare a YouTube, abbiamo imparato tutto da lì». Ancora oggi, nonostante sia diventata esperta, nonna Assienah, quando ha dei dubbi chiede ad Uriah di guardare qualche tutorial.

 

Sempre attraverso Internet sono arrivati i primi semi per iniziare le coltivazioni, poi raffinati e resi autoctoni con l' impollinazione incrociata. Le piantagioni di «Swazi gold» sono illegali in eSwatini. Le pene per la detenzione arrivano fino a 10 anni di carcere, ma l' impressione è che le autorità non possano e non vogliano controllare aree così remote.

 

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«È difficile che arrivi la polizia, ma se dovesse succedere gli dirò che non sono la sola a coltivare insangu (cannabis in lingua locale) - spiega nonna Assienah - non capisco perché sia diventata illegale, i nostri antenati la usavano ed è l' unico modo per sopravvivere».

 

Nell' ultima monarchia assoluta d' Africa, dove il 63% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, la cannabis si è trasformata nell' unica forma di sostentamento per migliaia di famiglie.

 

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