NOSTALGIA, NOSTALGIA CONCORDIA... - IL RELITTO SE N’È ANDATO MA PER IL GIGLIO NON È UNA LIBERAZIONE: “CI MANCHERÀ” - SARÀ DURA ABITUARSI ALLA SOLUTIDINE, DOPO ESSERE STATI PER 30 MESI SOTTO GLI OCCHI DEL MONDO

Quest’isola trascurata da imperatori, granduchi e re e appetita soltanto dalle feluche dei pirati saraceni è stata investita da una tempesta emotiva e mediatica difficile da rimuovere: “Laggiù nel mare un pezzo di noi sta andando via...”. I giglesi vogliono che tracce della tragedia come le piattaforme restino, come attrattiva turistica: “Oramai nel mondo ci siamo”...

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1. “FINALMENTE LIBERI MA ORA QUELL’ASSENZA CI FA SENTIRE UN PO’ SOLI”

Fabio Martini per “la Stampa

 

la festa degli angeli custodi 9 la festa degli angeli custodi 9

Da lassù è tutto più chiaro. Dall’alto dei quattrocento metri del Castello l’addio del Giglio alla Concordia si osserva meglio che in tv e dal muretto del belvedere la signora Fiorella tira fuori l’espressione più poetica: «Laggiù nel mare un pezzo di noi sta andando via...».


È uno sguardo diverso da quello raccolto in questi giorni da tv e giornali, che hanno attribuito agli isolani un sentimento di liberazione per la rimozione di quel mostro arrugginito, evocatore permanente di una tragedia. E invece è come se i gigliesi, oltre ad essere sollevati, ora si sentissero anche un po’ «soli».

 

Un sentimento dimezzato che il sindaco Sergio Ortelli spiega così: «Un vuoto, un vuoto di soddisfazione». Ma è possibile avere «nostalgia» della Concordia? Come possono nutrirla al Giglio, che rischia di legare per sempre il proprio nome a quello di una tragedia?

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In un’isola che per 30 mesi è stata investita da una tempesta emotiva e mediatica, può accadere anche questo. Il Giglio è un’isola che per secoli ha vissuto fuori dalla Grande Storia, una scaglia di granito, trascurata da imperatori, granduchi e re e appetita soltanto dalle feluche dei pirati saraceni.

 

Poi, quando è scoppiato il turismo di massa, l’isola è stata risparmiata (o condannata, a seconda dei punti di vista) dal filtro dell’Argentario che ha trattenuto le ondate modaiole di politici, attori, imprenditori, giornalisti. Al punto che l’ultimo grande evento prima della Concordia, era restata per 50 anni la gita di un giovanissimo Celentano e di Mike Bongiorno, tramandata dalla memoria di chi li vide e da poche fotografie in bianco e nero.
 

Poi, la notte del 13 gennaio 2012, con l’autoaffondamento provocato dal comandante Schettino, gli occhi del mondo improvvisamente si aprirono sulla seconda isola dell’Arcipelago toscano. Quella notte i pochi portolani presenti - circa duecento - aprirono le loro case ai quattromila naufraghi, infreddoliti e traumatizzati.

 

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Una generosa ospitalità da gente di mare che fu raccontata con dispendio di superlativi, per esempio dal maestro Uto Ughi, uno dei pochi vip che frequenta il Giglio: «La gente è stata meravigliosa. Come tutti gli isolani, all’inizio sembrano chiusi, ma poi ti danno il cuore».

 

Per effetto della tragedia, in poche ore arrivarono sull’isoletta le tv di tutto il mondo, che più tardi, il 16 settembre 2013 raccontarono il raddrizzamento, quel capolavoro della tecnica che riscattò almeno in parte il capolavoro di idiozia dell’autoaffondamento.
 

Certo, in 30 mesi, una parte del Giglio ha goduto di cospicui vantaggi economici. Non tanto per effetto del fenomeno, arcinoto del «guarda e fuggi», quel turismo giornaliero che ha fatto della Concordia un’attrazione, ma piuttosto per effetto della presenza di centinaia di tecnici e operai delle imprese Titan, Micoperi e Castalia: per più di due anni ininterrotti bar, ristoranti e agenzie immobiliari del Porto hanno fatto incassi da nababbi. E dunque nel rimpianto per la partenza della Concordia c’è anche un aspetto materiale.
 

Ma la «nostalgia» è qualcosa di impalpabile che prende le vie più diverse. Qualche giorno fa, al Giglio, un comitato ha promosso una petizione al ministero dell’Ambiente per poter trattenere le piattaforme che in questi due anni e mezzo hanno sostenuto il relitto.

 

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Nel testo si fa riferimento ad argomentazioni scientifiche («non c’è dubbio che il fondale interessato dai lavori della Concordia è stato danneggiato») e dunque alcune «strutture vanno rimosse perché nocive, mentre altre come le piattaforme metalliche e gli anchor blocks potrebbero essere lasciati in quanto sarebbero rapidamente colonizzati da organismi marini».
 

E in ogni caso - ecco il punto - la loro rimozione rappresenterebbe «scarsa attrattiva per il turismo». Come dire: tutto, persino le piattaforme subacquee della Concordia potrebbero diventare un domani un’attrattiva. Sono tanti i motivi che impediscono ai gigliesi di separarsi dal ricordo della Concordia, anche perché, come dice un personaggio dell’isola come Andrea Stefanini, «oramai nel mondo ci siamo». E separarsi dal mondo è un’impresa, anche per degli isolani forastici come i gigliesi.

 

2. IL GIGLIO MESTO TORNA A SENTIRSI «SOLO» UN’ISOLA

Marco Imarisio per “Il Corriere della Sera

 

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«Ci rivediamo, vero?». La domanda dell’ormeggiatore Toremar arriva in fondo alla scaletta che riporta alla terraferma. Ieri al Giglio era come se fossero suonati due diversi spartiti. Gli addetti ai lavori erano felici come dovrebbe essere chiunque nel vedere quella nave che si allontanava. Tra molti abitanti invece si respirava un’aria mesta, da fine stagione.

 

Basta poco per sentirsi soli. I media che se ne vanno e la normalità ritrovata significano il ritorno alla dimensione isolana. Sarà brutto dirlo, ma è la verità. In questi due anni e mezzo la Costa Concordia ha tenuto il Giglio attaccato al resto d’Italia e del mondo, anche se con una sola immagine, sempre uguale.

 

In questi giorni davanti alla sala stampa c’era un piccolo striscione. «La scuola, è un diritto, non siamo numeri». Ci sono pochi bambini tra gli 11 e i 14 anni, e ancor meno soldi per fare classi differenziate alle medie. E in autunno, come sempre, ricominceranno le burrasche che accrescono le distanze.

 

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C’era tutto questo, nelle lacrime della barista Rosalba, nell’accorato «non dimenticateci» della mamma che vive all’Arenella. Quell’impasto di gioia e malinconia tipico di quando si spengono le luci. I tempi sono maturi. Basta con questa Costa Concordia, è il grido risuonato spesso negli ultimi giorni, in fondo è solo una nave. Insomma. È stata anche il modo di raccontare un angolo d’Italia del quale essere orgogliosi.

 

I gigliesi non hanno mai deviato dalla notte del 13 gennaio 2012, quando la loro catena umana nell’acqua gelida salvò decine di vite. In questi anni sono sempre rimasti pazienti e generosi, sopportando e con compostezza la visita del molesto Schettino e gli opportunismi di certa politica toscana.

 

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Hanno mostrato al mondo l’Italia come vorremmo che fosse sempre. Anche per questo non devono tornare a sentirsi isola. Che poi sarà anche roba minima, come l’amicizia, il calore umano, la solidarietà. Ma è stato bello esserci, e raccontarli.

 

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