L’INCENDIO ALLA TORRE DEL MORO SI POTEVA EVITARE: BASTAVA ESSERE MENO TIRCHI! – NELL’EDIFICIO DI VIA ANTONINI, A MILANO, DISTRUTTO IN UN ROGO IL 29 AGOSTO DEL 2021, ERANO STATI UTILIZZATI PANNELLI “SENZA ALCUNA VALIDA CLASSIFICAZIONE AL FUOCO, E ANZI ULTRACOMBUSTIBILI”. IL TUTTO PER RISPARMIARE 1 EURO AL METRO QUADRO  – GLI INDAGATI PER DISASTRO COLPOSO SONO 18

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Luigi Ferrarella per www.corriere.it

 

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Una differenza di 95 centesimi in più al metro quadrato, o al massimo 1 euro e 10 centesimi al metro quadrato di extracosto tra un pannello modello Larsen FR (che un po’ sarebbe stato resistente al fuoco sulle facciate dell’edificio) e invece un pannello Larsen PE con anima in polietilene tra due sfoglie di alluminio, senza alcuna valida classificazione al fuoco e anzi ultracombustibile e dunque micidiale nel trasformare in una torcia il 29 agosto 2021 le proprie 14 tonnellate di rivestimento del grattacielo «Torre dei Moro» di via Antonini 32 a Milano: è anche per questa manciata di quattrini, se ha ragione ora la Procura di Milano nel contestare a fine indagini il reato di «disastro colposo» a 18 persone, che un anno fa andò a fuoco l’edificio.

 

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Rogo che solo per miracolo (sotto forma di prontezza di alcuni condomini nell’avvertirsi via whatsapp, e di bravura e coraggio dei vigili del fuoco intervenuti) non causò morti come alla Grenfell Tower di Londra nel 2017, ma «soltanto» la rovina di 26 appartamenti, la distruzione di 13 auto parcheggiate e la fuga precipitosa delle (per fortuna solo) 30 persone in quel momento in casa, mentre dalle facciate in una scena apocalittica volavano sino a 50 metri d’altezza oltre 1.400 pannelli infuocati.

 

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Nella ricostruzione della pm Marina Petruzzella, avvalsasi della specializzata polizia giudiziaria del pool del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano insieme alle unità più «investigative» dei vigili del fuoco nella ricostruzione degli incendi, è esistito un rovinoso filo del disastro che non si è mai spezzato sui pannelli Larsen Pe (da non confondere con il modello Alucobond del produttore tedesco Alcan) sin da quando furono introdotti nel mercato italiano dalla società produttrice spagnola Alucoil con il legale rappresentante Teodoro Martinez Lopez e il manager delle vendite estere Borja Curruca Ybbarra, insieme al partner italiano Giordano Cantori (della Cantori Alluminio srl di Osimo) e al subappaltatore «facciatista» Ettore Zambonini con i suoi progettisti e venditori.

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A questi indagati si aggiungono la legale rappresentante della società Polo srl committente della costruzione del palazzo, Stefania Grunzweig, con il suo professionista antincendio Giampaolo Leoni; e il legale rappresentante della società Moro Costruzioni spa realizzatrice dell’edificio, Roberto Moro, con una serie di suoi collaboratori che per i pm avrebbero dovuto vigilare sull’adeguatezza dei materiali e dei progetti, nonché il venditore degli appartamenti Alberto Moro.

 

Ma anche – e questa è un’altra novità – un funzionario dei vigili del fuoco che nel 2011 all’esito di un sopralluogo emise il certificato prevenzione incendi, e il suo superiore che lo sottoscrisse attestandone la conformità alla normativa.

 

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Al contrario, pur in un confuso panorama legislativo palesemente carente e tale da consentire scappatoie e furbizie di ogni genere, per gli inquirenti sono state almeno tre le fonti normative comunque violate: il Dpr 246 del 1993 attuativo della direttiva 89/106 Cee sulla sicurezza dei materiali da costruzione; il dlg 172/2004 attuativo della direttiva europea 2001/95/Ce sulla sicurezza in generale dei prodotti; l’articolo 64 del Dpr 380/2001 e il Dm 14 gennaio 2008 che impongono al direttore dei lavori e al costruttore la vigilanza sulla sicurezza dei materiali utilizzati. Ora, dopo la notifica di questo avviso di conclusione delle indagini e di deposito degli atti, i 18 indagati avranno per legge 20 giorni di tempo (ma sicuramente allungati in considerazione delle perizie e del copioso materiale tecnico da esaminare) per formulare le proprie controdeduzioni difensive, a fronte delle quali i pm decideranno se confermare l’intenzione di chiedere il rinvio a giudizio degli indagati al giudice delle indagini preliminari, o fare marcia indietro su alcune posizioni per le quali chiedere invece l’archiviazione.

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