SEGRETI DEL TERZO REICH - CAMERE A GAS SOTTERRANEE E FOSSE COMUNI: NEI TUNNEL DEL LAGER DI GUSEN-MAUTAHAUSEN LE ATROCITA’ DEL NAZISMO - IL SOSPETTO DI UN LABORATORIO NUCLEARE NELLE GALLERIE - PERCHE’ L’AUSTRIA HA BLOCCATO GLI SCAVI?

70 anni fa la liberazione del campo dove 30-40mila deportati furono trascinati sottoterra negli ultimissimi giorni di guerra e uccisi con una miscela di sostanze chimiche - Il documentarista che da anni lavora al mistero Gusen: "Questa era la più grande fabbrica bellica sotterranea del Terzo Reich” - Eppure in Austria in pochi vogliono saperne di questa storia...

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Roberto Brunelli per “la Repubblica”

 

È un quadrilatero di pietra e cemento che emerge a sorpresa dal fango, ricavato dalle viscere di quella che un tempo era una collina immersa nel verde, come tante qui nell’Alta Austria: poco più di un buco largo qualche metro, con alcuni scalini che sembrano portare direttamente negli abissi. E invece si fermano nel nulla. Perché un ordine dall’alto ha imposto il blocco degli scavi da cui questa strana porta verso l’inferno era saltata fuori.

 

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Oggi si celebrano i 70 anni esatti dalla liberazione dei campi di concentramento di Mauthausen e Gusen, ma in questo pezzo di terra di pertinenza del doppio lager potrebbe ancora nascondersi uno dei più angoscianti segreti di morte del Terzo Reich: un’immensa fossa comune con i corpi di qualcosa come 30 o 40mila deportati, trascinati sottoterra negli ultimissimi giorni di guerra — i primi del maggio ‘45 — e uccisi con una miscela di sostanze chimiche. Vittime che non risultano in nessun registro, sterminate in una sorta di gigantesca camera a gas sotterranea, a poche centinaia di metri da Gusen e dal suo sistema di tunnel chiamato “Bergkristall”.

 

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«Noi siamo convinti che questo sia l’ingresso di un’ulteriore galleria, tenuta segreta dalle Ss non solo per evitare le bombe alleate, ma anche perché questo era il cuore pulsante delle ricerche più inconfessabili del Reich»: così dice il documentarista austriaco Andreas Sulzer, che da anni lavora al “mistero Gusen” scovando di volta in volta carte “top secret”, reperti trovati sul terreno, testimonianze inedite di ex deportati.

 

È una scoperta che, se confermata, apre uno scorcio inedito sulle vere dimensioni della macchina dello sterminio nazista. Ma a Vienna qualcuno pensa che non sia il caso di scavare oltre. A fine dicembre la polizia si è presentata negli uffici di Sulzer per notificare l’immediato fermo dei lavori. Il fatto è che le evidenze prodotte dal team del regista sono state accolte dalle autorità locali prima con scetticismo, poi con gelo, infine con aperta ostilità.

 

«Sensazionalismo », è l’accusa. Gusen era un lager “satellite” di Mauthausen: ma persino più feroce e, soprattutto, più misterioso, perché il suo sistema di tunnel era un’immensa fabbrica bellica sotterranea.

 

lager gusen in costruzione lager gusen in costruzione

Si calcola che nel complesso di Mauthausen abbiano trovato la morte fino a 320mila deportati, tra cui migliaia di italiani. Ora il regista mette nuove carte sul tavolo: «A Mauthausen-Gusen pochi giorni prima della liberazione risultavano registrati circa 90mila detenuti viventi. Ma quando sono arrivati gli alleati, il 5 maggio 1945, i vivi erano solo 40mila. È vero, diverse migliaia di persone furono portate fino al Danubio e fucilate, altri 10mila ebrei furono evacuati. Ma i conti non tornano, com’è evidente».

 

La verità che emerge incrociando le testimonianze di ufficiali Ss e del responsabile dei registri mortuari dei due campi con le carte dell’ultimo interrogatorio del comandante del lager, Franz Ziereis, è sconvolgente: decine di migliaia di deportati letteralmente inghiottiti nel nulla. Il punto è che Ziereis rivelò di aver avuto l’ordine di sterminare i detenuti nei tunnel.

 

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«Poi disse che non aveva obbedito, ma i numeri fanno pensare che abbia mentito», conclude il documentarista. E ancora. Un ex deportato polacco intervistato dal regista racconta di “esercitazioni” che obbligavano i detenuti a precipitarsi nei tunnel come se fosse in corso un bombardamento alleato. Ma disse anche che in queste simulazioni veniva coinvolto solo il personale specializzato: fisici, chimici, esperti di radio-comunicazioni, tecnici. «Quelli che sapevano troppo», dice Sulzer.

 

Perché “sapevano troppo”? Il sospetto è che questa immensa rete di gallerie nascondesse un gigantesco laboratorio nucleare. Nel 2013 nelle gallerie del “Bergkristall” è stato misurato un livello di radioattività eccezionalmente alto. Sulzer non ha dubbi: «Questa era la più grande fabbrica bellica sotterranea del Terzo Reich: oltre 300mila metri quadri».

 

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Mostra fotografie aeree, planimetrie delle Ss, rapporti confidenziali dei servizi alleati che già nel ‘44 parlavano dell’esistenza di altri tunnel. Tra questi, due strutture sotterranee i cui nomi in codice erano “Esche I” ed “Esche II”. Sulzer ha anche messo al lavoro la geologa Birgit Kühnast, mentre nelle sue perizie l’esperto Robert Zellermann parla di rampe di lancio per missili nascoste nel terreno.

 

Eppure in Austria in pochi vogliono saperne di questa storia. La società federale proprietaria delle gallerie sostiene che questo “nuovo” tunnel sarebbe solo una specie di deposito di un poligono di tiro che si trova lì vicino. «Temono che vengano messe in discussione verità di repertorio. Ma noi pretendiamo che si faccia luce sul destino di migliaia di persone», dice con durezza Martha Gammer, presidente del Comitato del Memoriale di Gusen. Perché non è solo pietra e cemento, questo. È il cuore oscuro d’Europa.

 

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