STRAGE EVITATA - UN TERREMOTO DELLA STESSA INTENSITÀ DI AMATRICE MA LA VALNERINA HA RETTO - RISTRUTTURAZIONI A NORMA, CASE SOLIDE E QUELLA SCOSSA DI AVVERTIMENTO CHE HA DATO IL TEMPO AGLI ABITANTI DI METTERSI IN SALVO: ECCO PERCHÉ NON CI SONO STATI MORTI - -

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Corrado Zunino per la Repubblica

 

L’epicentro del terremoto della Valnerina, il borgo che porta alla montagna marchigiana, Ussita, non è un «paese finito», come ha urlato nella notte del terremoto il sindaco Marco Grimaldi. È solo, come dice lui stesso il giorno dopo con il sole che scaccia la pioggia e gli incubi del non visto, «un paese sofferente».

 

È un paese, 400 anime, gran parte oltre i sessant’anni, che ha retto a un terremoto di magnitudo 5,9 salito da una profondità di otto chilometri. «Ha liberato la stessa energia», spiegano i vulcanologi dell’Ingv, «di quello di due mesi prima con epicentro tra Accumoli e Amatrice».

 

Ecco, da una parte una scossa 6.0 della scala Richter (il 24 agosto scorso) ha fatto 298 morti, 236 solo ad Amatrice, dall’altra una scossa di magnitudo 5.9 (mercoledì) ha provocato un infarto letale a un 73enne di Tolentino e qualche ginocchio sbucciato. Da una parte, l’onda d’urto in una notte d’estate ha raso al suolo una città nota nel mondo e un paese arroccato sulla Salaria come Pescara del Tronto, dall’altra un’onda simile in una sera di autunno ha reso sì inagibili metà degli edifici del nuovo cratere, ma ne ha fatti crollare davvero pochi. La maggior parte delle case private sono lesionate ma in piedi, inagibili ma non da abbattere. E non hanno seppellito nessuno.

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LA DURATA PIÙ BREVE

Ci vorranno mesi per comparare scientificamente i due terremoti — Amatrice e Ussita, la Valle del Tronto e la Valnerina — , ma già ora si possono dire alcune cose. A fronte di una potenza molto vicina, il sisma dell’altroieri è stato sensibilmente più breve. La percezione dei testimoni è chiara e ripetuta: Accumoli- Amatrice è durato oltre due minuti (142 secondi, ha scritto Focus), Ussita-Visso-Castelsantangelo 60-80 secondi. «Un minuto in più di fronte a un’onda d’urto intorno ai 6 gradi fa una notevole differenza nella pressione sulle strutture degli edifici», spiegano i vigili del fuoco di Rimini, che hanno preso il comando delle operazioni proprio a Ussita.

 

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LA SCOSSA DI AVVERTIMENTO

Il secondo aspetto che mette a confronto una strage — Amatrice — con un una notte di paura — il Maceratese — è l’orario dell’accaduto e la successione delle scosse. La gente di Amatrice, colpita alle 3,36 di notte, è stata colta nel sonno, indifesa. E due mesi fa la scossa devastante (6.0) è stata la prima, cui è seguita un’ora dopo quella da 5.4. L’altro ieri in Valnerina è accaduto il contrario: alle sette di sera l’avvertimento da 5.4, poi, alle 21,18, la bomba da 5.9, con la gente ormai in piazza, lontana dai crolli. E, anche se era buio e pioveva, anche se è mancata la luce, gli abitanti dell’area colpita al momento della prima scossa erano svegli. Pronti, appunto, a fuggire.

 

LE RISTRUTTURAZIONI A NORMA

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Ad Amatrice, come Repubblica ha raccontato il 24 settembre, erano molti i palazzi pubblici e privati con tetti in cemento armato poggianti su piloni stretti, malta utilizzata al posto del cemento, fango al posto della malta, armature lisce e incapaci di trattenere il calcestruzzo, putrelle che bucavano i muri indebolendoli, porte e finestre aperte successivamente. Non è un caso che la scossa dell’altroieri nel Maceratese abbia finito proprio Amatrice, facendo crollare il “palazzo rosso” e i resti del Comune. Nel nuovo cratere, invece, lo dicono il sindaco di Ussita e il capo dei vigili del fuoco, Bruno Frattasi, «dopo i terremoti del 1979 e soprattutto del 1997 si è iniziato a costruire e ricostruire seguendo le norme antisismiche». Per questo molti edifici non sono crollati.

 

 

USSITA USSITA

Seguendo i primi controlli dei vigili del fuoco, si scopre che nella piazza centrale dell’epicentro Ussita hanno resistito palazzi in via di consolidamento e persino i tubi Innocenti che li avvolgevano. Ancora: i 48 appartamenti dei “Gradoni”, seconde case costruite negli anni ’70, hanno registrato solo scalfitture agli intonaci e cadute di marmi esterni: sono stati realizzati con larghi pilastri in cemento armato.

 

Nella frazione Sasso, un edificio in pietra è collassato, mentre vicini palazzi moderni “incatenati” ai piani (barre d’acciaio trasversali sistemate ai pavimenti e imbullonate nelle facciate esterne) si sono salvati. A Sant’Antonio di Visso, a cento metri l’una dall’altra, la villa della famiglia Sensi è intatta, la chiesa di San Bartolomeo semidistrutta.

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