Giuseppe Guastella per “Il Corriere della Sera”
La media è di poco più di 80 mila euro l’anno, quelli che sarebbero stati spesi per la manutenzione di ciascuna delle sei prestigiose ville di proprietà di Diana Bracco. Solo che i soldi, circa tre milioni di euro, non provenivano dal patrimonio personale del presidente di Expo, ma da alcune società dell’omonimo gruppo che fa capo all’imprenditrice farmaceutica la quale ora è indagata per frode fiscale e appropriazione indebita in un’inchiesta chiusa ieri dalla Procura della Repubblica di Milano. «Non c’è stata alcuna frode fiscale», la questione è stata «già definita con l’Agenzia delle Entrate», replica la difesa.
Nata nel 1927, la multinazionale Bracco, come si legge sul suo sito internet, opera in oltre 100 Paesi con più di 3.200 dipendenti realizzando ogni anno un fatturato di oltre 1,1 miliardi di euro, di cui circa il 75 per cento ottenuto sui mercati esteri. Secondo la Procura di Milano, dai conti di alcune delle società del gruppo — Bracco spa, Bracco Imaging spa, Bracco Real Estate srl, Spin spa e Ceber srl — sarebbero usciti tre milioni e 64.435 euro per pagare i lavori di manutenzione e di ristrutturazione fatti in edifici riferibili a Diana Bracco.
Ville prestigiose nella centralissima via Cino del Duca a Milano, a Merate (Lecco), a Nizza Monferrato, nelle esclusive località turistiche di Anacapri e, in Francia, di Vence (Provenza) e di Megève (Alta Savoia). Denaro usato anche per arredare una imbarcazione di una trentina di metri.
L’inchiesta, che non ha alcun collegamento con Expo, è partita da una banale verifica di routine in alcune società del gruppo durante la quale la Guardia di finanza di Milano ha scoperto fatture «oggettivamente» false. Documenti, cioè, che si riferivano «all’esecuzione di forniture e a prestazioni rese nei locali in uso alle medesime società, ma effettivamente realizzate presso immobili e natanti di proprietà, ovvero nella disponibilità, della Signora Diana Giovanna Maria Bracco e del defunto marito Roberto De Silva», scrivono gli inquirenti.
FRANCESCO MICHELI DIANA BRACCO VITTORIO SGARBI INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO
Secondo le indagini del sostituto procuratore Giordano Baggio, che fa parte del dipartimento guidato dall’aggiunto Francesco Greco, quelle fatture sono state inserite nella contabilità delle società confluendo nelle dichiarazioni dei redditi e dell’Iva dal 2008 al 2013. Grazie a questi «elementi passivi fittizi», in questo modo sarebbe stato abbattuto l’imponibile delle stesse compagnie e si sarebbe ottenuta una riduzione indebita delle tasse da pagare ai fini dell’Iva e dell’Ires pari a un milione e 42.114,70 euro. Tanto quanto il 5 marzo scorso è stato sequestrato alla stessa Bracco in base a un decreto del giudice per le indagini preliminari Roberta Nunnari.
DIANA BRACCO INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO
Gli inquirenti scrivono che Diana Bracco avrebbe avuto un ruolo cardine nella vicenda perché avrebbe «diretto l’operato» di Pietro Mascherpa, presidente del consiglio di amministrazione di Bracco Real Estate, anche lui indagato, e «preso accordi» con i «suoi architetti di fiducia» Marco Isidoro Pollastri e Simona Adele Calcinaghi dello studio di progettazione Archilabo di Monza, pure loro indagati.
La presidente avrebbe anche indicato «ai fornitori delle prestazioni le modalità, i soggetti destinatari, le causali di fatturazione». Tutti sono anche accusati per l’ipotesi di reato di appropriazione indebita in relazione all’uso irregolare dei fondi del gruppo, come emerge dall’avviso di conclusione delle indagini notificato ieri agli indagati dalla Procura di Milano, atto che solitamente prelude alla richesta di rinvio a giudizio.
Nei giorni scorsi i militari del Nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano hanno anche depositato in Procura i verbali relativi alle violazioni amministrative connesse alla vicenda ed emerse dalle verifiche nelle varie aziende.
VITTORIO FELTRI E DIANA BRACCO
«Non c’è stata alcuna frode fiscale» dichiara l’avvocato Giuseppe Bana, legale di Diana Bracco. «Siamo solo al termine delle indagini preliminari e non è stata ancora formulata la richiesta di rinvio a giudizio», evidenzia ancora l’avvocato secondo il quale si tratta di una «situazione non rilevante sotto il profilo penale, già definita con l’Agenzia delle Entrate con il ravvedimento operoso».