LA VITA ZOZZONA DI FULCO PRATESI – FILIPPO FACCI FA IL MARAMALDO SUL FONDATORE DEL WWF CHE SI E’ FATTO L'ULTIMA DOCCIA “QUANDO ERA GIOVANE E GIOCAVA ANCORA A RUGBY”, SI CAMBIA LE MUTANDE OGNI 3 GIORNI E NON TIRA LO SCIACQUONE PER RISPARMIARE ACQUA: "PIÙ CHE DA AMBIENTALISTA, UNA VITA DA AMISH. MA AVVISATELO: NON TIRARE L'ACQUA DEL WATER INOLTRE COMPORTA LA PIÙ ELEVATA DIFFUSIONE DOMESTICA DI AGENTI PATOGENI. NON SCIACQUARE LO SPAZZOLINO È ANCHE PEGGIO. MA CHIAMATELI IGIENISMI…

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Filippo Facci per “Libero quotidiano”

 

FILIPPO FACCI FILIPPO FACCI

Fulco Pratesi si lava poco e al Corriere piace vincere facile, così lo tempesta di interviste. È vero che negli anni lui si è macchiettizzato da solo, e ci ha montato un'impalcatura ideologico-ambientalista con vistose contraddizioni.

 

Già nell'aprile 2021 diede una perfetta e onesta definizione di quel «radical chic» che ammetteva di essere: «Persone che hanno i soldi, spesso perché hanno alle spalle famiglie facoltose, e che cercano di arginare l'ondata di consumismo e malagrazia, qualche volta per espiare un certo senso di colpa per essere nati ricchi».

 

Lui da espiare ne ha: è un ex cacciatore, ha fatto pure dei safari, poi un giorno vide un'orsa coi piccoli (non fu sbranato) e pianse, da qui la conversione. Il dramma apicale lo denunciò sempre nell'aprile 2021: «Un anno fa, per errore, ho ucciso una zanzara». Poi seguì gli itinerari dei topi sul Tevere, fece battaglie per l'orso abruzzese, il cervo sardo, il lupo (che importato da Est ha dato dei problemi, perché è più cattivello del nostro originario), sostiene di aver portato i gabbiani a Roma - nel 1973 - e difende persino quel flagello che sono i piccioni milanesi: «L'unica specie fastidiosa, colonizzatrice e sfruttatrice di cui non si parla mai, siamo noi umani».

 

fulco pratesi fulco pratesi

UMANI SPECIE FASTIDIOSA I quali, talvolta, muoiono pure, e allora altra battaglia: abolire i cimiteri, perché hanno cappelle votive enormi e rubano spazio nonostante il nostro corpo sia destinato alla sparizione. A Pratesi piace il rito zoroastriano indiano, dove lasciano divorare i cadaveri da avvoltoi e nimbi. Suo padre era un palazzinaro. Lui, Fulvio, correva con le auto sportive e ha fatto persino un pezzetto della Mille Miglia. Aveva una bella casa ai Parioli ma l'ha venduta all'Opus Dei per una paccata di soldi, dopo un corteggiamento ventennale, questo solo perché era vicina alla tomba del loro fondatore, padre Josemaría Escrivá de Balaguer.

 

Altre apparenti contraddizioni: ha l'aria condizionata, ma dà la colpa alla moglie, dice che lui usa il ventilatore. Ma a tutti interessa quanto si lava: ancora nell'aprile 2021 disse che un bagno o una doccia non li faceva da anni e che, anzi, la doccia l'aveva proprio fatta togliere: si lavava solo con la spugna sotto le ascelle e poi faceva il bidè (non necessariamente in quest' ordine) e tutto per non sprecare acqua, ovvio. Però un giorno gli chiesero se fosse opportuno fare pipì sotto la doccia per risparmiarne: lui rispose che lo trovava eccessivo. Non gli importa se perdono più acqua gli acquedotti di qualsiasi spreco domestico, non gli importa che nel mondo di acqua ce ne sia anche troppa, e che il problema sia come distribuirla.

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Nella sequenza delle interviste di Pratesi al Corriere, comunque, c'è sempre qualcosa che non quadra. In teoria, per anni, non fece che comunicare che si lavava sempre meno: già nel 2007 raccontò che azionava lo scarico del water solo in caso di ingente produzione, e che si lavava solo il sabato mattina, e i denti praticamente senz' acqua (mai al mattino, solo dopo i pasti) e che cambiava la biancheria e il vestiario solo dopo un esame ottico:

 

«Le camicie, meglio se non bianche e non strette da cravatte, mi possono durare dai due ai tre giorni, le mutande qualcosa in più, mentre la canottiera resiste da un sabato all'altro, d'inverno i calzini possono aspettare tre giorni». E già lì Pratesi, che è un'ottima persona, non si rese conto del suo autogol: non si rese conto, cioè, che non induceva a nessuna riflessione ambientalista perché il risolino dell'italiano perbene - magari pariolino anche lui, o peggio radical chic - aveva il sopravvento.

 

Nel senso: tutte le sue ragioni - il cittadino che consumava più acqua di tutti, 800 litri pro capite al giorno, queste cose passava in secondo piano rispetto alla sua personale lavastoviglie non azionata, ai piatti puliti senz' acqua con una spugnetta, al mancato uso di deodoranti, tutta roba che a dieci anni di distanza, nel 2017, ovviamente sul Corriere, si era evolute così: «Altro che una settimana, un bagno ogni dieci giorni è sufficiente».

 

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E così si arriva all'oggi, all'intervista che ieri era sul corriere.it, sempre con piccoli aggiustamenti: con Pratesi che ha 87 anni e «di doccia ne abbiamo una piccola, che usa mia moglie. Sono affari suoi... Ma vale la regola che l'acqua non si spreca. Lo sanno anche la filippina che ci aiuta in casa e sua figlia sedicenne, che vive con noi pure lei».

 

Meraviglioso. Nel consumo di acqua ci battono solo il Messico e i Paesi del Golfo Persico, dice. L'ultima doccia? «Quando ero giovane e giocavo ancora a rugby». S' avanza il dubbio di un revisionismo storico (delle docce) con nuovi particolari: oggi aggiunge che usa dei barattoli per non sprecare l'acqua quando scende dal rubinetto, e quando lava i denti, per esempio, lo chiude subito e usa sempre lo stesso bicchiere: l'acqua la usa per risciacquarsi la bocca, prima di buttarla.

 

NIENTE RASOIO Non usa il rasoio elettrico perché anche l'energia è importante: allora fa cadere l'acqua usata in un recipiente e poi la riusa per ripassarsela in faccia. Una vita d'inferno. Poi il grande totem dello sciacquone del cesso: «Solo per una pipì non si usa, nemmeno con il bottone più piccolo. Dopo due o tre volte va bene. Ma anche quando premo il bottone piccolo, penso a quanto servirebbe quell'acqua ai bambini del Burkina Faso».

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Già, e la biancheria? «Le mutande ogni due-tre giorni, ma a volte di più. Comunque controllo: si capisce quando è arrivato il momento». Dal colore? «Poi d'estate dormo senza pigiama, così non devo lavarlo». Pratesi non usa quasi mai la lavastoviglie e poco anche il forno: consumano energia.

 

Più che da ambientalista, una vita da amish. Piante sul terrazzo: solo esposte a Nord, niente sole, poca acqua. Ne beve solo del rubinetto anche al ristorante (la esige) e forse non sa che l'acqua mineralizzata che servono è fatta proprio con l'acqua del rubinetto, e così pure la comunissima acqua «Lilia» di proprietà della Coca Cola. Non tirare l'acqua del water inoltre comporta la più elevata diffusione domestica di agenti patogeni. Non sciacquare lo spazzolino è anche peggio. Ma chiamateli igienismi.

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