ACTA ILLECITO - IL PARLAMENTO EUROPEO BOCCIA “ACTA”, IL TRATTATO ANTICONTRAFFAZIONE GLOBALE CHE GLI USA VOLEVANO PER COMBATTERE LA PIRATERIA ONLINE (IMPONENDO, DI FATTO, LA CENSURA) - IL WEB ERA INSORTO CONTRO UN PROVVEDIMENTO CHE AVREBBE MOLTO LIMITATO LA LIBERTÀ DI INTERNET, SOPRATTUTTO PERCHÉ VOLEVA ATTRIBUIRE L’INTERA RESPONSABILITÀ PER LA CIRCOLAZIONE DI CONTENUTI RITENUTI ILLECITI A PIATTAFORME COME FACEBOOK O YOUTUBE...

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Jaime D'Alessandro per "la Repubblica"

Notizia attesa, ma non per questo meno clamorosa. Il Parlamento Europeo boccia definitivamente l'Acta, acronimo di Anti-Counterfeiting Trade Agreement. È il trattato anticontraffazione dalle mire globali tanto voluto dalla Casa Bianca e riguardante, fra le altre cose, la circolazione di contenuti sul web. Con 478 voti, 156 astenuti e solo 39 contrari, l'Unione Europea ha deciso che quello strumento è inadeguato.

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Ma soprattutto ha dato ascolto al popolo della Rete che si era sollevato più volte dando vita a una petizione firmata da poco meno di tre milioni di persone. Un popolo che, come fa sapere una nota dell' Europarlamento, ha operato una «pressione senza precedenti con manifestazioni in strada, mail e telefonate agli uffici dei deputati».

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«L'Acta era la soluzione sbagliata per tutelare la proprietà intellettuale», spiega a caldo
Martin Schulz, che da gennaio scorso è presidente del Parlamento Europeo. Per altri invece, per chi su Internet vive e lavora, l'Acta era semplicemente una catastrofe. Un tentativo di distruggere la Rete libera e aperta così come l'abbiamo conosciuta fino ad ora. In particolare quella parte del trattato che attribuisce l'intera responsabilità per la circolazione di contenuti ritenuti illeciti a piattaforme come Facebook o YouTube.

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Assieme ai service provider che forniscono l'accesso alla Rete, avrebbero dovuto operare un controllo preventivo, dunque applicare filtri e censure. Si sarebbe in pratica pagato un prezzo molto alto in nome della difesa del diritto d'autore, sacrificando libertà fondamentali degli individui e frenando la crescita economica di uno di quei pochi settori che anche in Europa è in ascesa costante.

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O almeno è questa la tesi dell'EuroIspa, l'associazione di settore che raggruppa più di mille e ottocento fra colossi delle telecomunicazioni e della Rete fra i quali anche Google Italia. L'accordo firmato a Tokyo il 26 gennaio, ma ancora non ratificato, da una quarantina di stati fra i quali Stati Uniti, Australia, Canada, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Singapore e Corea del Sud, era appoggiato dalla Commissione Europea guidata da José Manuel Barroso.

In particolare da alcuni suoi membri, come il commissario al Commercio Internazionale, il belga Karel De Gucht. Il quale intende ora aspettare il giudizio della corte di giustizia europea sulla compatibilità di Acta con il diritto comunitario. Affermazione singolare, fanno notare alcuni, dato che il Parlamento Europeo ha respinto il trattato e quindi non si pongono problemi di compatibilità di alcun tipo. Finisce qui quindi, almeno in Europa, un percorso cominciato cinque anni fa.

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Una lunga trattativa internazionale voluta da associazioni come la Riaa, la Recording Industry Association of America, che dal 2009 aveva iniziato a sostenere che l'unica strada possibile per arginare la pirateria era chiamare in causa chi fornisce l'accesso al web e chi offre gli strumenti per condividere i contenuti. Ma già nel 2010, quando erano diventati di dominio pubblico i dettagli del trattato, l'Acta aveva sollevato parecchie perplessità e portato ad alcuni attacchi a siti istituzionali da parte del network di hacker Anonymous. Ora, volendo davvero regolare il mondo di Internet, bisognerà ripartire da capo. E, soprattutto, da presupposti completamente diversi.

 

 

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