- L’ALFABETO DEI “PRESENTABILI” - VADEMECUM PER GLI ELETTORI: DA DESTRA A SINISTRA, LE OMBRE DEI CANDIDATI AL PARLAMENTO - SCANDALI, INCHIESTE E INDAGINI NON SONO BASTATI A TENERLI FUORI DALLE LISTE - I CASI PIU’ SPINOSI? QUELLI DEI RAPPORTI CON CLAN E COSCHE - PARENTELE, SEMIPARENTELE E AFFINITA’ CON COGNOMI “PESANTI” DA SCHIAVONE A ZAZA, DA BOCCHINO A CAIAZZO - I GUAI GIUDIZIARI DELLA GIORNALISTA-CAPOLISTA PD AL SENATO IN CAMPANIA…. -

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Rita Pennarola per La Voce delle Voci

rosaria capacchionerosaria capacchione

Sarebbe stata titanica l'impresa di esaurire in un solo articolo il fior fiore degli impresentabili alle Politiche 2013. Roba da far tremare le vene dei polsi e indurti fin da subito a rinunciare. Poi però il momento è quello che è. E in gioco - secondo gli osservatori internazionali dalle mani libere - ci potrebbe essere la stessa sovranità nazionale del nostro Paese, messa gravemente in pericolo da quel governo mondiale unico dei banchieri che con la crisi economica in atto nell'occidente ha mostrato per la prima volta di che cosa è capace.

Italo BocchinoItalo Bocchino

Abbiamo perciò deciso di dare un contributo parziale all'informazione degli elettori su alcuni candidati imboscati nelle liste di ogni colore nelle diverse regioni italiane e meritevoli di particolare attenzione. Se insomma il numero degli impresentabili è enorme, cerchiamo qui di ricostruirne le ragioni in certi casi particolari, alla luce di fatti e documenti che vanno anche oltre i procedimenti penali e che avrebbero dovuto indurre i cosiddetti "leader" ad evitare quanto meno improvvide uscite mediatiche sulla "pulizia nelle liste".

Loro però, i leader, negli elenchi che seguono non li troverete. Troppo vasta sarebbe stata la dimensione necessaria per ricostruire storie come quelle di Gianfranco Fini o Pierferdinando Casini o Pier Luigi Bersani o degli stessi Mario Monti e Silvio Berlusconi, tanto per dire solo i principali, che del resto la Voce ha documentato più volte nel corso di questi anni. O ancora outsider come il giornalista piemontese Oscar Giannino, che presenta liste in Campania dopo avere affermato a Radio 24, solo due anni fa, che l'unico rimedio per i mali di Napoli è il Vesuvio (il filmato impazza su youtube).

O Magdi Cristiano Allam, altro collega "prestato" alla politica con grande soddisfazione delle redazioni in cui aveva lavorato, e soprattutto reduce dalla bocciatura alle Europee 2009, quando si era presentato come "fiore all'occhiello" dell'Udc insieme al principe Emanuele Filiberto di Savoia, anche lui trombato dagli elettori. La lista sarebbe ancora lunghissima. E di qualcuno parliamo in altra parte del giornale. Come Vannino Chiti, dirottato dalla "sua" Toscana in Piemonte, (pagina 34). O Umberto del Basso de Caro (pagina 18), il massone prestato alla politica.

BERSANIBERSANI

Poi ci sono certi endorsement imbarazzanti, come quelli ricevuti dal capolista Monti in Campania, Luciano Cimmino: il re dell'intimo arriverà probabilmente in Senato con la benedizione dell'amico Gianni Punzo e, grazie al "pannazzaro" di Nola, anche con quella di Luca Cordero di Montezemolo, che in una conversazione (intercettata) con l'amico Luigi Bisignani per il vertice di Confindustria Campania faceva riferimento proprio a lui, Mister Yamamay. Poco da dire, infine, sulla lista civetta di Italo Bocchino, quel PIN (Programma Innovazione Nazionale) di Raffaele Di Monda, che ad ogni elezione si presenta per portare acqua al mulino dell'amico Italo, senza mai essere nemmeno sfiorato dalle preferenze degli elettori.
Vedremo come andrà stavolta, ma intanto ecco l'elenco ragionato degli impresentabili secondo la Voce delle Voci.

ALFANO CIRO - UDC - E' fra i maggiorenti campani dell'Udc, tanto che Pierferdinando Casini ha deciso di schierarlo non nelle liste del partito alla Camera, bensì nel parterre "de roi" che parte al seguito di Mario Monti alla volta di Palazzo Madama, proprio quel listone lì. Lui è Ciro Alfano, vicepresidente di quella Provincia di Napoli retta dal plurinquisito Luigi Cesaro (altro candidato Pdl alla Camera) ma presente anche, con incarico retribuito (27mila euro l'anno), nel cda di Mostra d'Oltremare grazie all'accordo Pdl-Udc alla Regione Campania.

Pochi ricordano invece le performances imprenditoriali di Alfano e quel nomignolo di "Peppe ‘a luminaria" che non era riuscito a scrollarsi di dosso per tutti gli anni di Tangentopoli. Nulla di penalmente rilevante, ma solo lievi inciampi per la sua impresa di lumini mortuari, leader di forniture ai cimiteri di tutta Italia. Decisamente di buon augurio per il successo di Mario Monti, la presenza di Alfano nella sua lista.

GIANFRANCO FINI jpegGIANFRANCO FINI jpeg

ANDOLINA MARINO - INGROIA - È un nome che imbarazza la lista guidata dall'ex pm di Palermo, Antonio Ingroia. Capolista al Senato in Friuli Venezia Giulia, la candidatura di Marino Andolina è stata caldeggiata dal segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero. Il medico dell'ospedale pediatrico Burlo Garofolo di Trieste è finito nell'indagine condotta dal pm Raffaele Guariniello (noto per le inchieste Eternit e ThyssenKrupp) che ha coinvolto la Stamina foundation onlus di Torino e lo psicologo Davide Vannoni, fondatore dell'associazione nata per «sostenere la ricerca sul trapianto di cellule staminali mesenchimali e diffondere in Italia la cultura della medicina rigenerativa».

Grazie alla mediazione di Andolina, il Burlo Garofolo aveva stipulato una convenzione con la Stamina foundation (il medico è nel comitato scientifico della onlus) per fare ricerche di laboratorio. La collaborazione, di conseguenza, non prevedeva il coinvolgimento di malati. Andolina, a sua volta esperto di trapianti, secondo l'accusa ha però portato in ospedale un anziano paziente, poi deceduto, somministrandogli medicinali pericolosi per la salute pubblica (e innestandogli per l'appunto cellule staminali) in un laboratorio non idoneo (agli Spedali civili di Brescia).

«Assolutamente inadeguato, non igienico, senza protocolli di lavorazione, senza accertamenti di alcun tipo sul materiale biologico prodotto, con medici inconsapevoli di cosa stanno iniettando, con cartelle cliniche vaghe e irregolari, senza alcuna sperimentazione clinica ufficiale autorizzata», la bocciatura di Nas e funzionari dell'Aifa, dopo l'ispezione ordinata dal pm Guariniello. L'inchiesta è stata avviata in seguito alla denuncia presentata dalla famiglia della vittima.

ARENA DEMETRIO - PDL - È sottoposto alla procedura di incandidabilità, prevista in automatico dal Pacchetto sicurezza 2009 per gli amministratori ritenuti la causa di un'infiltrazione mafiosa che porta allo scioglimento di un Comune. Vicinissimo all'ex primo cittadino di Reggio Calabria e attuale presidente della Regione Giuseppe Scopelliti (coinvolto in ben 4 indagini), anche Arena fino allo scorso ottobre è stato sindaco della città sullo Stretto, prima che la sua amministrazione venisse sciolta con decreto firmato dal ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri, in quanto «fertile terreno per la criminalità organizzata».

Nella storia d'Italia non era mai successo ad un capoluogo di Provincia. Arena era peraltro consulente della società mista Multiservizi, anche questa sciolta in quanto infiltrata dalla ‘ndrina Tegano, già prima della sua elezione a sindaco. La commissione d'accesso nominata dall'allora prefetto di Reggio Luigi Varratta, nella sua relazione trasmessa al Viminale, ha infatti ricostruito che tra il 2007 e il 2009 l'ex sindaco ha percepito dalla Multiservizi quasi 76mila euro, cui se ne aggiungono altri 49mila e rotti ottenuti tra il 2009 e il 2010 assieme alla moglie.

Un esordio politico niente male, per un commercialista che negli anni è stato più volte nominato amministratore giudiziario di imprese poste sotto sequestro per mafia e consulente tecnico d'ufficio in vari procedimenti penali. Il Pdl l'ha ora candidato al Senato (in lista, al settimo posto). La legge glielo consente, in quanto - paradosso tutto italiano - la norma citata permette all'amministratore colluso, cui è sbarrata la strada del seggio comunale, provinciale e regionale, di poter essere comunque eletto in Parlamento.

AZZI RIENZO - PDL - Dentista e consigliere regionale uscente, pochi giorni prima della presentazione delle liste, il coordinatore Pdl per la provincia di Varese, Lara Comi, diceva di lui: «Nel Saronnese è il numero 1, vorremmo vederlo in una buona posizione nella lista, così che possa venire eletto, anche se la scelta finale spetta a Roma».

E infatti, da via dell'Umiltà hanno deciso, posizionandolo al tredicesimo posto. Berlusconi aveva assicurato poche settimane fa che «nessuno dei vecchi consiglieri sarà ricandidato», soprattutto chi è rimasto coinvolto nello scandalo delle spese folli con i fondi assegnati ai gruppi consiliari. Invece ce l' hanno fatta in due, spiccando il salto dal Pirellone alla Camera: oltre a Rienzo Azzi liste aperte anche per Giovanni Rossoni, entrambi indagati dalla procura di Milano per peculato.

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BOCCHINO ITALO - FLI - Numero 2 a Campania 1, dove scodinzola (more solito) dietro Gianfranco Fini, Bocchino ha dovuto sostenere l'ennesimo braccio di ferro dentro il suo minuscolo partito per spuntare l'ennesima candidatura alla Camera. Ne ha fatto le spese Angela Napoli, la parlamentare antimafia minacciata dalla ‘ndrangheta (vedi articolo a pagina 12) e lui è rimasto. Ce lo terremo (forse) anche in parlamento.

E con lui tornerà a Montecitorio anche un pezzo del potere pomiciniano, tanto inossidabile è stato ed è tuttora l'inconfessabile patto d'affari tra i due partenopei suggellato in tempi recenti dall'organigramma del colosso edilizio Impresa spa, in cui siedono bocchiniani di lungo corso (Domenico Chieffo e Francesco Ruscigno) al fianco di storici pomiciniani come gli esponenti della famiglia di Vincenzo Maria Greco. Mentre sulla corazzata bocchinian-pomiciniana indaga la magistratura fiorentina, su Bocchino piombano gli strali di Nicola Cosentino (guerra fra titani) che gli ricorda come il vero Casalese (nel senso che è stato eletto a Casal di Principe) è proprio Italo.

Il quale vanta peraltro la parentela con uno Schiavone, il cognato Antonio, anche lui casalese doc. Le genealogie, se vorranno, le ricostruiranno i pubblici ministeri. A noi basta sapere che il grande moralizzatore Bocchino, oggi in prima fila tra gli scudieri di Mario Monti, mentre sedeva nella Commissione parlamentare d'inchiesta su Telekom Serbia riceveva una parte della tangente Telekom come finanziamento al suo quotidiano Roma. Lo confessò lui stesso ai giudici torinesi (con la Commissione ormai mandata a casa senza avere accertato un bel niente), dichiarando che tutto questo era avvenuto "a sua insaputa".

CAIAZZO MICHELE - PD - Le note dolenti per il Pd dalla Campania arrivano anche intorno al nome di Michele Caiazzo, attuale consigliere regionale nonché ex sindaco "rosso" della fu roccaforte operaia di Pomigliano d'Arco ai tempi di Antonio Bassolino. Schierato dal Pd nelle liste di Campania 1 in posizione defilata (ha il numero 18), grazie alla gioiosa macchina da guerra piddina del consenso, Caiazzo potrebbe anche farcela.

MARIO MONTI CON LE MANI ALZATE jpegMARIO MONTI CON LE MANI ALZATE jpeg

Non sarà una soddisfazione per i tanti che ricordano come, durante il suo mandato da sindaco, Pomigliano sia stata sottoposta ad accertamenti antimafia. Correva l'anno 2005 quando i commissari firmavano la relazione d'accesso che metteva in luce «elementi di infiltrazione camorristica nell'amministrazione comunale». Al centro di tutto, il consorzio rifiuti della camorra, Impregeco.

Ma a Pomigliano c'era anche un altro Michele Caiazzo. Omonimo nonché cugino del sindaco, Michele bis sedeva proprio nel cda di Impregeco, coacervo di pesanti interessi mafiosi. A cominciare dal suo presidente, in carica dal 2001 al 2008, quel Pasquale Valente colpito da provvedimenti giudiziari per reati di stampo mafioso e collegamenti coi Casalesi.

CAMBER GIULIO - PDL - Nella lista Pdl al Senato in Friuli è numero tre, ma fino all'ultimo sul suo nome c'è stato un tira e molla. Non per i suoi trascorsi giudiziari, ma perché è stato alla Camera dal 1987 al 1994, al Senato dal 1996 a oggi. E il regolamento del Pdl definito dall'Ufficio politico stabilisce che non sarebbe stato ricandidato chi ha passato in Parlamento più di quindici anni. Per lui c'è così voluta la deroga, facilitata dal patto sottoscritto con Berlusconi prima delle comunali 2011.

Poi c'è la questione giudiziaria. Il 4 novembre 2008 l'avvocato Camber è stato condannato in via definitiva per millantato credito a 8 mesi di carcere e 300 euro di multa, sospesi con la condizionale. Nel 1994, mentre già era un forzista della prima ora, si fece dare 100 milioni di lire dalla Tržaška Kreditna Banka, colosso goriziano sull'orlo del fallimento oggi assorbito da Antonveneta (gruppo Montepaschi), dicendo che gli serviva per «comprare il favore di pubblici ufficiali» negli «ambienti romani» ed evitare il commissariamento dell'istituto di credito.

ANTONIO INGROIA CON IL SIMBOLO DELLA SUA LISTAANTONIO INGROIA CON IL SIMBOLO DELLA SUA LISTA

Messo poi in liquidazione coatta da Bankitalia nel dicembre 1996, chiudendo una storia di finanza creativa e fondi balcanici di dubbia provenienza. Per Camber, molto amato dai suoi concittadini, non verrà attivata la procedura per il decadimento dall'incarico parlamentare soltanto perché il reato, tecnicamente, è "derubricato".

CARIDI ANTONIO - PDL - Attuale assessore regionale alle Attività produttive in Calabria, anche Caridi è un fedelissimo di Giuseppe Scopelliti, col quale è in attesa del processo d'appello per la mancata bonifica e messa in sicurezza della discarica di Reggio "Longhi Bovetto", situata nei pressi di una scuola elementare e piena di rifiuti pericolosi e percolato. In primo grado i due politici sono stati condannati a 6 mesi. Di loro ha parlato anche il pentito Giovanbattista Fragapane, killer della ‘ndrina De Stefano, che riferendo sui rapporti politici della cosca nel 2004 ha raccontato al pm Mario Andrigo: «Sentivo sempre il nome di Scopelliti, di Caridi».

Il capo della Direzione distrettuale antimafia di Genova, Vincenzo Scolastico, nel ricostruire le attività illecite del boss Carmelo Gullace «leader per tutto il nordovest» del clan Raso-Gullace-Albanese, che detta legge in Liguria, scrive in un dossier consegnato alla Commissione parlamentare antimafia: «L'indagine ha consentito di documentare l'alacre attività di sostegno svolta, nell'ultimo voto regionale, da esponenti della cosca, anche con palesi intimidazioni, a favore del candidato Antonio Stefano Caridi». Il Pdl lo propone per il Senato.

CAPACCHIONE ROSARIA - PD - Della sua candidatura come capolista al Senato in Campania si è detto tutto e il contrario di tutto. Proviamo a riassumere aggiungendo qualche elemento. Giornalista del Mattino, autrice di inchieste anticamorra, era stata candidata senza successo e senza clamore alle ultime europee. Stavolta invece epicentro delle polemiche sono le traversie giudiziarie del fratello Salvatore Capacchione, costruttore, che cominciano nel 2004, quando il pm di Perugia Sergio Sottani chiede ed ottiene dal gip quattro ordinanze di custodia cautelare. Una è per Salvatore.

L'inchiesta è quella sulla sezione fallimentare del tribunale di Roma e sulle risorse milionarie sottratte ai legittimi creditori con la complicità di alcuni magistrati (corsi e ricorsi storici: dopo quasi dieci anni, nei giorni scorsi una nuova inchiesta travolge quella Sezione). Arriva il 2005 e Salvatore Capacchione si ritrova indagato nell'ambito dell'inchiesta della Procura partenopea sulle opere a Ponticelli eseguite dalle "cooperative bianche", fra cui la sua.

Ce ne sarebbe già abbastanza per inficiare quell'immagine di wonder woman della legalità che circonda la candidatura della Capacchione. Se non fosse che a Caserta spunta un altro procedimento, dove stavolta ad essere sul banco degli imputati è proprio lei. L'accusa è di calunnia ai danni di Luigi Papale, l'ufficiale della Guardia di Finanza che stava indagando sulle acrobazie societarie e finanziarie del fratello Salvatore.

CROSIO JONNY - LEGA NORD - Nella lista per il Senato in Lombardia è al decimo posto, ma lui proviene dalla Camera. Se verrà eletto si dividerà tra Palazzo Madama e la procura di Sondrio, dove il 3 maggio avrà inizio il processo nel quale il parlamentare della Lega dovrà difendersi per i reati di turbativa d'asta, concussione, corruzione e rivelazione di segreto d'ufficio, assieme ad altri 20 imputati.

La vicenda risale al 2010, quando in Valtellina vengono indagati o arrestati politici, amministratori locali, funzionari della Comunità montana e imprenditori privati. Tra questi c'è anche Crosio, all'epoca dei fatti assessore provinciale alla Viabilità. L'accusa è di aver esercitato pressioni su piccoli proprietari, minacciandoli di esproprio, per far vendere i loro appezzamenti di terreno, a prezzi inferiori al dovuto, alla ditta Galperti, per agevolare la costruzione della strada di Bema. Un processo sul quale incombe la prescrizione.

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CUOMO VINCENZO - PD - Nelle liste al Senato in Campania, dopo la discussa Rosaria Capacchione (vedi) e il patriarca Sergio Zavoli, ecco arrivare come numero 3 il sindaco di Portici Vincenzo Cuomo: ex Dc, poi Margherita, quindi approdato nelle braccia larghe del partito di Pier Luigi Bersani, Cuomo è stato eletto sindaco del popoloso comune vesuviano nel 2009 al primo turno, con quasi il 70% di preferenze.

Un bel successo. Peccato che nell'incandescente relazione della Commissione d'accesso nominata nel 2003, quando Portici fu sciolta per mafia, si parlasse proprio di lui, l'allora vicesindaco Cuomo. I commissari prefettizi ricordavano infatti che «Cuomo Vincenzo, nato a Piano di Sorrento il 3/4/64 è coniugato con Graziano Sara, nata a Torre del Greco, sorella di Graziano Cristiana, moglie di Zaza Pio, nato a Portici il 30/7/60, ivi residente in via Dalbono 18». Pio Zaza - ricostruiscono i commissari - è a sua volta figlio di «Zaza Salvatore, fratello del defunto Michele, capo indiscusso del clan Zaza».

Il candidato del Pd Cuomo, dunque, è imparentato con la famiglia camorristica dei Zaza. In ambienti investigativi locali viene poi sottolineato che quando il 4 luglio 2001 finisce in manette nel corso di un blitz, Salvatore Zaza si trova proprio nella sua abitazione di via Dalbono, lo stesso condominio in cui risiede Pio Zaza, cognato del candidato piddino Cuomo. Per la cronaca, lo scioglimento del comune di Portici venne poi confermato anche dal Consiglio di Stato: sentenza inappellabile.

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DI NARDO ANIELLO - INGROIA - Ha dovuto sgomitare non poco, per spuntare un posto nelle liste del moralizzatore Ingroia e fargli digerire la sua proposta di condono edilizio. Ma alla fine ce l'ha fatta. Non però nella sua Campania. Forse perché qui è ancora fresco il ricordo di quelle telefonate intercettate dai pm dello scandalo Global Service, quando intorno al maxi appalto da assegnare all'imprenditore Alfredo Romeo tutti parlavano con tutti (Bocchino con Romeo, Cristiano Di Pietro con l'ex provveditore Mario Mautone) e a tradimento ecco che spuntava fuori il nome del senatore Aniello Di Nardo, da buon mastelliano qual è, sempre pronto a segnalare, raccomandare, inciuciare per elargire favori. Indagato nell'ambito di quel procedimento, oggi il senatore uscente Di Nardo, reduce dal disfacimento dell'Idv, si propone immacolato agli elettori di Basilicata, Puglia e Piemonte come capolista al Senato.

DONADI MASSIMO - CENTRO DEMOCRATICO - L'ultima volta ci eravamo ritrovato in tv il suo volto accigliato dinanzi al microfono dell'inviata di Report, Sabrina Giannini, che gli domandava se lui, Massimo Donadi, a lungo responsabile economico dell'Idv, ricordasse qualcosa su quella gestione allegra delle casse che di lì a poco avrebbe determinato la dissoluzione del partito, proprio a seguito dell'inchiesta di Milena Gabanelli.

E oggi rieccolo qui, Donadi, alla testa di quel Diritti e libertà fondato dai reduci dall'Idv che appena nato si è subito gemellato col Centro Democratico di Bruno Tabacci per ritentare la corsa in Parlamento. Riparte dalla sua terra, Donadi, capolista in Veneto 1 e Veneto 2 (oltre che in Piemonte 2, Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo e Lazio 2). Eppure l'osso duro - racconta chi conosce i suoi trascorsi politici - potrebbe essere proprio il Veneto. Perché nella base del partito pochi hanno dimenticato che fu proprio lui a varare candidature Idv per personaggi come Sergio De Gregorio o come il generale piduista Giuseppe Aleffi (tessera numero 762). Aleffi nel 2006 ottenne infatti la nomination per la Camera (poi ritirata al divampare delle polemiche) sotto i benevoli auspici di Eduardo Rina, plenipotenziario di Donadi in Calabria.

Giuseppe EspositoGiuseppe Esposito

ESPOSITO GIUSEPPE - PDL - Della serie: "il milite ignoto giapponese", il benemerito "kikazzè". E invece no. Attenzione, infatti, al semisconosciuto Giuseppe Esposito, parlamentare uscente del Pdl che ci riprova lanciandosi verso il Senato col numero 4 nelle liste della Campania. Posizione blindata, dunque, per uno "stratega" come il presidente del Copasir Esposito, al vertice dell'organismo chiamato a vigilare nientedimento che sui servizi segreti, come vice di Massimo D'Alema (a sua volta succeduto a Francesco Rutelli, dopo che il margheritino aveva lasciato il Pd per fondare l'evanescente API). Perciò torniamo alla domanda iniziale.

Classe 1956, Giuseppe Esposito è nato a Pagani, provincia di Salerno. Eletto per la prima volta nel 2008, dichiara nella navicella di essere "funzionario di partito e imprenditore". Qualifica, quest'ultima, che lo vede in pista, per esempio, come consigliere d'amministrazione della società che aveva organizzato gli infausti campionati di nuoto per Roma 2009, cuore dello scandalo sulle grandi opere che oggi vede alla sbarra uomini come Angelo Balducci. Interrogativi si aprono infine anche sulla Esor spa, che vede Esposito fra i principali azionisti: fondata nel 2006 con appena 20mila euro di capitale sociale, è oggi un'autentica multinazionale dell'energia con fatturati da milioni di euro e sedi in mezzo mondo.

PALADINI GIOVANNI - CENTRO DEMOCRATICO - L'ex coordinatore dell'Idv in Liguria è secondo in lista, dietro l'altro suo vecchio compagno di partito Massimo Donadi, in questa formazione creata dai fuoriusciti del partito di Antonio Di Pietro. Appena due giorni dopo la presentazione delle candidature, con un tira e molla durato settimane, un nuovo fulmine. La Procura di Genova ha aperto un'inchiesta sulle spese di alcuni consiglieri regionali dell'Idv e di altri ex del partito passati a Centro Democratico, indagati di peculato. La Guardia di Finanza ha perquisito le abitazioni degli indagati e gli uffici dell'Idv e di Centro Democratico.

Giovanni PaladiniGiovanni Paladini

Al centro dell'inchiesta l'acquisto, con soldi pubblici, di cravatte, mutandine e biancheria intima femminile, vini pregiati francesi, giocattoli, cibi per gatti, un divano e un frigorifero. Cui si aggiungono cene e week end in Italia e all'estero. Paladini risulta indagato per fatturazioni false o gonfiate, legate a un giro di sponsorizzazioni della Pontedecimo calcio. Stesso reato anche per la moglie, Marylin Fusco (anche lei candidata), consigliere regionale e dirigente del club.

PEPE MASSIMO - PDL - Buon sangue non mente. E così, proprio mentre il padre Roberto Pepe usciva dalla porta di servizio dell'Eavbus, l'azienda di trasporti partenopei fallita nelle scorse settimane e di cui era presidente, il figlio prova a riscattare l'orgoglio familiare. E tenta la scalata a Montecitorio in Campania 1 con la maglia del Pdl. Chi pensava che Paolo Cirino Pomicino potesse comandare solo in casa Udc-Monti, insomma, è servito. Già perché i Pepe, Roberto in testa, la loro fede nell'ex ministro del Bilancio l'hanno esibita con deferente ossequio durante tutta la loro permanenza in politica, fin dai tempi di quelle "Funi d'oro" al Teatro San Carlo finite negli annali come scandalo giudiziario antesignano di Tangentopoli e che all'epoca stroncò sul nascere le velleità parlamentari di Roberto Pepe. Farà meglio il figlio? Vedremo.

MASSIMO PARISIMASSIMO PARISI

PARISI MASSIMO - PDL - Coordinatore del Pdl in Toscana è secondo in lista alla Camera e soprattutto un amico del coordinatore nazionale del partito del Cavaliere, Denis Verdini, col quale è indagato (assieme ad altri 23 tra editori e imprenditori) per truffa aggravata allo Stato, in merito ai contributi pubblici all'editoria incassati indebitamente dai giornali tra il 2002 e il 2012. Nel suo caso l'inchiesta riguarda il Giornale di Toscana, gestito dalla Nuova editoriale cooperativa srl, socia di maggioranza della Società Toscana di Edizioni, che edita la testata.

Una cooperativa «palesemente fittizia» per la procura di Firenze che stima la truffa ai danni dello Stato in oltre 20 milioni di euro, coinvolgendo anche il settimanale Metropoli Day. I magistrati stanno inoltre cercando di ricostruire i dettagli della vendita avvenuta nel 2009 della Società Toscana Edizioni all'imprenditore Giuseppe Tomassetti, ritenuto vicino al faccendiere Flavio Carboni, per 300mila euro. Agli atti c'è un bonifico di 595mila euro che Parisi invia a Verdini e alla moglie Maria Simonetta Fossombroni, con la causale «restituzione anticipazioni», che per la procura c'entra col contratto preliminare di vendita del giornale, sottoscritto l'8 settembre 2004, ma per un importo di 2,6 milioni di euro. La cospicua differenza, al momento, non è chiaro che fine abbia fatto.

RONGHI SALVATORERONGHI SALVATORE

RONGHI SALVATORE - GRANDE SUD - Nemmeno il tempo di riprendersi dai cazzotti dell'inchiesta che ha travolto la Regione Lazio e Renata Polverini, ed eccolo che ritorna in pista come nulla fosse accaduto. E' numero due nella corsa a Palazzo Madama con la maglia del Grande Sud di Gianfranco Micciché. Parliamo di lui, l'inaffondabile ex missino Salvatore Ronghi, che qualche mese fa aveva provato a fondare un nuovo partito, Città Nuove, al fianco della sua stella polare Renata Polverini, prima che la governatrice uscente e lo stesso partitino venissero travolti dalle indagini della magistratura (pare che anche nei bilanci di Città Nuove i magistrati stessero trovando situazioni non chiare e "rossi" a non finire).

Ce la farà, Ronghi? Di sicuro non gli manca il carburante economico: da segretario generale della Polverini alla Regione Lazio si era assegnato uno stipendio da quasi 200mila euro l'anno, facendo assumere anche la sua compagna, Gabriella Peluso, retribuita con altri 132mila euro a spese dei contribuenti del Lazio. Sulla "congiuntivite" di Ronghi, memorabili le pagine di Nello Trocchia, che nel suo libro "Roma come Napoli" ricorda l'epico discorso pronunciato a Napoli durante le comunali 2011: «Quanto sarebbe grave - esordì Ronchi infiammando gli animi in favore del candidato di centrodestra Gianni Lettieri - se questa città cadrebbe nelle mani di personaggi palloni gonfiati che non voglio neanche citare...». Tanto che oggi, nelle fila del suo stesso partito, tremano già al pensiero degli interventi che Ronghi potrebbe tenere a Palazzo Madama.

RUSSO GIUSEPPE - PD - Altro giro, altro consigliere regionale del Pd che può contare sulle consistenti risorse economiche accumulate negli anni di mandato alla Regione (emolumento da circa 18mila euro al mese) per lanciarsi verso Palazzo Madama. Sfiorato da inchieste? Lui direttamente, Peppe Russo, finora no. Piuttosto i suoi fidatissimi Ciro e Carlo Sarno, tanto che il secondo è stato "comandato" alla segreteria di Russo in Regione. Ciro invece, sempre in area Russo, è attuale presidente del consiglio comunale a Torre del Greco.

GIUSEPPE GAGLIARDI CON CLEMENTE RUSSO E MOGLIEGIUSEPPE GAGLIARDI CON CLEMENTE RUSSO E MOGLIE

Tutto bene, se non fosse che i fratelli Sarno si sono ritrovati nelle carte giudiziarie relative al loro ex nume tutelare politico, quel super inquisito Roberto Conte rieletto incredibilmente nel 2010 in consiglio regionale, poi sospeso a seguito dell'inchiesta giudiziaria per camorra che lo ha letteralmente travolto. E così ora impazza sul web la foto del cheek to cheek fra Pierluigi Bersani e Ciro Sarno nel 2011, al tempo della campagna elettorale per rinnovare la giunta torrese.

SAMORI' GIAMPIERO - MIR - Dalle retrovie milionarie degli organigrammi bancari al rutilante palcoscenico delle Politiche 2013. L'exploit è quello di Giampiero Samorì, di professione avvocato, ma nella vita pezzo da 90 dell'establishment finanziario italiano dal quartiere generale dell'Emilia Romagna. Tante le leggende metropolitane che si rincorrono intorno al nome del banchiere modenese, 51 anni, padre padrone per anni di quella Banca Popolare dell'Emilia Romagna i cui vertici lo hanno poi denunciato per presunto accesso informatico abusivo a dati sensibili con fini elettorali.

L'inchiesta è in corso ma lui, il banchiere amico di Marcello Dell'Utri e Carlo Giovanardi, non si scompone. Nemmeno di fronte all'autentica palla di fuoco lanciata dalla deputata Pdl del territorio, Isabella Bertolini, che accusa la corrente di Samorì d'aver trainato nella sua escalation anche elementi poco raccomandabili della camorra campana trapiantati in Emilia.

Vai a sapere, Ma intanto lui, il banchiere, apre in pompa magna la campagna elettorale in Campania al fianco del numero 2 Gennaro Castiello, consigliere comunale a Napoli eletto nel Pdl, che solo poche settimane prima aveva dichiarato fieramente: «Io? Non mi candido, ho una piccola condanna a carico...». Invece eccolo qui con Samorì. Il cui cognome, tanto per dire, nella sua regione evoca quello di altolocati massini, a cominciare da quel Cesare Samorì, anche lui della provincia forlivese, come Giampiero, confratello emerito del Grande Oriente d'Italia con la qualifica di "imprenditore".

DOMENICO SCILIPOTIDOMENICO SCILIPOTI

SCILIPOTI DOMENICO - PDL - Nessuno ci avrebbe scommesso un soldino bucato eppure lui, l'irrefrenabile agopuntore siciliano, ce l'ha fatta ed eccolo qui, candidato col Pdl in Calabria. I maggiorenti del partito avrebbero voluto piazzarlo in Abruzzo con una posizione più defilata, ma dopo l'autentica levata di scudi in quella regione, con minaccia di dimissioni in massa se nelle liste fosse comparso il nome di Scilipoti, si è optato per la più accogliente Calabria.

Entrato in parlamento nella scorsa legislatura con Italia dei Valori, fa da stampella al governo Berlusconi dopo lo schiaffo di Gianfranco Fini. Ma il punto è ancora un altro. Al di là della vecchia condanna per debiti, Scilipoti avrebbe intrattenuto rapporti «con personaggi appartenenti ad una delle più importanti cosche della provincia di Reggio Calabria».

Lo scrivono nel 2005 i commissari prefettizi inviati a Terme Vigliatore, comune sciolto per mafia a seguito delle denunce di Adolfo Parmaliana, il medico antimafia morto suicida dopo i tentativi di delegittimarlo. Solo pochi giorni fa il procuratore generale di Messina, Francesco Antonio Cassata, è stato condannato per diffamazione dal giudice di Reggio Calabria per aver diffuso a settembre 2009 un dossier anonimo contro Parmaliana.

ha collaborato Alessandro De Pascale

 

 

 

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MADONNA? EVITA-LA! – QUELLA VOLTA CHE MADONNA VENNE A ROMA PER LA PRIMA DI “EVITA’’ E SI INCAZZÒ FACENDO ASPETTARE IL PUBBLICO PER UN’ORA E MEZZO - IL PATTO ERA CHE SUA FIGLIA, LOURDES, VENISSE BATTEZZATA NEGLI STESSI GIORNI DAL PAPA ALLA PRESENZA DEL PADRE, CHE SI CHIAMAVA JESUS - IL PRODUTTORE VITTORIO CECCHI GORI CONOSCEVA UN CARDINALE: “PRONTO, AVREI MADONNA, L’ATTRICE, CHE VORREBBE BATTEZZARE LA FIGLIA, LOURDES, COL PADRE, JESUS… E SE FOSSE DISPONIBILE IL PAPA…” – VIDEO

DAGOREPORT - CON AMADEUS, DISCOVERY RISCHIA: NON È UN PERSONAGGIO-FORMAT ALLA STREGUA DI CROZZA E FAZIO. È SOLO UN BRAVISSIMO CONDUTTORE MA SENZA UN FORMAT FORTE CHE L’ACCOMPAGNI, SARÀ DURISSIMA FAR DIGITARE IL TASTO 9. NELLA TV DI OGGI I PRODUTTORI DI CONTENUTI VENDONO CHIAVI IN MANO IL PACCHETTO FORMAT+CONDUTTORE ALLE EMITTENTI - ALLA CRESCITA DI DISCOVERY ITALIA, NEL 2025 SEGUIRA' ''MAX'', LA PIATTAFORMA STREAMING DI WARNER BROS-HBO CHE PORTERÀ A UNA RIVOLUZIONE DEL MERCATO, A PARTIRE DALLA TORTA PUBBLICITARIA. E LE RIPERCUSSIONI RIMBALZERANNO SUI DIVIDENDI DI MEDIASET E LA7 - A DIFFERENZA DI RAI E IN PARTE DI MEDIASET, DISCOVERY HA UNA STRUTTURA SNELLA, SENZA STUDI DI REGISTRAZIONE, SENZA OBBLIGHI DI ASSUNZIONI CLIENTELARI NÉ DI FAR TALK POLITICI - LIBERI DI FARE UN CANALE5 PIÙ GIOVANE E UN’ITALIA1 PIÙ MODERNA, IL PROSSIMO 9 GIUGNO DOVRANNO DECIDERE SE FARE O MENO UNO SPAZIO INFORMATIVO. NEL CASO IN CUI PREVARRA' IL SÌ, SARÀ UN TG MOLTO LEGGERO, UNA SORTA DI ANSA ILLUSTRATA (E QUI RICICCIA L'OPZIONE ENRICO MENTANA)    

DAGOREPORT L’INTELLIGENCE DI USA E IRAN HANNO UN PROBLEMA: NETANYAHU - L'OPERAZIONE “TERRORISTICA” CON CUI IL MOSSAD HA ELIMINATO IL GENERALE DELLE GUARDIE RIVOLUZIONARIE IRANIANE NELL'AMBASCIATA IRANIANA A DAMASCO E LA SUCCESSIVA TENSIONE CON TEHERAN NON È SPUNTATA PER CASO: È SERVITA AL PREMIER ISRAELIANO A "OSCURARE" TEMPORANEAMENTE LA MATTANZA NELLA STRISCIA DI GAZA, CHE TANTO HA DANNEGGIATO L'IMMAGINE DI ISRAELE IN MEZZO MONDO - NETANYAHU HA UN FUTURO POLITICO (ED EVITA LA GALERA) SOLO FINCHÉ LA GUERRA E LO STATO D'ALLARME PROSEGUONO...

DAGOREPORT – BIDEN HA DATO ORDINE ALL'INTELLIGENCE DELLA CIA CHE LA GUERRA IN UCRAINA DEVE FINIRE ENTRO AGOSTO, DI SICURO PRIMA DEL 5 NOVEMBRE, DATA DEL VOTO PRESIDENZIALE AMERICANO - LO SCENARIO E' QUESTO: L’ARMATA RUSSA AVANZERÀ ULTERIORMENTE IN TERRITORIO UCRAINO, IL CONGRESSO USA APPROVERÀ GLI AIUTI MILITARI A KIEV, QUINDI PUTIN IMPORRÀ DI FARE UN PASSO INDIETRO. APPARECCHIATA LA TREGUA, FUORI ZELENSKY CON NUOVE ELEZIONI (PUTIN NON LO VUOLE AL TAVOLO DELLA PACE), RESTERA' DA SCIOGLIERE IL NODO DELL'UCRAINA NELLA NATO, INACCETTABILE PER MOSCA – NON SOLO 55 MILA MORTI E CRISI ECONOMICA: PUTIN VUOLE CHIUDERE PRESTO IL CONFLITTO, PER NON DIVENTARE UN VASSALLO DI XI JINPING...