AMERICAN STRATEGY O AMERICAN TRAGEDY? - OBAMA AMMETTE DI NON SAPERE COSA FARE DELLA SIRIA, MENTRE CAMERON ALZA L’ALLERTA SUL TERRORISMO: “UN ATTACCO CONTRO DI NOI È PROBABILE”

Barack non sa cosa fare, e anche gli Stati Uniti si dividono tra chi vuole un intervento contro Isis in Siria e chi è contento di questa politica disimpegnata - In un computer trovato in un rifugio Isis, tutte le informazioni per usare la peste come arma di distruzione di massa…

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1. LONDRA ALZA L’ALLERTA “LA JIHAD CI MINACCIA UN ATTACCO È PROBABILE”

Alessandra Baduel per “la Repubblica

 

Allerta grave con «elevata probabilità di attacco» e il premier Cameron che annuncia nuove misure per combattere i terroristi. Ieri la Gran Bretagna si è trovata davanti a un governo schierato in prima linea e deciso a far capire ai cittadini che la guerra in corso in Siria e Iraq riguarda purtroppo da molto vicino tutti loro. A confermare il pericolo, la notizia data da Foreign Policy : in un computer abbandonato in un rifugio da un jihadista dell’Is, ci sono tutte le istruzioni per usare la peste come arma di distruzione di massa, partendo da un animale infetto per arrivare fino a granate contenenti il virus da lanciare in luoghi pubblici chiusi nei Paesi degli «infedeli». Le nuove misure contro i jihadisti britannici saranno presentate lunedì in Parlamento.

DAVID CAMERON DAVID CAMERON

 

«Si tratta della più grande minaccia mai nota fino ad ora alla nostra sicurezza», ha spiegato il premier in una conferenza stampa a Downing Street, sottolineando che «quello in Siria e Iraq è un conflitto che non possiamo ignorare, il tentativo di creare un califfato estremista è un pericolo per il Regno Unito». E per difendere il territorio, ma anche evitare che ci sia un altro caso Foley, il giornalista americano decapitato da un jihadista con accento londinese, Cameron prevede nuove misure per fermare chi vuol

partire dalla Gran Bretagna per andare a combattere la jihad. Ieri l’ha seguito anche l’Olanda, annunciando provvedimenti analoghi.

 

orrore isis 6 orrore isis 6

Le nuove norme britanniche renderanno più facile levare il passaporto a ogni sospetto, proprio come la polizia inglese sta chiedendo da tempo. In più, Cameron si è impegnato a evitare che quei 500 britannici segnalati dall’intelligence nelle fila dell’Is non possano «tornare in Patria a commettere atrocità». Il ministro degli Interni Theresa May ha a sua volta dato spiegazioni: l’allarme diventato «grave» non è ancora il peggiore. Lo schema britannico prevede infatti anche l’allarme «critico». Questo significa, ha detto May, che al momento «è altamente probabile un attacco, ma non ci sono segnali dell’intelligence che parlino di imminenza».

orrore isis 3 orrore isis 3

 

Fra i file del computer delll’ex studente di chimica tunisino Muhammed S. trovato in Siria, ci sono 19 pagine scritte in arabo che descrivono bene qual è la possibile minaccia per «gli infedeli»: «Il vantaggio è che non costa e le vittime possono essere molte». Poi, i dettagli: «Usate piccole granate con il virus e lanciatele in metropolitane, stadi chiusi, cinema, teatri. Se possibile, vicino agli impianti di aria condizionata». Ieri, mentre emergeva questo nuovo manuale del terrore, i jihadisti mettevano in rete il video dell’esecuzione di un peshmerga curdo loro prigioniero. Titolo: «Messaggio di sangue». Rivolto ai curdi: «Non lasciate intervenire l’America».

 

 

2. OBAMA AMMETTE: NON HO UNA STRATEGIA

Viviana Mazza per il “Corriere della Sera

 

Obama ha parlato a lungo di Iraq, di Siria e di Ucraina l’altro ieri, in una conferenza stampa alla Casa Bianca, ma una sua singola frase infelice ha dominato il dibattito politico per le 24 ore successive: «Non abbiamo ancora una strategia». Questa frase ha scatenato i critici, soprattutto repubblicani (con commenti come: «La strategia di Obama? Non avere strategia in politica estera») mentre la Casa Bianca si è subito precipitata a contenere i danni, inviando ripetutamente il portavoce Josh Earnest in tv a spiegare che il presidente si riferiva solo ai piani militari per la Siria.

ohn Kerry con il presidente Barack Obama ohn Kerry con il presidente Barack Obama

 

Per l’Iraq, invece, la strategia c’è, ha insistito Earnest: include i raid aerei (arrivati a 106 in due settimane), l’appoggio al nuovo governo di Bagdad, la ricerca — compito del segretario di Stato John Kerry — di una coalizione con i Paesi sunniti.

 

In realtà, la frase di Obama rivela una verità politica che era già nota a tutti. Il comandante riluttante è restio a farsi invischiare nella sanguinosa guerra civile siriana che va avanti da oltre tre anni e che, tra varie linee rosse oltrepassate, ha prodotto ad oggi tre milioni di profughi — la più grande crisi umanitaria della nostra epoca.

FOLEY FOLEY

 

Dopo il video della decapitazione del reporter James Foley e l’immediata promessa di Obama di «sradicare il cancro dell’Isis» — il che richiederebbe di agire sia in Iraq che in Siria, come confermato dagli stessi vertici del Pentagono — la stampa si aspettava un’escalation delle operazioni e si domandava se il presidente avrebbe o meno chiesto l’autorizzazione al Congresso. È in questo clima che è arrivata la frenata di Obama: la priorità — ha detto l’altro ieri — resta l’Iraq.

 

Lambasciatrtice Onu Samantha Power Lambasciatrtice Onu Samantha Power

La cautela fa parte dell’approccio complessivo del presidente: anche rispetto alla crisi ucraina, pur assicurando che allo studio ci sono nuove sanzioni, ha evitato il termine «invasione» nel definire l’avanzata russa e ha usato parole meno dure di quelle della sua ambasciatrice all’Onu Samantha Power. In politica estera, i conservatori lo accusano di «non accettare il fatto che siamo in guerra», come ha scritto William Kristol sul Weekly Standard , e dunque di non poter «organizzare una guerra, articolare una strategia e impegnarsi per vincere».

 

C’è anche chi lo difende, dicendo che una strategia ce l’ha: è un approccio minimalista che limita l’intervento militare e punta sull’anti-terrorismo. «Non è di ampio respiro, non è idealistica. Ma è quello che vuole la gente», argomenta Peter Beinard sull’Atlantic . Inoltre, secondo il sito Daily Beast , sono divisi gli stessi consiglieri di Obama: una fazione — che include funzionari del dipartimento di Stato, dell’intelligence e delle forze armate — spinge a bombardare il nord della Siria fino ad Aleppo, con raid aerei contro le posizioni militari, i leader, ma anche gli oleodotti che assicurano finanziamenti all’Isis; un fronte opposto, più cauto, guidato da consiglieri della Casa Bianca e da un’altra parte di servizi e forze armate, chiede raid limitati solo al confine iracheno per tagliare le linee di rifornimento. Anche la possibilità di lavorare con i ribelli moderati in Siria è oggetto di divisioni.

siria i terroristi dell'isis crocefiggono i loro nemici 2 siria i terroristi dell'isis crocefiggono i loro nemici 2

 

Quanto all’opinione pubblica, un sondaggio di Usa Today e Pew Center osservava ieri che, nonostante la stanchezza per la guerra, un numero crescente di americani (il 54%) crede che Obama debba essere più duro in politica estera — in netto contrasto con l’anno scorso, quando il 51% disse che «faceva troppo».

 

Mentre Londra ha elevato ieri il livello di allerta anti-terrorismo, il discorso di Obama non aveva lo stesso livello di urgenza. La Casa Bianca ha assicurato che sta monitorando la situazione e avrebbe identificato una dozzina del centinaio di americani reclutati dall’Isis. Ma mentre le tv mostrano le immagini di un secondo americano di Minneapolis ucciso mentre combatteva in Siria, quel conflitto che sembrava così remoto è diventato improvvisamente troppo vicino. E una parte dell’America sembra volere un presidente duro più di quanto non voglia un presidente franco.

 

 

 

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