NO, NON CI POSSO CREDERE! L’ODIO TRA FINI E IL BANANA HA ORIGINE DA ELISABETTA! - E LO SVELA “L’ESPRESSO”, MICA QUALCHE SPALMAMELMA DI DESTRA O DAGOSPIA - SENTITE UN PO’ COSA SCRIVE IL SETTIMANALE ORA DIRETTO DA BRUNO MANFELLOTTO: “SILVIO BERLUSCONI HA UNA SUA TEORIA. L’HA SVELATA A POCHI FEDELISSIMI ALLA CENA DEI SENATORI DEL PDL QUALCHE SERA FA. È UNA PUNTATA INEDITA, COLLOCATA PRIMA DEL 2007: “LA TULLIANI CERCÒ DI ARRIVARE A PALAZZO GRAZIOLI, MA NON CI RIUSCÌ. UNA VOLTA S’ERA FATTA ASSEGNARE UN POSTO A TAVOLA VICINO AL MIO E FU FATTA SPOSTARE. DA ALLORA HA CERCATO DI METTERE FINI CONTRO DI ME” - (NEL TEMPO TRASCORSO TRA LA FINE CON GAUCCI E L’INIZIO CON FINI, CHISSà QUALI ALTRE STORIE D’AMORE HA VISSUTO LA MAGICA E.T. A CACCIA DI UOMINI DI SUCCESSO…)

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Tommaso Cerno per L\'espresso

Silvio Berlusconi ha una sua teoria. L\'ha svelata a pochi fedelissimi alla cena dei senatori del Pdl qualche sera fa. È una puntata inedita, collocata prima del 2007, della storia di Elisabetta Tulliani, la compagna dell\'ex amico e alleato Gianfranco Fini, ormai in guerra aperta con il Cavaliere: «La Tulliani cercò di arrivare a Palazzo Grazioli, ma non ci riuscì. Una volta s\'era fatta assegnare un posto a tavola vicino al mio e fu fatta spostare. Da allora ha cercato di mettere Fini contro di me».

SCONTROSCONTRO FINI BERLUSCONI FINIFINI BERLUSCONI

L\'aneddoto fa il giro della sala. Al tavolo ci sono il vicecapogruppo Gaetano Quagliariello e l\'ex colonnello di An Maurizio Gasparri. S\'avvicina pure qualche peones. Un paio annuiscono. A sentire il Cavaliere, l\'ex leader di An sarebbe ormai alle corde e quella che si combatte non è più solo una battaglia politica, ma una guerra psicologica: insomma è la nuova famiglia di Fini la vera causa dello scontro finale, e su questa bisogna dunque puntare per dargli il colpo di grazia. Strategia chiarissima.

Fini sta all\'Argentario. Bossi e il premier spingono per il voto. I finiani prospettano governi di transizione. Ma il loro leader è in difficoltà. Si difende, è furibondo. Ripete di non conoscere i meccanismi della compravendita di Montecarlo e di avere appreso «con disappunto» del ruolo di Giancarlo Tulliani.

Afferma di non sapere per quali abracadabra la casa della contessa Colleoni, lasciata in eredità al partito, sia finita in affitto al cognato acquisito. Lo stesso che gli rompeva le scatole per fare strada in Rai. Lo stesso che l\'ha fatto litigare con i suoi ex fedelissimi a viale Mazzini. Ma pur sempre il fratello della compagna Elisabetta. Chi gli ha parlato in privato, racconta che sulle vacanze del presidente della Camera è scesa parecchia tensione.

Quei passaggi gelidi sulla famiglia, consegnati alla nota di autodifesa, sono stati accompagnati da altrettanta freddezza domestica. Perché Fini si sente tra due fuochi. Da una parte il \"trattamento Boffo\", le manganellate dei berlusconiani che attaccano e chiedono la sua testa come fu per Claudio Scajola e Aldo Brancher. Si danno tempo fino all\'8 settembre, quando la Camera riaprirà e il voto dei 44 finiani fuoriusciti peserà come un macigno sul destino del Cavaliere e del suo governo.

Dall\'altra parte, invece, ci sono gli affari di casa. Pressioni, bugie, opere e omissioni che sembrano far rivivere una storia già vista. Quando la saga dei Tulliani non era ancora ambientata al vertice della politica, ma nel castello di Luciano Gaucci.

Tutto ebbe inizio con una partita di pallone. Era il 1998 e il ricco patron del Perugia all\'epoca fidanzato di Elisabetta, lui 59 anni e lei 25, si presentò con la squadra al gran completo allo stadio della Viterbese per disputare un\'amichevole. L\'invito era arrivato da Giulio Marini, presidente della Provincia, oggi sindaco della città dei Papi e deputato berlusconiano.

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Lucianone invitò tutti nel suo maniero, a tavola con i soliti Tulliani. Alzò il calice e disse: «Beh, come faccio a comprarmi la Viterbese? La devo regalare a Elisabetta e Giancarlo». La trattativa si svolse in gran segreto e il mediatore fu addirittura Marini, il futuro sindaco, lontano dall\'immaginare però quale mina stesse per innescare.

Quell\'acquisto che tanti miliardi di lire portò nelle casse della squadra (in un paio d\'anni la Viterbese sfiorerà pure la promozione in B) è anche il primo atto della scalata Tulliani: la famiglia italiana media, con babbo funzionario dell\'Enel e mamma casalinga, che decide di far leva sulla figlia per tentare il gran salto.

Nella Tuscia lo ricordano bene: «Quel che sta capitando a Fini sembra la replica di Gaucci. Quando i Tulliani sono arrivati al castello, stavano sempre insieme. Tutti. Luciano si era isolato dai soliti amici e cambiò pure le sue abitudini». A Giancarlo Tulliani, il soprannome di \"Elisabetto\" lo affibbiarono qualche tempo dopo i calciatori. Uno sfottò poco lungimirante.

Si chiesero per un paio d\'anni cosa mai ci trovasse quel bamboccione in Porsche nel frequentare il duro mondo del calcio. Dopo un po\' fu papà Sergio a fornire la risposta. Batté i pugni, sempre via Elisabetta, per ottenere un posto in Parlamento alle politiche del 2001: «Noi siamo i Tulliani, quelli della Viterbese». La replica di Forza Italia fu no, come tre anni più tardi capitò a Elisabetta, che sperava nel seggio a Strasburgo.

UMBERTOUMBERTO PIZZI BRUNO MANFELLOTTO BY FRANCO CALOTTI

È il 2004, l\'anno in cui comincia la fase due. La famiglia Tulliani non è più la stessa di prima. Ha messo da parte una bella dote di soldi, gioielli e proprietà. Quelli che Gaucci tra presunte vincite all\'Enalotto, donazioni, prestiti e regalie trasferì all\'ex fidanzata. Ma il 2004 è anche l\'anno in cui Elisabetta sbarca in televisione. Affianca Marco Mazzocchi alla \"Domenica Sportiva\", fa l\'inviata di \"Unomattina\", conduce con Barbara Chiappini un varietà su RaiDue e una rubrica per \"Mattina in famiglia\".

finifini berlusconi

E sempre nel 2004, mentre si fa strada a viale Mazzini, papà Sergio fonda la prima società di famiglia, l\'immobiliare Wind-Rose International. Sistema la sede nel cuore del regno radiotelevisivo, dove tutti conoscono tutti: viale Mazzini, civico 114, scala A. È lo stesso indirizzo dove sorgeranno pure le altre due società dei Tulliani. La Giant Entertaiment del fratellino Giancarlo, sigla che evoca l\'inglese \"gigante\", ma anche acronimo del suo nome.

E la Absolute Television Media, stavolta di mamma Francesca Frau. La palazzina non si può certo dire anonima: ci vivevano Marta Flavi e Maurizio Costanzo, è lì che passano parecchi capoccia della Rai e soprattutto è lì che ha sede lo studio di Luciano Fasoli, commercialista e uomo ombra di Costanzo negli anni in cui faceva il bello e il cattivo tempo sul piccolo schermo.

Quel palazzo e quel Fasoli sono centrali nella Tulliani story. Non solo lui assiste mamma e papà e diventa amministratore della At Media, ma è loro socio con il 40 per cento. Con lui lavora anche Matteo Fiorillo e, per un po\', un altro produttore vicino ad An, il giornalista milanese Roberto Quintini. C\'è un\'altra coincidenza: il notaio di famiglia è la stessa Fabiana Togandi che, anche stavolta per l\'ex pigmaglione della tv berlusconiana Costanzo, curò la cessione delle quote di Fascino a Maria De Filippi.

Nessun disegno occulto nelle alte sfere radiotelevisive, rassicurano a viale Mazzini: «Ma certamente i signori Tulliani non hanno imbarcato degli sprovveduti». E poco stupisce se, in un giro del genere, a un certo punto qualcuno vede spuntare pure \"il Viperetta\", quel Massimo Ferrero, rampante ruspante dello show business, che pochi giorni fa s\'è visto trascinare nella polemica politica e bocciare la fiction già girata \"Mia Madre\" con Ricky Tognazzi. E ha subito sporto denuncia giurando di non conoscere «quella gente».

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Gente che, dal 2007, ha di nuovo un\'arma carica. Si chiama Gianfranco Fini, è diventato il compagno di Elisabetta, ed è un politico importante e dunque tra i più influenti nel mondo Rai. Va in scena così la nuova stagione della saga dei \"Tullianos\", come velenosamente li chiamano a viale Mazzini. Con vecchi attori e nuovi ruoli. Quello che per la Viterbese era il cognato di Lucianone, nel rinnovato copione è il cognato di Gianfranco. Ma è sempre uno che vuole strafare.

«Un arrogante», lo descrivono nei corridoi della Rai. Ma un Tulliani in carne e ossa. In pochi mesi con la sua At Media finisce nella bufera assieme a mamma Francesca e alla moglie di Italo Bocchino, Gabriella Buontempo, amica di Elisabetta. Già lo scorso aprile i giornali berlusconiani sollevarono il polverone, quando ancora il Cavaliere difendeva l\'ex leader di An. Trapelano cifre, le stesse di oggi; escono nomi, i medesimi; piovono accuse su Fini per avere favorito produzioni televisive a vantaggio di amici e parenti.

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Trasmissioni costate care e rivelatesi dei flop. A partire da \"Italian Fan Club Music Award\'s\", in onda su RaiDue in seconda serata (270 mila spettatori di sabato sera e un magro 6,8 per cento di share). A ruota le 183 puntate di un ricco appalto con l\'ammiraglia RaiUno: \"Festa italiana\", bvalso ai Tulliani ben 1 milione 485 mila euro per un 12 per cento di share. Tutte porte che, scommettono in Rai, senza sfruttare il nome del presidente della Camera non si sarebbero aperte.

Sono questi i Tullianos. Giancarlo che domanda favori e bussa a tutte le porte spendendo il nome del \"cognato\". Solo che il fratellino di Ely stavolta ha progetti ambiziosi, troppo, ed esagera. Addirittura Guido Paglia, potente direttore delle relazioni esterne e vicinissimo ad An, è costretto a dire «no» al capo. Rompendo un\'amicizia trentennale con un Fini che giudica ostaggio dei capricci di famiglia. È l\'ottobre del 2008 e in Rai si dice che Tulliani junior abbia cambiato disco: «Dall\'inizio dell\'estate, si dava aria da imprenditore internazionale», ricorda chi lo incrociò.

Sarà una coincidenza, ma è proprio tra il luglio e l\'ottobre di quell\'anno che va a segno pure l\'operazione di Montecarlo, che due società offshore acquistano il famoso appartamento al civico 14 di boulevard Princesse Charlotte, lasciato in eredità ormai più di un decennio prima dalla contessa Anna Maria Colleoni ad An. Sono due società che spuntano dall\'agenda di Giancarlo Tulliani, come lo stesso Fini conferma.

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Il ragazzo ha buone entrature nel mondo immobiliare del Principato e tra questi suoi amici c\'è un potenziale acquirente per la dimora che il partito sta lasciando andare in rovina. «Un fabbricato fatiscente», secondo le versioni, contrastanti, fornite dai pochi ex dirigenti di An che ammettono di avere visitato la casa, stimata nel 1997 circa 450 milioni di lire. Quel piano rialzato che per oltre dieci anni nessuno ha pensato di vendere, mentre adesso da qualche parte nell\'oceano sono pronti a pagare 300 mila euro in contanti.

Una cifra bassa per aggiudicarsi quei 70 metri quadrati con terrazzo nel Principato? Pare di sì, almeno stando alle stime e ai resoconti dei vicini, che avrebbero offerto già un anno prima un milione. Ma il colpaccio scatta dopo l\'indicazione di Tulliani jr. Tanto dice, tanto fa che il tesoriere di An, il senatore Francesco Pontone, riceve l\'ordine. E l\'11 luglio 2008 arriva a Montecarlo e firma davanti al notaio Paul-Luis Aureglia il rogito per 300 mila euro (cioè il 33 per cento in più di quei 450 milioni di lire, ma molto meno delle presunte offerte ricevute da An).

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La dimora è finita alla Printemps Itd, una società offshore con sede a Saint Lucia nelle Piccole Antille, un paradiso fiscale che fa capo al Commonwealth britannico. Tre mesi più tardi, un secondo passaggio: la Printemps cede l\'appartamento a una offshore gemella, la Timara Ltd, con il medesimo indirizzo a Saint Lucia. Stanno entrambe al 10 di Manoel Street, città di Castries, dove opera pure la Gordon & Gordon, fondata nel 1974 da sir Garnet Gordon a cui il governo dell\'isola affidò la stesura della prima legislazione offshore. Un colosso nel mare caraibico, specializzato in transazioni sull\'estero.

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E capace di scacciare il fantasma della contessa Colleoni da quelle stanze. Per ritrovarci, poco dopo, Tulliani jr in carne e ossa. È cambiato dai tempi del pallone. Per esempio è sceso dalla Porsche Carrera e sfreccia su una Ferrari 458 nera, con targa monegasca, che di listino costa poco meno dell\'appartamento.

Fini dice di essere caduto dalle nuvole quando l\'ha saputo. E pure a Montecarlo circola un dubbio: ma perché? Già, perché scomodare un trust del genere? Agli esperti il sistema appare sproporzionato se lo scopo è l\'acquisto di pochi vani pur a prezzo di favore. Anche i pubblici ministeri di Roma vogliono capirci di più. E hanno inoltrato la rogatoria internazionale per acquisire le carte dell\'operazione transcontinentale.

LELE SCARPETTE DELLA TULLIANI

In fondo a quelle scatole societarie ci sono nomi e cifre. Che spaventano non solo la politica italiana, che per giorni ha scommesso sul Mister X. Ma pure i finanzieri monegaschi e caraibici. Perché una truffetta da poche migliaia di euro rischia di squarciare la segretezza del Principato e dell\'isola dei conti riservatissimi. Mettendo paura a chi con quegli affari ci campa davvero. Tanto che sono in molti a pensare che le risposte non ci saranno mai o comunque non riusciranno a svelare il finale della Tulliani Dynasty.

 

 

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