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DAGOREPORT
Le consultazioni per il nuovo governo in realtà ci sono già state. Sono quelle tra gli uscieri dei Palazzi romani e cioè Quirinale, Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi. Gente che la sa lunga, conosce tutti i precedenti (anche quello di Scalfaro nel ‘94) e sa cosa faranno i rispettivi inquilini. Insomma, professionisti veri che hanno per le mani gli scenari più verosimili: eccoli, ovviamente in esclusiva.
SCENARIO UNO - Elezioni a cavallo di marzo e aprile. Come è noto, quella gente semplice della Lega lo ha sempre detto, e anche Papi Silvio alla fine se ne convince e a giorni alterni ci lavora. Ma sono importanti, anzi fondamentali, i retropensieri: Bossi e i suoi sono certi di rafforzarsi e, soprattutto, se al Senato il risultato è meno favorevole al Pdl o a come si chiamerà sono pronti a sostituire in corsa il Berlusca con Giulietto Tremonti.
tremontiE a quel punto, addio Papi che non può più far ricorso al giudizio di Dio del popolo sovrano. Silviuccio invece non ha alternative: o vince alla grande, oppure sa cosa rischia. Di qui i giorni alterni a favore o contro le elezioni.
SCENARIO DUE - Se ci sono incidenti di percorso per il titolare attuale di palazzo Chigi (procure vaganti, maggiorenni incazzate o minorenni solo \'anal-grafiche\', maggioranze difficili da tenere incollate con lo scotch tutti i santi giorni, congresso dei magistrati in arrivo e chi più ne ha più ne metta), allora il Presidente dal Colle più alto ha il dovere di pensare (fosse solo per non farsi trovare impreparato) a qualche alternativa alle elezioni.
crb02 giorgio napolitanoE allora non può che pensare all\'Irlanda, alla Grecia, al Portogallo, alla Spagna e via di seguito. I nomi sono obbligati: Drago Draghi, che è stato nei giorni scorsi a spiegare lassù cosa sta succedendo alle valute ma anche a dire, secondo gli uscieri più esperti, che certamente non potrebbe accettare un impegno governativo inferiore a 25-30 mesi.
DRAGHIE Tremendino Tremonti, non a caso duellante per vocazione e per hobby con l\'uomo di Bankitalia, al quale il Presidente napoletano ha rivolto dolci parole di elogio nel corso dei suoi recenti incontri (11 novembre) con i sindaci veneti e il presidente della Regione, il leghista Zaia, durante la visita successiva all\'alluvione. Un incontro e un elogio, un incontro e un buffetto affettuoso.
Nel frattempo, le comparse si agitano, i peones si preoccupano, i ministri si spendono le ultime cartucce dei propri fondi e gli uscieri guardano tutti con impeccabile aplomb per far finta di non sapere come andrà a finire.
2- IL COLLE: NO A SPECULAZIONI SUI POTERI DEL CAPO DELLO STATO - NOTA PER SMENTIRE «DOPPIE LETTURE» SULLE INIZIATIVE DEL QUIRINALE
Marzio Breda per il \"Corriere della Sera\"
L\'ultima goccia è traboccata ieri mattina da due pagine affiancate di Libero (ma non solo da quelle). «Napolitano grillo parlante a spese nostre», titolava un editoriale del direttore Maurizio Belpietro, nel quale si accusava il capo dello Stato di aver «abbandonato la cifra sobria e contenuta della prima ora» e di intervenire ormai «su tutto», segnalando addirittura «la necessità di rivedere il ruolo» della presidenza della Repubblica.
Draghi e TremontiAveva poi alzato il tiro Franco Bechis, evocando un presunto «vizietto di Giorgio, cioè giocare al premier con i voti altrui» e recriminando su una «sindrome Pertini» secondo la quale l\'inquilino del Colle cercherebbe «l\'applauso facile» con una continua «presa di distanze da Berlusconi anche su cose che non gli competono». Giudizi speculari a quelli contemporaneamente sintetizzati da Salvatore Tramontano sul Giornale, nel quale si diceva che è «facile fare l\'indignato con il portafogli del governo» e si collocava il presidente fra i «profeti della spesa coi soldi altrui».
Insomma: ai giornali che fiancheggiano il Cavaliere, Napolitano piace solo se tace, anche se a guardar bene non sempre, perché a volte il suo silenzio è stato qualificato come «bisbetico».
n cc12 franco bechisEra troppo, per il Quirinale. Dove questi ultimi attacchi sono stati sommati al continuo (e politicamente trasversale) florilegio mediatico di illazioni e interpretazioni sugli interventi del capo dello Stato. Con retroscena costruiti ad arte sulle sue parole per azzardare futuribili scenari post crisi, per esempio con sue supposte scelte sull\'alternativa tra governi tecnici e politici, con preferenze già maturate su nuovi candidati per Palazzo Chigi, addirittura con manovre preventive per evitare elezioni. Uno stillicidio di «doppie e triple letture» assolutamente incauto e per lui insopportabile. Tanto da fargli decidere di reagire. In modo formale, dunque per iscritto.
Recita la nota del Colle: «Alcuni giornali quotidianamente attribuiscono al presidente della Repubblica affermazioni e intenti di carattere politico che non hanno alcun fondamento in posizioni da lui effettivamente assunte». Il riferimento è a certe ricadute del suo discorso di martedì davanti ai vincitori del premio De Sica.
BelpietroDiscorso che, si puntualizza, «non conteneva alcun riferimento alla legge di Stabilità in discussione in Parlamento, se non una valutazione positiva degli annunci del ministro dei Beni culturali in materia di ripristino di risorse Fus per il 2011 e di rinnovo delle misure di incentivazione fiscale al cinema». Bene, per il Quirinale quel testo è stato presentato in chiave strumentale e distorta, anche se era «chiaramente rivolto al futuro, sollecitando una \"riflessione di fondo e di prospettiva\" che parta dalla sfida \"cui non possiamo sfuggire\" della riduzione del debito pubblico e di \"revisioni rigorose della spesa pubblica\"».
È in questo quadro, «italiano ed europeo», che Napolitano ha invitato a «una seria riflessione sullo spazio da dare alla risorsa cultura, nella convinzione che non la si possa mortificare nella ricerca di \"nuove vie\" per lo sviluppo del Paese». Un ragionamento che, conclude secco il comunicato, «non giustificava alcuna speculazione relativa all\'attualità politica e tantomeno all\'esercizio dei poteri propri del capo dello Stato».
Poteri che, nonostante il pressing da pre campagna elettorale abbia contagiato pure i giornali, il presidente userà pienamente se e quando sarà chiamato a esercitarli. Cioè in caso di crisi formalizzata in Parlamento.