1- E SUL \"CASO\" DEL FIGLIO DI DON VITO SI SCONTRANO ILDA BOCCASSINI E MARCO TRAVAGLIO - 2- L’ENTRATA A MARTELLO DEL PROCURATORE AGGIUNTO A MILANO, NONCHé CAPO DEL POOL ANTIMAFIA, IN UN INCONTRO ALLA STATALE DI MILANO È UNA SCONFESSIONE PIENA DELLA PROCURA DI PALERMO, E DEL PM ANTONIO INGROIA. \"IO NON AVREI MAI DATO CREDITO A CHI COLLABORA A DISTANZA DI DICIASSETTE ANNI COME CIANCIMINO JUNIOR\" - 3- TRAVAGLIO PRONTO INTERVENTO: \"LA FRASE DELLA BOCCASSINI SEMBRA DENOTARE PER LO MENO UNA SCARSA CONOSCENZA DEI FATTI. CIANCIMINO NON “COLLABORA” CON LA GIUSTIZIA, INFATTI NON È MAI STATO ASSOCIATO A UN PROGRAMMA DI PROTEZIONE NÉ L’HA MAI CHIESTO. NON SI È MAI “PENTITO” DI NULLA, NON HA MAI CONFESSATO REATI\" -

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Luca Fazzo per \"il Giornale\"

BOCCASSINIBOCCASSINI

Ilda Boccassini fa il procuratore aggiunto a Milano, capo del pool Antimafia. Ma conosce bene anche le cose siciliane, avendo vissuto e indagato anche a Caltanissetta e a Palermo. Così la sua entrata sulla scena del «caso Ciancimino» è di quelle destinate a pesare. Anche perché, come è nello stile del personaggio, parla senza mezzi termini: «Io non avrei mai dato credito a chi collabora a distanza di diciassette anni come Ciancimino junior».

È una sconfessione piena della Procura di Palermo, che sulle dichiarazioni del figlio dell\'ex sindaco ha investito parecchio. Ora Ciancimino è indagato per calunnia, gli hanno trovato un carico di esplosivi in casa e una quantità di quattrini in Romania. Sulle modalità con cui è stato gestito si scontrano i pm di Palermo e quelli nisseni. E ora è la Boccassini a dire la sua: la «collaborazione» dell\'erede di don Vito è stata uno sbaglio sin dall\'inizio.

MarcoMarco Travaglio

Non è la prima volta che Ilda Boccassini esprime apertamente il suo dissenso sull\'utilizzo di alcuni pentiti in Sicilia: fu lei la prima non credere a Vincenzo Scarantino, il pentito alla base dei processi sulla strage di via d\'Amelio platealmente smentito poi dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza. Ora la dottoressa torna a dire la sua opinione. Lo fa nel corso di un incontro all\'Università Statale organizzato da «Libera». A trascrivere le sue dichiarazioni è ieri un articolo sul sito web del settimanale Vanity Fair.

L\'incontro spazia a tutto campo. E anche le opinioni della Boccassini sul sistema giudiziario italiano sono tutt\'altro che banali: «La legislazione antimafia italiana è una delle migliori d\'Europa - premette - ma a mio avviso non dovrebbe esistere il secondo grado dei processi». Abolire il processo d\'appello? L\'idea non è inedita: la lanciò nel 1995 Gerardo D\'Ambrosio, allora capo del pool Mani Pulite e oggi senatore del Pd.

CianciminoCiancimino

Ma la proposta non ebbe grande seguito. Ora la Boccassini rilancia. L\'idea di fondo, si intuisce, è che se il giudizio si forma in un pubblico dibattimento, nel contraddittorio delle parti, le garanzie ad accusa e difesa siano già sufficientemente fornite da un solo giudizio sui fatti, ferma restando la possibilità di un ricorso in Cassazione.

IngroiaIngroia

Ultimo pensiero per i rapporti tra magistratura e istituzioni: «Io credo nello Stato italiano, credo nel lavoro e sono orgogliosa di essere un cittadino italiano. Vorrei un mondo migliore in cui i magistrati possano lavorare con più calma, serenità e rigore, lontani dai riflettori e in armonia con il contesto sociale».

2- \"IO NON AVREI MAI DATO CREDITO A CHI COLLABORA...
Marco Travaglio per \"il Fatto quotidiano\"

\"Io non avrei mai dato credito a chi collabora a distanza di 17 anni come Ciancimino jr\": è la frase che, secondo il sito di Vanity Fair, avrebbe pronunciato ieri Ilda Boccassini, procuratore aggiunto a Milano, in un incontro senza telecamere con 400 studenti della Statale. Frase piuttosto bizzarra. E non perché Ciancimino vada preso per per oro colato. Ma perché la frase sembra denotare per lo meno una scarsa conoscenza dei fatti. Ciancimino non \"collabora\" con la giustizia, infatti non è mai stato associato a un programma di protezione né l\'ha mai chiesto.

TravaglioTravaglio e PM Ingroia sotto l\'ombrellone - Da Panorama

Non si è mai \"pentito\" di nulla, non ha mai confessato reati, anzi ha sempre negato quelli che i giudici gli hanno affibbiato condannandolo in primo e secondo grado per aver riciclato il tesoro del padre. Ha, questo sì, raccontato il proprio ruolo di postino nella trattativa fra il Ros e don Vito, e l\'ha confermato anche quando i pm l\'hanno avvertito che, con quel racconto, sarebbe stato incriminato per concorso esterno in associazione mafiosa visto che la trattativa rafforzò Cosa Nostra. Insomma è il classico testimone imputato per reati connessi e, come tale, non ha l\'obbligo di dire la verità.

GiovanniGiovanni Falcone

Ma, siccome certe cose le ha certamente viste e sentite (era accanto al padre durante la trattativa e poi fino alla morte nel 2002), quel che racconta è interessante, anche se va verificato punto per punto. Con questo spirito i pm di Palermo han cominciato a sentirlo sul suo ruolo nella trattativa quando lui la raccontò per la prima volta nel 2007 a Panorama (direttore Belpietro, che oggi si scusa ogni giorno di aver fatto una volta in vita sua il suo mestiere); e poi sui rapporti del padre con B. quando si scoprirono sue telefonate e appunti di don Vito su B. Dice la Boccassini: ha parlato a 17 anni di distanza, quindi non è credibile. A dire il vero, ha parlato quando gliel\'hanno chiesto.

DonDon Vito e Massimo Ciancimino

Chi può dire se non avrebbe parlato prima, ove mai l\'avessero interrogato prima? E poi, in Italia, l\'azione penale è obbligatoria. Se un testimone, un dichiarante, un pentito, un passante rivela un fatto illecito risalente ad anni prima, il magistrato verifica se il reato è prescritto, ma nel caso non lo fosse, è obbligato a indagare. Proprio come nel caso della trattativa, che vede i protagonisti indagati per mafia e attentato a corpo politico dello Stato: la prescrizione è di là da venire, dunque si indaga anche a distanza di 17 anni.

PietroPietro Grasso procuratore antimafia

È quel che fanno varie Procure, non solo Palermo, ma anche Caltanissetta, Roma e Firenze coordinate dal procuratore nazionale Grasso, che hanno interrogato Ciancimino ciascuna per le proprie competenze (stragi del \'92 e \'93, trattative, omicidio Calvi, delitti \"minori\"). A volte han trovato riscontri alle sue parole e le hanno utilizzate processualmente. A volte non li hanno trovati, trattandosi di racconti de relato o troppo indietro negli anni, e hanno lasciato perdere pur senza dare del bugiardo al dichiarante (non è detto che una parola non riscontrata sia falsa).

GianniGianni De Gennaro

Poi i pm nisseni e palermitani hanno ritenuto false e calunniose le accuse di Ciancimino a De Gennaro: i primi l\'hanno indagato, i secondi l\'han fatto arrestare. Del resto non s\'è mai visto un magistrato che, quando un testimone gli racconta qualcosa di inedito su un delitto, lo caccia a pedate perché è passato troppo tempo. Quando Stefania Ariosto nell\'estate \'95, prima alla Finanza e poi alla Procura, raccontò la corruzione al Palazzo di Giustizia di Roma cui aveva assistito negli anni ‘80, la Boccassini si guardò bene dal mandarla via.

STEFANIASTEFANIA ARIOSTO

Anche se raccontava vicende accadute dieci anni prima o più. Verificò se fossero ancora riscontrabili e, grazie a intercettazioni e rogatorie, qualcuna la riscontrò (i casi Imi-Sir e Mondadori). E meno male che all\'epoca non s\'era ancora fatta la strana idea che chi collabora a distanza di anni è di per sé inattendibile. Altrimenti la Ariosto sarebbe finita in carcere per calunnia e Previti sarebbe ancora ministro

 

 

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