L’OFFENSIVA DI MARONI CONTRO L’ISLAMIZZAZIONE D’ITALIA - Manifestazioni E PREGHIERE vietate presso chiese, ma anche caserme, ambasciate, centri commerciali – “I cristiani hanno chiese, gli ebrei la sinagoga, Noi siamo come i cani”… -

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Francesco Grignetti per \"La Stampa\"

«Ho preparato una direttiva che verrà inviata a tutti i prefetti affinché fatti come quelli avvenuti davanti al Duomo di Milano non abbiano a ripetersi», annuncia Bobo Maroni. Il ministro vuole nuove regole sulle manifestazioni. C\'è l\'episodio milanese degli islamici che ancora scotta. Ma non solo.

PreghieraPreghiera Musulmana Bologna

In vista di un anno caldo, prevedendo molta mobilitazione di piazza, non soltanto il ministero dell\'Interno ha inaugurato una nuova scuola di polizia a Nettuno che prepara esclusivamente i reparti di «celerini», ma si prepara anche a un nuovo quadro giuridico.

Nel concedere vie e piazze, i prefetti dovranno tenere conto che alcune aree, «di particolare importanza dal punto di vista sociale, simbolico, religioso», vanno salvaguardate. E l\'altra novità riguarda chi organizza: sarà tenuto a versare una fidejussione che copra eventuali danni causati dai manifestanti. Quanto e a chi, non è ancora chiaro.

«L\'obiettivo - spiega Maroni in Parlamento - è di meglio regolare le manifestazioni, garantendo il diritto di manifestare e allo stesso tempo il diritto dei cittadini a fruire pacificamente degli spazi della propria città». Così saranno off-limits piazze di rispetto alle grandi chiese, ma anche ambasciate, caserme, centri commerciali.

Quanto agli ultimi incidenti che si sono verificati con alcuni esponenti dei centri sociali (il ministro li definisce: «Gruppi isolati vicini alle frange anarchico-insurrezionalisti che tentano di recuperare visibilità»), sottolinea che la «responsabilità d\'intervenire spetta all\'autorità giudiziaria».

La manifestazione degli islamici terminata con una preghiera davanti al Duomo di Milano è stato però il «caso» che ha sollevato lo scandalo. Non si dovrebbe verificare mai più, perché gli stessi esponenti della comunità islamica si sono resi conto dell\'autogol. Secondo il presidente dell\'istituto islamico di viale Jenner, Abdel Hamid Shaari, ad esempio, la direttiva del ministro è «giusta».

Dice: «Il ministro ha il diritto di chiedere il rispetto dei luoghi di culto e noi lo abbiamo preceduto. E\' una decisione che, da parte nostra, abbiamo già preso e abbiamo già detto alla Curia che non succederà più». E infatti, Shaari e il presidente della Casa della Cultura islamica di Viale Padova, Asfa Mahmoud, erano già andati in arcivescovado per scusarsi nei giorni scorsi.

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Il ministro aveva illustrato la sua opinione sulle manifestazioni politico-religiose al Senato qualche giorno fa. E l\'aveva inserita in un contesto più generale. «Per affrontare efficacemente i cambiamenti», aveva premesso. «Senza entrare nel merito della sua giustezza o meno, sul quale ci sono state polemiche politiche, le ultime manifestazioni, anche quelle di questi giorni in favore della Palestina, hanno visto 13 cortei e 15 presidi.

Complessivamente, la partecipazione di oltre 23.000 persone in tutte le piazze d\'Italia. Questo ha posto e pone questioni nuove rispetto a quelle cui eravamo abituati: ad esempio, nella definizione del percorso di un corteo, evitare che si andasse sotto le sedi dei partiti, le sedi delle unioni industriali e quant\'altro».

Con l\'arrivo di una società multietnica e multireligiosa, però, la questione è più complicata di una volta. «Adesso - sono ancora parole di Maroni - si pongono altri problemi. La questione che è stata legittimamente sollevata riguarda l\'opportunità che i cortei, ad esempio, passino davanti ad edifici di culto, proprio per aggiornare la risposta in materia di ordine pubblico... Ricordo, tra le altre, la manifestazione di Milano che ha visto il corteo fermarsi in piazza del Duomo ed ha costretto le forze dell\'ordine a chiudere temporaneamente l\'accesso al Duomo per evitare o prevenire problemi».

Ovviamente toccherà ai prefetti valutare e dare le giuste risposte. Molto conterà il tipo di manifestazione che ci si attende, per quantità e qualità dell\'appuntamento. E si dovrà tener conto dei sindaci. A Roma, Gianni Alemanno ha già spiegato che vuole salvaguardare il centro storico. A Milano, il vicesindaco Riccardo De Corato si preoccupa delle provocazioni: «Per far sì che non si crei un effetto boomerang è importante una ferrea applicazione della direttiva».

Dietro il bancone della macelleria al piano terra del centro islamico, Sayed affila i coltelli sopra un bel pezzo di manzo: «Abbiamo chiesto scusa. Siamo stati costretti a fermarci in piazza Duomo perché erano le 5, l\'ora del Maghreb, la preghiera più importante che c\'è. Non potevamo aspettare. Certi politici vogliono fare polemiche a tutti i costi».

Benvenuti in viale Jenner 54, la moschea che non c\'è, il cortile simbolo che i musulmani milanesi dividono con un garage. Karim che viene dalla Tunisia, il cappellino di lana piantato sugli occhi per questo freddo che gela i sentimenti, si allarga in un sorriso che vuole essere di pace malgrado tutto: «Siamo qui dall\'89. Cerchiamo un posto dove pregare.

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Tutti possono pregare in Italia, c\'è scritto anche nella vostra Costituzione. Gli ebrei di Milano hanno una bella sinagoga. I cristiani hanno belle chiese. Anche in Tunisia ci sono belle chiese. Solo noi siamo come i cani che non possono pregare da nessuna parte».

Le parole del ministro Maroni scivolano sulle piastrelle di questo negozio in fondo alle scale del centro islamico. Alla fine non fanno né caldo né freddo. I musulmani milanesi sono abituati a ben altro. Anche a un ministro, un altro ministro leghista che andava con i maiali a profanare l\'area destinata ad una moschea, per l\'Islam il luogo più sacro che c\'è.

Alì che ha appena finito di pregare verso la Mecca dove sono puntate le parabole satellitari di questo palazzone della prima periferia, chiede le cose che chiedono tutti: «In Gran Bretagna possiamo pregare liberamente. In Francia pure. Solo in Italia ogni volta che chiediamo di poterci riunire, c\'è un politico che dice no. Avevamo trovato una fabbrica a cento metri da qui, il Comune ha detto che non potevamo. Dove dobbiamo andare?».

Di sicuro non in piazza Duomo, in faccia alla chiesa più importante di Milano dove c\'è di tutto - bancarelle, ambulanti, suonatori improvvisati, capannelli di persone, lo struscio per lo shopping o l\'aperitivo - meno i musulmani in preghiera. Quando ci sono andati il 3 gennaio in quella manifestazione a sostegno dei palestinesi di Gaza, è successo di tutto.

E di tutto si sono scusati i musulmani milanesi. Prima, delle bandiere israeliane bruciate: «Un brutto gesto. Ma a Gaza ammazzano i bambini. Forse bisognerebbe stabilire cosa sia più grave». Poi della preghiera delle 5 nella piazza. Abdel Hamid Shaari, il presidente dell\'istituto islamico di viale Jenner, dice che l\'intervento del ministro Maroni è giusto: «Ha il diritto di chiedere il rispetto dei luoghi di culto.

Noi però lo avevamo già preceduto. Da parte nostra avevamo già deciso che non avremmo mai più pregato davanti a una chiesa. E\' un impegno che abbiamo preso con la Curia con cui ci siamo già scusati e a cui abbiamo confermato che non sarebbe successo mai più».

Incidente chiuso. Polemiche aperte. Perché se è vero che i musulmani non andranno più in Duomo, si tratta di capire dove andranno a pregare i fedeli che al venerdì si trovano in tremila al Palasharp, gli altri giorni in questo stanzone sopra un garage.

Ahmed che a Milano vive da una vita, da una vita aspetta di potersi inginocchiare in preghiera in santa pace: «Di promesse ce ne hanno fatte molte. Noi confidiamo in Allah. E\' scritto anche nel Corano, nella sura 109 chiamata Al-Kafirun o dei Miscredenti: \"Io non adoro quello che voi adorate, e voi non siete adoratori di quello che io adoro. A voi sia il vostro modo, a noi il nostro\"».

 

 

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