Francesca Paci per La Stampa
C\'è il ministro per la Casa, la blairista di ferro Margaret Beckett, che ha scelto come assistente speciale il marito ottantenne Leo. Il capo del Democratic Unionist Party Peter Robinson e la moglie Iris, eletta nella stessa lista, sono riusciti a sistemare, tra uno staff e l\'altro, il figlio, la figlia, il genero e la nuora. Il Tory Laurence Robertson, ministro ombra per l\'Irlanda del Nord ma soprattutto gran maestro d\'equilibrismo, si è portatato in ufficio le due ex consorti senza far torto all\'attuale compagna, segretaria particolare.
Gordon BrownC\'era una volta il clientelismo all\'italiana che tanto scandalizzava i moralisti d\'oltremanica. Ma un\'inchiesta del quotidiano Financial Times rivela ora la zona d\'ombra di Westminster, dove un terzo dei parlamentari impiega almeno un parente (13 ne hanno addirittura due). Un network familistico che, secondo l\'autorevole quotidiano della City, costa ai contribuenti 5,8 milioni di sterline l\'anno (6,5 milioni di euro).
Niente di male, per carità. La legge britannica, severissima in materia di lavoro nero, chiude un occhio su quello grigio. Lo scorso anno, quando il conservatore Derek Conway finì nell\'occhio del ciclone per aver commissionato al figlio, studente alla Newcastle University, una ricerca pagata con fondi pubblici, i politici avversari espressero biasimo, il leader del partito David Cameron chiese ed ottenne l\'espulsione dal gruppo, ma il parlamento fece quadrato.
Dopo tante discussioni, un comitato di saggi capitanato dal liberaldemocratico Nick Harvey si pronunciò contro il divieto d\'impiegare un parente. «Si tratta spesso di persone altamente qualificate che si danno un gran da fare per stipendi al di sotto della media» spiegò Harvey. Perché mai escluderli? Finì così che non se ne fece niente.
Solo tre dei 200 parlamentari contattati dal Financial Times hanno affermato d\'aver diffuso un annuncio per il posto vacante che si apprestavano ad assegnare a consorti e affini. Quattordici hanno ammesso la mancanza, trincerandosi dietro i mille impegni quotidiani. La maggior parte non ha risposto. Eppure, 203 di loro stipendiano 219 congiunti (96 dei quali part time) con l\'indennità a disposizione del proprio ufficio. Si va dal «segretario esecutivo» - che guadagna fino a 40 mila sterline (44 mila euro), oltre la metà dello stipendio di un membro di Westminster - all\'assistente con un salario minimo da 13.566 sterline (15 mila euro).
Collaboratori preziosi, a detta dei loro datori di lavoro che si giustificano con gli orari massacranti e il pendolarismo tra Londra e le rispettive circoscrizioni elettorali. I parenti sarebbero adirritura «fondamentali per il Regno Unito» disposti come sono a lavorare per il partner anche la sera e nel weekend.
«Questi dati apriranno un dibattito» auspicano Alex Barker e Jim Pickard, autori dell\'inchiesta del Financial Times. La grande famiglia allargata di Westminster, che comprende il ministro dell\'Interno Jaqui Smith, quello dell\'Ambiente Hilary Benn, sette su nove degli eletti tra le fila del Democratic Unionist Party nonchè il fondatore Ian Paisley, sarebbe impensabile al Congresso americano, dove mezzo secolo fa il presidente Lyndon Johnson firmò una legge antinepotismo tagliando la strada alla tentazione una volta per sempre. Ma anche la Germania, l\'Austria e diversi Paesi del Nord Europa hanno da tempo adottato restrizioni.
«E\' ora di cambiare, specialmente in un momento in cui quella di parlamentare è l\'unica carriera a prova di recessione» osserva Martin Bell, ex corrispondente di guerra e politico indipendente. Certo, il reddito delle famiglie dei parlamentari, lievitato fino a 4,6 milioni di sterline (5,1 milioni di euro), ne risentirà. Ma, chiosa Bell, lo Gran Bretagna non è cosa loro.